Mentre lavorativamente la mia collaborazione con Diego dava ottimi risultati, nel mio tempo libero mi dedicavo a conoscere Marco. Per il nostro primo appuntamento avevamo optato per un cinema. Siamo finiti col vedere una poco brillante commedia con ben stiller, che non piacque ad entrambi ma che ci permise di ridere e scherzare per tutta la durata del film, a discapito degli altri spettatori indispettiti. Al termine del film ci dirigemmo verso il ristorante passeggiando e chiacchierando, senza pressioni o imbarazzi. Scoprii che quel ragazzone muscoloso in realtà era tale e quale a me, con le stesse incertezze, le stesse paure, la stessa sensazione che il mondo fosse andato avanti lasciandoci indietro. Mi venne spontaneo chiedergli come mai facesse lo stripper. Mi rispose che aveva fatto di tutto, ma che alla fine quello era l’unico lavoro che gli permettesse di pagare l’affitto e di avere abbastanza tempo libero da dedicare agli altri suoi impegni. Scherzosamente, gli chiesi quali potessero essere questi impegni da richiedere tanto del suo tempo… Marco si fermò e mi guardò con aria grave, c’era qualcosa che voleva dirmi, e non sapeva come avrei reagito. -Ho un figlio- La confessione mi colpì alla bocca dello stomaco, cambiando completamente il mio punto di vista sulla situazione. Quello che un attimo prima era un simpatico spogliarellista sexy, ora mi appariva come un padre trentenne incerto sul come avrei reagito. Marco non era di certo stupido, avvertì il contraccolpo che la notizia mi aveva causato. -Immagino che la cena sia saltata, giusto?- Forse fu in quel momento, in quegli occhi tristi e consapevoli, che Marco riuscì a conquistarmi. So solo che anche se eravamo in mezzo alla strada mi avventai verso di lui e lo spinsi di peso in un vicolo laterale, dove lo baciai con impeto mentre lo bloccavo contro il muro. Fu ancora una volta un bacio intenso, come il primo, di quelli che riescono a farti dimenticare tutto il resto, mentre preghi che quella sensazione non finisca mai. Avevo il cazzo duro nei pantaloni che spingeva, con forza, eccitato e rapito da quel misto di dolcezza e virilità che Marco trasudava, e che la rivelazione della sua paternità non aveva fatto altro che alimentare. Se non ci avesse pensato lui a fermarmi, probabilmente avrei potuto fare l’amore con lui lì, in quella stradina, noncurante degli sguardi che potevano catturare la nostra intimità. - Ehi, frena cowboy - Si sganciò da me e fece per tornare verso la strada principale, quindi si voltò verso di me e si diede una maliziosa pacca sul sedere. - Il dessert te lo devi prima guadagnare!- Mi disse strizzandomi quell’occhietto vispo. Passai la cena perso nei suoi occhi, attento ad ogni sua espressione, cogliendo ogni variazione del tono della sua voce. Tutto in quel ragazzo mi sembrava fatto per essere osservato, sottolineato, accarezzato. Dopocena tornammo alle auto, e gli chiesi se avessi voglia di vedere il mio appartamento. Declinò cortesemente l’invito, dicendomi che non poteva fare tardi perché il suo ometto lo aspettava a casa. Andrea, così si chiamava il ragazzino. Otto anni e un sorriso che riempiva la faccia, proprio come suo padre. Vederli assieme nella foto che mi mostrò mi colpì nuovamente alla bocca dello stomaco. Feci per salutarlo, ma mi fermò. -Ehi, quanta fretta. Ho detto che non posso venire da te…- -Non che la serata è finita- Nel parcheggio deserto, si avvicinò e mi baciò per la terza volta. E mi persi su quelle labbra, inseguendo quella lingua sottile, accarezzando quel sapore delicato che riempiva il suo palato. Questa volta fu lui a spingersi oltre, ed a iniziare ad esplorare il mio corpo. Le sue mani mi frugavano, vigorose, mentre io accarezzavo e percorrevo ogni muscolo del suo corpo, sorpreso dalla tonicità di ogni linea, dalla determinazione di ogni curva. Non avevo mai toccato un corpo simile, ed ora che lo avevo di fronte ne volevo di più. Labbra su labbra, occhi chiusi, mani sempre più vicine alla cintura, alla ricerca di quel piacere che solo lo stringere un altro uomo ti può dare. C’era passione, c’era elettricità, e la serata calda sembrava surriscaldarsi ogni volta che le nostre mani si sfioravano, ogni volta che il mio corpo sentiva il contatto del suo, quando avvertivo la mia erezione premere contro la sua. Entrammo in macchina, e ci allontanammo verso un punto più isolato del parcheggio, non illuminato. Lì il nostro gioco ricominciò, incoraggiato e al tempo stesso contrastato dallo spazio angusto dell’abitacolo, mentre la mia mano si infilava nei suoi pantaloni. Accarezzai il gonfiore da sopra gli slip, saggiandone volume e consistenza, massaggiando e accarezzando, stringendo e pizzicando… Le sue mani nel frattempo mi percorrevano la schiena, massaggiavano la mia nuca e il mio culo, mentre i nostri occhi si rincorrevano nella penombra, cercando di anticipare dove la bocca dell’altro si sarebbe indirizzata. L’aria si fece ancor più calda, e quando non ne potei più quasi gli strappai i pantaloni nell’abbassarli, quindi gli alzai la maglietta e mi assaporai la vista di quel splendido pezzo di maschio che era lì solo per me, che mi desiderava. Il suo cazzo pulsava nelle mutande, dovevo liberarlo. Abbassai gli slip portando alla luce quel pezzo di carne caldo e turgido. Marco non era molto dotato, aveva un pisello nella norma, ma ben proporzionato e ben turgido. Istintivamente iniziai a massaggiarlo con forza, fino a quando me lo infilai in bocca. Iniziò ad ansimare violentemente, mentre lo tenevo tra le labbra e lo percorrevo con la lingua, giocando con il frenulo e lubrificando ogni centimetro dell’asta. Era uno spettacolo sentire quel corpo contorcersi sotto di me, muoversi seguendo le mie sollecitazioni e fuggendo ma allo stesso tempo cercando il contatto della mia lingua. Per la seconda volta quella sera, mi chiese di rallentare, perché non voleva che finisse così… Allungò la mano e afferrò il mio cazzo, che scoprì con forza… La sua mano era forte ma anche delicata allo stesso tempo, decisa ma dolce… mi segava con passione, come se il contatto stesso della nostra carne gli desse piacere, come se il suo piacere fosse sincronizzato col mio, seguendo la mia eccitazione. Quando il mio arnese era ormai teso all’inverosimile, mi fece piegare per avere maggiore libertà tra le mie cosce, e si infilò la cappella e mezza asta in bocca. Iniziò un rapido ed esperto movimento di lingua, che percorreva ogni piega del mio glande senza soffermarsi su un singolo punto, alternando solletico e sollecitazioni, portandomi ben presto al culmine della stimolazione. Il cazzo mi faceva male da quanto era duro, e lui lo sapeva. A quel punto mi guidò verso i sedili posteriori, e si piegò in avanti offrendomi per la prima volta la visione del suo spettacolare culo nudo. Infilai il viso tra quelle cosce muscolose, mentre la mia lingua scavava la fessura umida. Inumidii, insalivai e trapanai quel piccolo pertugio mentre lo sentivo ansimare, pregustando quello che ormai sapevo sarebbe stato il mio dessert… Tra i sospiri Marco allungò una mano verso i suoi jeans, e ne tirò fuori un ormai familiare quadratino argentato. Infilai il preservativo rapidamente, e puntai il mio cazzo al suo culo dopo averlo insalivato per bene. Con un colpo lento ma deciso, portai dentro mezz’asta. Quindi mi fermai, attendendo che la sua respirazione si regolarizzasse, e che le contrazioni diminuissero. Quando mi apparve di nuovo rilassato, infilai la parte rimanente fino alle palle. Mi appoggiai a lui, mentre gli stringevo il petto e seguivo il suo battito accelerato, e rimasi così immobile gustando quel contatto che mi sembrava l’anticamera del paradiso. Quando sentii di nuovo il rilassamento dell’eccitazione, iniziai un lento movimento avanti e indietro, gustando la pressione di quelle pareti di carne, senza esagerare, aspettando che fosse lui a chiedermi di più. E non dovetti aspettare molto. Il suo culo iniziò a rispondere alle mie spinte, assecondandole e cercando un contatto sempre più profondo. - Cowboy, è ora di cavalcare…- Non me lo feci dire due volte e iniziai a spingere con furia nello spazio limitato dell’auto, appoggiandolo di fianco così da guadagnare un migliore punto d’appoggio… Il suo culo era fantastico, e il suo godere era tanto evidente da eccitarmi ancor di più. Sentivo tutto il suo corpo rispondere al mio cazzo, godere di ogni centimetro, mentre il suo culo lo avvolgeva senza stringermi, morbido ma elastico, avvicinandomi ogni secondo all’inevitabile orgasmo. Ad un certo punto prese la mia mano, e se la portò sul cazzo: afferrai quel piccolo arnese turgido e lo masturbai con furia, mentre accompagnavo ogni colpo di mano con un affondo di pisello. Sentii dai nostri affanni che eravamo entrambi vicini, e quando lo sentii sussurrare – Vengo…- non riuscii a trattenermi. Mentre mi innondava la mano con il suo seme, io sborravo copiosamente nel suo culo. Ad ogni getto il suo culo si contraeva, allungando e intensificando il mio orgasmo, portandomi a vette di piacere che non avevo mai raggiunto prima. Mi sentii quasi svenire, mi girava la testa… Quando ci riprendemmo, iniziò il rito dei baci e delle carezze, mentre ci pulivamo a vicenda e ci guardavamo trasognati, attendendo l’inevitabile “Devo andare” che giunse da lì a poco. Ci salutammo ripromettendoci di sentirci il giorno dopo, e rientrai al mio appartamento quasi senza rendermene conto. L’emozione della sera, o forse la passione crescente che sentivo per quel ragazzo, mi fece commettere l’unico errore che Diego non avrebbe mai perdonato. Ma questa è un’altra storia…