Gay Erotic Stories

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Il Centro - parte 6

by Mr.lyle


Il lavoro si rivelò molto più impegnativo di quanto avessi immaginato. A qualunque ora del giorno o della notte, senza preavviso, Diego poteva chiamarmi. Per qualunque esigenza. E nonostante il particolare test che avevo dovuto superare per ottenere il posto, le richieste sessuali non erano di certo le più strane. Fondamentalmente, ero l’ombra di Diego: svolgevo tutte quelle pratiche quotidiane che permettevano a lui di concentrarsi sul suo lavoro e sul suo (scarso) tempo libero senza noiose incombenze. Facevo acquisti per lui, fissavo appuntamenti, gestivo la sua agenda. Poi all’occorrenza cenavo con lui, gli facevo compagnia, lo consigliavo su cosa indossare. Un giorno mi chiese di entrare nel suo letto e di restare lì, mentre mi abbracciava, finché non si fosse addormentato. L’unica accortezza che dovevo avere, per evitare di irritarlo, era assicurarmi che le macine non finissero nella sua dispensa. Era la cosa che più di ogni altra lo mandava in bestia: ogni mattina doveva fare colazione con una tazza di latte tiepido, una tazzina di caffè non zuccherato e cinque macine. Non quattro, non sei: esattamente cinque ogni mattina. Per evitare spiacevoli incidenti avevo imparato a portare sempre con me, quando ci spostavamo, una confezione di scorta all’interno della ventiquattrore. In cambio Diego mi permetteva di assistere ai suoi appuntamenti, di ascoltare le sue telefonate, di incontrare tutte le persone che contavano e di capire quanto delicato fosse il mondo degli affari. Avevo sempre pensato che i contratti si firmassero dopo lunghe contrattazioni e che la differenza fosse determinata dalla professionalità del mediatore: grazie a Diego capii quanto inutile fosse tutto quello che avevo studiato. Il sesso muoveva molto più denaro di quanto non facesse il fiuto commerciale, soddisfare le esigenze sessuali del cliente di turno era tanto necessario quanto garantirgli un rendimento congruo. Le più svariate perversioni, senza limitazione alcuna, erano un normale argomento di contrattazione. Fortunatamente il mio ruolo privilegiato mi teneva lontano da tutto ciò: Diego aveva precisato che appartenevo solo a lui. Per quanto nel mio tempo libero fossi libero di frequentare chi più mi aggradava (infatti la mia frequentazione con Simone continuò dopo la mia assunzione), sul lavoro ero tenuto a soddisfare solamente Diego. E con mio grande piacere, non erano poche le occasioni in cui mi chiedeva di occuparmi dei suoi bisogni. Ricordo che un giorno, prima della firma di un contratto importante, mi chiamò nel suo ufficio mentre attendevamo l’arrivo del cliente. Mi ordinò di posizionarmi sotto la scrivania, di tirargli fuori l’uccello e di succhiarglielo per tutta la durata dell’incontro. Così mentre discuteva tranquillamente di tassi e di clausole, io mi impegnavo per farlo venire senza soffocare. Diego non diede il minimo segno di turbamento, neppure quando venne copiosamente nella mia bocca, osservando con soddisfazione il cliente che sottoscriveva il contratto. Mi chiesi se l’orgasmo fosse dipeso più dal mio lavoro di lingua o dalla conclusione dell’affare, senza riuscire a darmi una risposta. Altre volte mi chiamava, anche in piena notte, perché ce l’aveva duro. Così mi alzavo, mi vestivo, e salivo fino al suo appartamento. Entravo con le mie chiavi e mi dirigevo rapido in camera. Lo trovavo con il cazzone già in bella vista, in attesa che facessi il mio dovere. Senza dire nulla srotolavo un preservativo e glielo infilavo, quindi abbassavo i miei pantaloni e mi impalavo su di lui. Una delle cose che Diego non modificò mai del nostro rapporto fu l’assenza di contatto intimo. Non gli piaceva essere toccato, e il più delle volte facevamo sesso vestiti. Anche quando mi chiedeva di farlo venire sotto la doccia, ero tenuto a toccare solo i suoi genitali, senza andare oltre. Anche il mio piacere sessuale non lo interessava. Il suo obiettivo era usarmi per venire, quasi ignorava il fatto che avessi un pisello anche io. A me poco importava, finché potevo godermi regolarmente quel cannone di carne. Solo una volta, da quel ricordo, mi chiese di spogliarmi nudo e di segarmi di fronte a lui. Venni per lui, mentre ammiravo il suo splendido cazzo, ma la cosa sembrò non eccitarlo, come se mi stesse semplicemente studiando. Con tutto il tempo che passai accanto a lui compresi la profonda solitudine che caratterizzava la sua vita. Io ero forse il suo contatto più intimo, e doveva pagarmi per gestirmi, per assicurarsi che mi mantenessi alla giusta distanza. Era troppo concentrato su se stesso per mettersi in discussione, troppo desideroso di affermare la sua personalità per condividere il suo piacere con quello altrui. Non esistevano relazioni, non esistevano cene personali, non esistevano parenti o amici da visitare. C’era solo l’affare in corso, e la voglia di sborrare che gestiva come mera esigenza fisiologica, che diventava poco più di una masturbazione con il mio corpo che sostituiva la sua mano. In compenso quel lavoro mi garantiva un bell’appartamento gratuito, uno stipendio considerevole che quasi non toccavo e la possibilità di viaggiare continuamente al seguito del mio mentore. Il clima in ufficio non era dei migliori: risultavo l’unico assistente maschio, e le battutine sul mio conto si sprecavano lungo i corridoi. Non avevo un gran rapporto con le mie colleghe, ma francamente non facevo neppure nulla per migliorare la situazione. Compresi comunque che la mia condizione era piuttosto anomala, perché le altre assistenti avevano un ruolo molto più tradizionale e qualificato… anche se non erano poche quelle che trascorrevano le loro serate sotto la scrivania di qualche socio. Nonostante tutto dopo qualche mese iniziai a capire che mi mancava qualcosa. Per quanto appagante fosse il sesso con Diego, nel frattempo avevo interrotto la mia relazione con Simone, e sentivo la mancanza di qualcuno che anche senza amarmi mi scopasse con affetto. Avevo bisogno di carezze, baci e reciprocità. Pensavo sempre con maggiore insistenza a Ricky, e a quello che avevo perso quando ci eravamo lasciati. Più di una volta fui sul punto di chiamarlo, ma c’erano stati troppi errori da parte di entrambi per pensare di recuperare quel rapporto. Fu in una di quelle sere, mentre ero perso in questa nuova malinconia, che conobbi Marco. Diego mi aveva mandato in uno strip bar maschile, perché uno dei nostri clienti aveva voglia di giocare con qualche maschietto compiacente. In mezzo a quelle montagne di muscoli che sculettavano a ritmo il mio umore migliorò, anche se avvertivo lo squallore di quell’ambiente come un fastidio. Quei corpi unti mi sembravano plastificati, vuoti, e per quanto attraenti mi apparivano l’antitesi della passione. Il cliente invece, un grasso omone del sud sposato con figli, gradiva al punto che si sarebbe tranquillamente fatto impalare sul palco, pur di mettere le mani su qualcuno di quei ragazzi che avevano almeno la metà dei suoi anni… D’un tratto notai il ragazzo seduto al mio fianco. Sembrava del mio stesso umore, lontano dall’eccitazione testosteronica che si respirava nel locale. Muscoloso, indossava una maglietta che nascondeva a stento il fisico sottostante, e dalla quale spiccava una testolina che metteva simpatia, da quanto sembrava buffa su quel corpo. “Ciao” Il ragazzo mi rivolse la parola, probabilmente per sbloccare lo stallo del mio sguardo fisso su di lui. “Ciao, non ti piace?” Accennai con la testa al palco, dove l’ennesimo stallone fletteva i muscoli in attesa di togliersi l’invisibile tanga. “Ma no, è un bel ragazzo, solo che non è il mio tipo” “Allora siamo in due, anche a me non piacciono i ballerini” “Ah no?” “Sono qui solo per lavoro, preferisco ragazzi più normali” Il ragazzo sembrò soffocare una risata. “Comunque io sono Andrea, piacere” “Marco” Allungò la mano verso la mia, che strinsi. “Perché sei qui, allora, Andrea?” “Per lavoro… accompagno un cliente. E tu?” “Anch’io per lavoro” “Ah sì? E di cosa ti occupi?” In quel momento sentii la voce dell’altoparlante annunciare il momento di una nuova esibizione. Partì la musica, e le luci si abbassarono. “Ora lo vedrai” Marco si alzò e saltò sul palco, salutando il pubblico e cominciando a muoversi a ritmo. Non ballava bene. Anzi, probabilmente era il peggiore ballerino che avessi mai visto. Impacciato, rischiava di inciampare ad ogni passo, e quasi si soffocava levandosi la maglietta. Ma ciò che lo rendeva sexy, paradossalmente, era la sua completa inadeguatezza. Quello che doveva essere uno sguardo assassino era poco più di una smorfia di chi tratteneva a malapena la risata, rendendosi conto di quanto ridicolo apparisse. Eppure il pubblico gradiva, forse anche più dell’esibizione precedente. Forse il bel fisico di Marco, unito al suo atteggiamento così poco distaccato e impenetrabile, rendeva il quadro molto più vicino e reale, molto più caloroso. Quando il numero finì, Marco accennò a levarsi lo slip… ma con una mimica spontanea, alzò l’elastico ed osservò il contenuto del suo pacco… quindi arrossì e lo richiuse in fretta, coprendosi con le mani ed allontanandosi a gambe strette. Era riuscito a strapparmi una risata, dovetti ammetterlo. Comparve poco dopo, nuovamente vestito, accanto a me. “Complimenti, mi sei piaciuto” “Ah sì? Pensavo non ti piacessero i ballerini…” “Touchè… posso offrirti da bere per farmi perdonare?” “Certo, ma non qui e non oggi” Lo guardai perplesso. “Qui le persone ti pagano da bere per essere carino con loro” Si avvicinò al mio orecchio, perché nessuno sentisse. “Ma se sarò carino con te, sarà perché lo voglio io” Infilò la mano nella mia giacca, e prese dal taschino un mio biglietto da visita. Quindi si alzò e fece per andarsene. Inebetito, lo guardavo allontanarsi. Poi di colpo si voltò, mi fissò per un istante, e tornò indietro verso di me. “Non dovrei farlo, ma…” Mi prese la testa tra le mani e mi baciò delicatamente, ma con passione, ad occhi chiusi. La sua lingua cercava la mia, la rincorreva e l’afferrava, mentre le nostre labbra carnose si fondevano. Forse il bacio più intenso di tutta la mia vita. “Un piccolo anticipo, così magari ti viene voglia di offrirmi anche la cena” Se ne andò rapidamente sgambettando con quel suo sorriso sornione, portando con sé il mio sguardo. Il cuore palpitava nel mio petto, l’erezione premeva nei miei pantaloni, mentre le farfalle volteggiavano nel mio stomaco. Quel ragazzo sarebbe stato mio.

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7 Gay Erotic Stories from Mr.lyle

Il Centro - Parte 4

L’estate passò senza ulteriori scossoni.Dimenticare Riky non fu facile, per quanto la nostra storia fosse finita non riuscivo a ritrovare quell’equilibrio che avevo avuto prima di averlo conosciuto, prima che mi conducesse per mano attraverso quelle esperienze che ora il mio corpo reclamava.Non ero un santo, sia chiaro: avevo avuto ulteriori approcci, soprattutto in spiaggia, e qualche

Il Centro - parte 5

Eravamo a letto, quel giorno, quando Simone si voltò d’un tratto verso di me e mi fissò con un sorriso malizioso.“Penso di avere il lavoro che fa per te”Lì nudo, tra le lenzuola, con ancora sul petto il suo sperma, pensai che stesse scherzando. Così mi voltai verso di lui e avvicinai le mie labbra al suo uccello in resta.“Se mi vuoi assumere devi prima verificare…”Leccai avidamente

Il Centro - parte 6

Il lavoro si rivelò molto più impegnativo di quanto avessi immaginato.A qualunque ora del giorno o della notte, senza preavviso, Diego poteva chiamarmi. Per qualunque esigenza. E nonostante il particolare test che avevo dovuto superare per ottenere il posto, le richieste sessuali non erano di certo le più strane.Fondamentalmente, ero l’ombra di Diego: svolgevo tutte quelle pratiche

Il Centro - parte 7

Mentre lavorativamente la mia collaborazione con Diego dava ottimi risultati, nel mio tempo libero mi dedicavo a conoscere Marco.Per il nostro primo appuntamento avevamo optato per un cinema. Siamo finiti col vedere una poco brillante commedia con ben stiller, che non piacque ad entrambi ma che ci permise di ridere e scherzare per tutta la durata del film, a discapito degli altri spettatori

Il Centro - Prima Parte

Quell’estate il caldo era realmente insopportabile. Non eravamo ancora nei favolosi anni dei condizionatori ad ogni angolo, e ci si arrangiava alla meglio cercando di sopportare. Dal canto mio, ne approfittavo per passare in acqua ogni momento libero della giornata. Ero giovane, pieno di speranze, e con il senno di poi devo ammettere che non ero proprio da buttare. Non avevo perô una

Il Centro, Parte 2

I giorni che seguirono furono incredibili. Mi svegliavo con le lacrime agli occhi al solo pensiero di quanto intensa sarebbe stata la giornata che mi aspettava. Lavoravo, andavo in spiaggia, facevo l’amore con Ricky. Il sesso nella mia vita aveva cambiato tutto, e non riuscivo a credere di aver aspettato fino a quel momento solo per assecondare le mie comode paure. Non ci eravamo

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