Gay Erotic Stories

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Il Centro - parte 5

by Mr.lyle


Eravamo a letto, quel giorno, quando Simone si voltò d’un tratto verso di me e mi fissò con un sorriso malizioso. “Penso di avere il lavoro che fa per te” Lì nudo, tra le lenzuola, con ancora sul petto il suo sperma, pensai che stesse scherzando. Così mi voltai verso di lui e avvicinai le mie labbra al suo uccello in resta. “Se mi vuoi assumere devi prima verificare…” Leccai avidamente l’asta, sostenendo con la lingua la cappella, per poi lasciarla di nuovo cadere sulle palle pelose. “…cosa so fare” Per il quarto d’ora successivo il lavoro fu l’ultimo dei nostri pensieri.

Due giorni dopo, inaspettatamente, mi ritrovai infilato in una camicia che non avevo scelto e con una cravatta che non sapevo annodare in un ufficio troppo grande per una sola persona, seduto davanti ad una scrivania che mi sembrava immensa, in attesa di parlare con una persona che non sapevo cosa volesse da me. “Fidati, devi solo presentarti e rispondere ad un paio di domande” Aveva detto Simone, dopo essere venuto per la seconda volta. Un po’ di soldi non mi avrebbero di certo fatto schifo, anche perché stavo meditando di lasciare l’università (con tutto il sesso che facevo chi aveva anche il tempo per studiare?) e soprattutto di andare a vivere per conto mio. Nonostante la facilità con cui Simone trovava nuove locazioni dove incontrarci iniziavo a sentire la necessità di avere un posto mio, lontano dalla casa in cui ero cresciuto. Ero perso nei miei pensieri quando la porta alle mie spalle si aprì. Istintivamente mi alzai in piedi e mi voltai. “Tu devi essere Andrea, giusto?” L’uomo, sulla quarantina, avanzò verso di me. Un po’ più alto di me, e con un fisico delineato che si intuiva sotto la polo sbottonata, sembrava quel tipo di persona sempre a suo agio in ogni situazione, capace di gestire sconosciuti e vecchi amici con la stessa disinvoltura. Non sembrava bello, o almeno non lo avrei definito tale: ma nei suoi occhi si leggeva uno sguardo magnetico dal quale era difficile scostarsi, sentivo il desiderio di mantenere quel contatto come se fosse in atto una conversazione della quale non mi rendevo conto, e che non volevo interrompere maleducatamente. I capelli grigi donavano alla figura una certa eleganza e rispettabilità, e contrastavano nettamente con la pelle abbronzata che si tendeva lucida sul corpo virile, coperto da una peluria scolorita dal sole che segnava le braccia e la leggera scollatura sul petto. Probabilmente però erano quei profondi occhi ghiaccio la parte più affascinante di Diego, quella che sapeva usare come un’arma. “Simone mi ha parlato un po’ di te, e ho pensato che potessi essere la persona di cui ho bisogno” “Comunque io sono Diego” Mi sorrise e mi porse la mano. Il suo corpo era decisamente caldo, e probabilmente giustificava la temperatura glaciale di quell’ufficio. Risposi al suo sorriso mentre le nostre mani si scioglievano, e recuperammo posto nelle rispettive poltrone. “Dunque… ho letto il tuo curriculum, studi economia, vero?” “Studiavo”, lo corressi. “Come mai hai smesso?” Alzai le spalle “Sono stanco della teoria, vorrei fare un po’ di pratica, voglio capire come funziona il mondo del lavoro e capire cosa so veramente fare. E poi vorrei guadagnare qualcosa” Diego sembrò soppesare le mie parole, senza sbilanciarsi. “E’ una tua scelta, ma sappi che se accetterai il lavoro, pretenderò che tu ti rimetta a studiare” “Ovviamente potrai usufruire di tutti i permessi che spettano agli studenti lavoratori, è un tuo diritto” Mi sembrava strano che un datore di lavoro si preoccupasse di garantirmi impegni che mi distraessero da un lavoro che non avevo neppure ancora accettato. “D’accordo”, mi limitai a rispondere. “Sai cosa fa un assistente personale?” “Non esattamente, ma penso che sia una specie di segretario” “Qualcosa di simile, sì, ma con significative differenze” Diego si alzò, fece il giro della scrivania e si posizionò davanti a me. “Un assistente personale non si limita a fare il caffè o a fare fotocopie. Diventa parte integrante del suo assistito, ne asseconda e anticipa bisogni e necessità. In cambio impara tutto quello che c’è da imparare” Quindi si piegò verso di me, e avvicinò il suo sguardo al mio. “Non è un lavoro per tutti, Andrea. Bisogna avere una certa… predisposizione. Ed è anche importante capire che è un lavoro che non ha orari, né limiti. Niente fine settimana o ferie, non senza la persona per cui lavori, almeno” Recuperò la posizione eretta, allargando le gambe e appoggiandosi alla scrivania. “Qui vengono conclusi alcuni dei contratti più importanti di tutto il paese. I nostri clienti si rivolgono a noi perché siamo la società di consulenza più importante, quella più quotata. Quello che noi diciamo che funziona, lo fa.” “Se vuoi conoscere l’economia, be’, qui facciamo l’economia.” “So che sembrerà un po’ pittoresco, Andrea, ma quello che voglio sapere è…” “Sei disposto a vendermi la tua anima?” Il colloquio con Diego mi aveva spossato. Era faticoso seguire l’enfasi delle sue parole, riuscire a reggere il ritmo di quello sguardo senza esitazioni. Mi aveva indubbiamente colpito, e non riuscivo a non pensare a lui e all’offerta che mi aveva fatto. Di certo avrebbe stravolto tutta la mia vita, ma avrebbe anche risolto molti dei miei problemi. Diego mi aveva infatti spiegato che per il tempo che non avrei trascorso al lavoro era previsto un comodo appartamento nello stesso stabile dove aveva sede la ditta, dove tra l’altro viveva anche lui. Stabile che disponeva, tra l’altro, di un centro benessere liberamente accessibile. Inoltre Diego stesso si sarebbe occupato del mio abbigliamento e della mia immagine, in modo da renderla il più possibile omogenea con quello che l’azienda voleva da me. La sera, quando finalmente Simone riuscì a liberarsi della palla al piede che chiamava fidanzata, ci incontrammo nella casa al mare della sua famiglia. Come di consueto, facemmo sesso sul grande tappeto del salone, e fu così, con la schiena appoggiata al divano mentre mi spompinava di gusto, che gli chiesi come mai avesse pensato a me per quel lavoro. “Veramente è stato Diego”, disse mentre riprendeva fiato senza smettere di smanettarmi, “mi ha chiesto se conoscessi qualche ragazzo sveglio disposto a lavorare sodo” “E mi sei venuto in mente tu” Quindi si infilò nuovamente il mio cazzone in bocca fino alle palle, ricominciando a succhiare avidamente mentre con una mano accarezzavo la sua barba incolta. “Penso che accetterò, mi pare una buona occasione” Dissi senza troppa convinzione. “Ora girati, ho voglia di farti godere” Senza farselo ripetere Simone si distese sull’addome e aprì le gambe , mostrandomi quell’angolo di paradiso che ormai avevo imparato a conoscere. Lo infilzai con determinazione, e lo scopai violentemente, volevo arrivare rapidamente all’orgasmo, avevo voglia di allontanare ogni pensiero dalla mia mente. Senza che potessi fare nulla per evitarlo, mentre mi avvicinavo mi accorsi che l’immagine di Diego, e il suo volto magnetico, si facevano sempre più presenti davanti ai miei occhi. Venni abbondantemente e intensamente, nel culo di Simone, ma dentro di me quello che avevo scopato era stato Diego.

Dopo la telefonata che feci il mattino seguente, Diego organizzò un altro incontro per chiarire i dettagli e per procedere alla firma del contratto. Mi presentai quindi nel suo ufficio in quella stessa giornata, verso le cinque del pomeriggio. Questa volta Diego mi accolse in un abito elegante, e mi fece cenno di accomodarmi. “Allora hai deciso?” “Sì, voglio il posto” Diego sembrò compiaciuto “Sapevo che avresti fatto la scelta giusta, mi sembri un ragazzo in gamba” Si alzò e iniziò a girare per la stanza. “Capirai sicuramente che questo tipo di lavoro richiede una certa confidenza, un’intimità particolare… ho bisogno di sapere quanto mi posso fidare di te, e quanto posso chiederti di fare per me” Io annuii, anche se non capivo dove volesse andare a parare. E mi sembrò decisamente strano quando, dopo essersi avvicinato alla porta, chiuse la serratura dall’interno. Tornò tranquillamente alla scrivania, come se non ci fosse nulla di strano, e si appoggiò davanti a me, in modo tale che il suo inguine fosse all’altezza del mio sguardo. “Faremo un piccolo test, e in base a come ti comporterai, deciderò se sei la persona adatta per il lavoro” Timidamente annuii nuovamente, in attesa di capire cosa sarebbe accaduto. “Tiramelo fuori” “Cosa?!” Pensavo di non aver capito, mi sembrava impossibile quello che avevo appena sentito. “Hai capito benissimo, tiramelo fuori” Non sapevo che fare. Mi sembrava assurda come richiesta, e per quanto mi piacesse Diego avevo il timore che fosse un tranello. “Lo vuoi oppure no questo lavoro? Allora devi abituarti a queste richieste, un assistente personale deve sempre soddisfare le necessità del suo superiore” Decisi che non avevo nulla da perdere, e che quindi tanto valeva rischiare. Allungai la mano verso la patta, fino a stringere la cintura. Passai la mano sulla stoffa, e sentii che dentro qualcosa rispondeva alla mia carezza. Non avevo più dubbi, Diego voleva che gli tirassi fuori il cazzo Con entrambe le mani slacciai la cintura e abbassai la lampo, fino a mettere in evidenza lo slip gonfio. Infilai le dita sotto la stoffa bianca, mentre tendevo con l’altra l’elastico Afferrai il tronco di carne e lo feci sgusciare fuori, esponendo anche le palle pelose sorrette dall’elastico degli slip. Il cazzo di Diego non era particolarmente lungo, ma recuperava in larghezza tutto quello che perdeva in lunghezza. Sembrava una lattina di birra, da quanto era grosso. E si allungava uniformemente dalla base fino alla cappella, che spiccava ormai scoperta dalla pelle che a stento l’avrebbe potuta contenere. Lo ammirai estasiato, chiedendomi cosa si potesse sentire con un palo del genere a scoparti. “Bravo, lo sapevo che non mi avresti deluso” “Ora succhialo” Ormai preso dal gioco e troppo affascinato da quel palo per desistere, mi infilai quel pezzo di carne pulsante direttamente in gola, insalivandolo con la lingua mentre cercavo di comprendere se la mia bocca potesse anche solo pensare di contenerlo. Diego sembrò apprezzare il trattamento, dato che iniziò a mugolare senza però scomporsi. Incitato dal suo godimento, iniziai ad accelerare il ritmo premendo le labbra sull’asta, e coordinando la lingua con i movimenti della testa. “Ok, può bastare…” Con riluttanza abbandonai quello splendido cazzo, non prima di aver passato l’ultima volta la lingua sulla cappella umida. “Ora la prova finale” “Appoggiati con il petto sulla scrivania, e abbassati i pantaloni” Mi alzai ed esegui il suo ordine, mettendo in mostra il mio culo. “Splendido…” Disse Diego soppesando i miei glutei e mettendo in mostra il mio sfintere. Lo sentii armeggiare alle mie spalle, mentre infilava il preservativo. Poi sentii due dita nella mia cavità, e la sensazione di freddo che accompagna i lubrificanti a base d’acqua. Le dita iniziarono a scivolare agevolmente al mio interno, mentre il mio ano si rilassava pregustando l’imminente invasione. “Questo ti farà un po’ male, ma solo all’inizio…” In effetti il dolore fu intenso, quando la cappella iniziò a forzare la mia apertura. Anche se allenato, era da parecchio che il mio sedere non si confrontava con un simile arnese. Diego comprese, e attese che il dolore si attenuasse. Quindi iniziò una pressione costante, anche se lenta, finché non mi sentii interamente riempito. Si fermò, allora, facendomi assaporare quella sensazione al limite tra il piacere e il dolore, che anticipava l’estasi che da lì a poco sarebbe seguita. Quando iniziò a muoversi, abbandonò progressivamente ogni ritegno, scopandomi con violenza e rabbia, alla disperata ricerca del suo piacere. Mi sentivo usato, succube, ma allo stesso tempo sapevo che mai nessuno mi aveva fatto godere così tanto, sia psicologicamente che fisicamente. Come quando Loris aveva approfittato di me, stavo riscoprendo il piacere di essere considerato come mero strumento di piacere, senza altro interesse che quello di godere del mio culo. Sentii l’orgasmo montare, e infine venni nelle mie mutande, intensamente e a lungo, senza toccarmi. Tra me e Diego non c’era nessun contatto fisico, escluso quello delle sue palle che ritmicamente si schiantavano contro i miei glutei. Non era amore, era solo sesso. Ma mi piaceva da matti. Capii dalla variazione del ritmo che Diego era pronto a venire, e dopo pochi colpi uscì da me e si sfilò il preservativo. Senza dire nulla mi strattonò tirandomi a terra, quindi mi prese per i capelli e posizionò la mia faccia davanti al suo cazzo, che nel frattempo aveva preso a smanettare con l’altra mano. “Apri la bocca” Mi stupiva la sua flemma, mi stava scopando con lo stesso tranquillo tono di voce con il quale mi aveva spiegato il lavoro. Solo i suoi sospiri tradivano l’intensità del momento. Aprii la bocca e tirai fuori la lingua, sulla quale Diego appoggiò la cappella ormai pronta a scoppiare. Coordinai la lingua alla sua mano, stimolando il frenulo, e lo sentii venire copiosamente nella mia bocca, sentendomi riempito di quel seme dal gusto intenso che trattenni a stento. Diego si ricompose, visivamente provato, e si asciugò la fronte con un fazzolettino. Ancora con la bocca piena, guardai il mio nuovo datore di lavoro perplesso. “Puoi andare nel mio bagno privato, a darti una sistemata” Accettai l’offerta e mi diressi nel piccolo bagno, dove sputai la quantità assurda di sperma che era uscita da quel cannone di carne. Quindi mi guardai allo specchio, dopo essermi dato una sciacquata. Ero una troia. Quel lavoro significava proprio questo, farsi scopare da Diego ogni volta che ne avrebbe avuto voglia. Ero pronto a qualcosa di simile, a vendere il mio corpo per il piacere di qualcun altro? Tornai nel grande ufficio, e mi sedetti di fronte a Diego che aveva recuperato il suo posto alla scrivania. “Allora, quando posso cominciare?” Diego mi sorrise per la prima volta in modo caloroso, e mi guardò compiaciuto.


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7 Gay Erotic Stories from Mr.lyle

Il Centro - Parte 4

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Il Centro - parte 5

Eravamo a letto, quel giorno, quando Simone si voltò d’un tratto verso di me e mi fissò con un sorriso malizioso.“Penso di avere il lavoro che fa per te”Lì nudo, tra le lenzuola, con ancora sul petto il suo sperma, pensai che stesse scherzando. Così mi voltai verso di lui e avvicinai le mie labbra al suo uccello in resta.“Se mi vuoi assumere devi prima verificare…”Leccai avidamente

Il Centro - parte 6

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Il Centro - parte 7

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