Avevano una Fiat 600 Multipla di colore azzurro, con il tetto blu e i copertoni delle ruote con l’esterno bianco. Era una vettura che ospitava comodamente sei persone. Quei militari erano tutti alti, tra il metro e ottanta e il metro e ottantacinque, e ci dissero che facevano vari sport, ma soprattutto giocavano a calcio. Erano tre maschi Alfa, che trasudavano un istinto animalesco, si capiva solo a guardarli che erano alla ricerca di sesso. Avevano un modo di fare un po’ arrogante, quasi prepotente, ma alla fin fine erano gran simpaticoni, come tutti i meridionali. Parlavano a voce alta e raccontavano un sacco di storielle, per lo piu’ di sesso, di puttane, di “femminielli” e “ricchioni”, spesso le vittime dei loro racconti erano le reclute della loro caserma. Dicevano che preferivano prendere di mira quelli piu’ giovani di 18, 19 anni, e soprattutto quelli che venivano da regioni del Nord, perche’ erano i piu’ timidi e facili da sottomettere. Quella sera fu deciso di andare tutti insieme ad un festa di paese, un po’ fuori mano. C’era molta gente, avevano anche allestito un piccolo luna park, e in generale c’era un clima da Festa dell’Unita’, con birra salsicce e musica. I soldati parlottavano tra loro, il problema era che c’erano due ragazze soltanto, percio’ alla fine decisero che Antonio e Salvatore avrebbero fatto gli accompagnatori delle mie cugine, mentre Gennaro avrebbe atteso paziente il suo turno, forse alla successive uscita. Io e Gennaro eravamo un po’ indietro al gruppo, e mentre passeggiavamo Gennaro mi raccontava barzellette oscene spesso toccandosi il cazzo, e faceva commenti audaci su ogni ragazza che vedevano. :- A quella ci darei un paio di colpetti – diceva Gennaro – nella fessa e nel culo, tu no ? – :- Io non saprei – rispondevo arrossendo come un peperone. :- So io che ci vuole per te, ah ah ! - diceva Gennaro, ridendo sguaiatamente. Gennaro mi spinse in mezzo alla folla che si accalcava vicino ad mangiatore di fuoco. Trovammo un buon posto vicino ad una transenna di metallo che delimitava lo spazio dell’esibizione. Gennaro era proprio dietro di me, mi sovrastava con la sua altezza. Aveva sollevato la gamba destra appoggiandola su uno scalino e io quindi stavo in piedi, appoggiato con un braccio sulla gamba di Gennaro. Era una gamba solida come il marmo, si capiva che giocava a calcio. Intorno c’era una gran confusione e io mi sentivo protetto tra le braccia di Gennaro, che intanto aveva appoggiato le sue mani sulle mie spalle. :- Daniela guarda li’ che bello ! – mi sussurro’ all’orecchio Gennaro indicando il mangiatore di fuoco che mandava grandi fiammate dalla sua bocca. Gennaro teneva fermo il mio mento, con la sua mano possente, obbligandomi a guardare davanti. Mi trattava come se fossi un bambino di quattro anni. Avevo notato che si era rivolto a me al femminile, ma forse si era trattato di un errore. Dopo un po’ Gennaro mi attiro’ a se, le sue mani sulle mie spalle erano come tenaglie. Dopo una lunga passeggiata tra le bancarelle varie, si decise di andare al fiume. IN MACCHINA In macchina io ero seduto avanti, affianco a Gennaro che guidava. Dietro c’era Antonio e Monica, e Salvatore con Rossana che non la smettevano di parlottare e di sbaciucchiarsi come fidanzatini. Gennaro si toccava il cazzo attraverso la stoffa dei pantaloni, eccitato bel vedere I suoi amici che potevanp sfogarsi, mentre lui era costretto a fare la balia a me, ragazzino insignificante. Il pulmino si fermo’ in un posto tranquillo, non lontano dal fiume. Le due coppiette si allontanarono, e Gennaro disse :- Non ci state tutta la notte che io mi annoio. Io e Gennaro restammo nel pulmino, Gennaro si sedette dietro nell’ultima fila. Si tolse le scarpe e distese le gambe sul sedile. :- Vieni qui Daniela - ordino’ Gennaro, facendo segno di sedermi sul suo sedile. Sposto’ I piedi e mi accomodai, poi lui appoggio’ di nuovo I piedi sulle mie gambe. Mi aveva chiamato ancora al femminile, perche’ ? :- Dai fammi un bel massaggio ai piedi, che sono stanco. Io risi, dicendo che non l’avevo mai fatto. :- Cazzo, e’ facile, fai finta di accarezzare un gattino. Gennaro aveva un 44/45. I piedi non avevano un cattivo odore anzi si sentiva solo l’odore buono del cuoio della scarpa. Con le mani inziai a massaggiare delicatamente ciascun piede, e poi anche le dita. Quel piede cosi’ grande mi trasmetteva un senso di potenza, di dominio assoluto. Io ero solo un ragazzetto insignificante che dava sollievo ad un guerriero, un uomo maturo, forte e saggio, che si degnava di farsi massaggiare I piedi, ma che avrebbe potuto anche prendermi a calci, se avesse voluto. E in quel caso io avrei dovuto solo stare zitto. Mentre massaggiavo i piedi Gennaro si accese una sigaretta, :- Fuma Daniela ! – mi disse :- No grazie, non fumo – risposi notando che insisteva a chiamarmi al femminile. Con la bocca fece schioccare le labbra, come se mi inviasse un paio di bacetti. Io ero un po’ confuso da quel comportamento. :- Vieni qui Daniela – :- Ma io mi chiamo Daniele – risposi un po’ intimidito – perche’ mi chiami Daniela ? :- Si lo so, piccolina – disse Gennaro passando le sue gambe intorno al mio busto e stringendomi verso di se’ – lo so che ti chiami Daniele, ma tu … Mi fece l’occhiolino. :- che vuoi dire ? – chiesi io sempre piu’ ingenuo :- Sembri proprio una bambolina, e penso che hai bisogno di un amico piu’ grande che ti fa’ capire molte cose. Io sorrisi, e lasciai che le sue gambe mi stringessero sempre piu’. :- A te ci penso io – sussurro’ Gennaro con una voce calda e affettuosa – non devi avere paura, facciamo tutto piano piano. Anche tu hai diritto a divertirti. Dopo un po’ cercai di allontanarmi, non mi piaceva il fatto di essere afferrato in quel modo e fu in quel momento che parti’ uno schiaffo, leggero che non mi fece male, ma che mi fece capire che dovevo accettare quello che stava per accadere. Infondo lui sprecava il suo tempo a farmi la balia, e io dovevo ripagarlo in qualche modo, mi sembrava piu’ che giusto. :- Daniela – disse Gennaro a voce bassa, vicino al mio orecchio – fai la brava, senno’ le prendi – disse con un tono poco amichevole, ma autoritario come un padre parla con la figlia. Mostrai il labbro in giu’, proprio come un ragazzino che fa il broncio, e Gennaro, che era un uomo vissuto e saggio, mi attiro’ a se’, come per coccolarmi, e infatti mi diede un bacio sulla guancia. :- Su Daniela – mi sussurrava all’orecchio, accarezzandomi la testa – io ti rispetto, e tu devi rispettare me. Sono io l’uomo, io ho le palle, io ho il cazzo – e dicendo questo mostro’ il pugno e l’avambraccio come per farmi capire cos’e’ un cazzo – Lo senti questo ? – mi disse portando la mia mano sul suo cazzo. – Questo fa la differenza tra un maschio e una ragazzina. :- Tu sei una bambina, Capisci ! E devi fare solo quello che ti dico. Percio’ comportati bene ! – e dicendo questo mi diede alcuni piccoli schiaffetti sulle guance, leggeri, solo per farmi capire che era lui il capo. Io lo guardai negli ogghi e annuii con il capo, obbediente. Poco dopo le mie cugine ritornarono con i loro accompagnatori e fu deciso di andare al cinema. CINEMA La sala era enorme, buia, con I sedili di legno. Davano un film western, e la maggior parte delle persone erano coppiette che andavano li’ per stare un po’ in intimita’. Le mie cugine con Antonio e Salvatore si accomodarono in un angolo della sala. Io avevo cercato di sedermi accanto a loro, ma Gennaro mi teneva saldo per un braccio e mi spinse da un’altra parte della sala. Gennaro mi porto’ proprio nell’ultima fila. Mi sentivo protetto, io piccolo adolescente, vicino ad un uomo alto e forte. Nonostante lo schiaffo di poco prima, Gennaro mi piaceva e io avevo capito che ero una nulllita’ al suo confronto. Appena seduti la mano di Gennaro che era seduto alla mia sinistra, si appoggio’ sulla mia spalla destra, iniziando ad accarezzarla. Con la code dell’occhio avevo notato che Gennaro con l’altra mano si toccava il pacco. Gennaro aveva un forte odore di maschio, cioe’ un misto di sigaretta, dopobarba, cazzo e palle. La sua mano sulla mia spalla era forte, decisa, mi faceva capire che era lui a comandare e che io potevo solo ubbidire. Udii il rumore della cerniera dei calzoni che si apriva. Guardai a sinistra e vidi che Gennaro stava tirando fuori il cazzo. Non si vedeva molto perche’ la spalliera del sedile davanti faceva ombra. Gennaro prese la mia mano e l’appoggio sul suo cazzo. Fui spaventato dalle dimensioni di quella mazza, dura come il legno ma calda come una mano. Anche se non lo avevo mai fatto prima, strinsi il suo cazzo e iniziai a muovere la mano su e giu’. Gennaro’ si chino’ parlandomi nell’orecchio :- Daniela sei proprio brava, ora toccami le palle. Erano caldissime, sembravano vive, come se fossero un piccolo gattino che si muoveva. All’improvviso la mia mano fu ricoperta di un liquido caldo e denso. Era sperma, ed era la prima volta che lo vedevo. Abbassai la mano e toccai le palle, erano come due uova sode, dure e calde, molto pelose. Il suo odore di maschio mi aveva ubriacato. Anche se una parte di me era ancora timorosa, un’altra parte era curiosa di provare senzazioni nuove.
Quando ritornai a casa ero scombussolato. Quel maschio Alfa, cioe’ Gennaro mi aveva dominato, ed io mi ero lasciato fare come su fossi stato una ragazzina. Gli avevo massaggiato i piedi, gli avevo preso il cazzo in mano, e mi aveva dato un paio di sberle, anche se non molto forti. Passai la notte sognando Gennaro, immaginavo di essere una giovane sposa che aspetta il rientro a casa del marito. E poi arrivava Gennaro, alto e un po’ strafottente, che si prendeva quello che voleva senza mai chiedere. Il giorno dopo, come d’accordo, ci ritrovammo alla festa paesana. Questa volta Gennaro aveva il diritto di accompagnare una delle cugine, e scelse Monica, mentre Antonio avrebbe guidato il pulmino e si sarebbe sobbarcato il compito di badare a me, neanche fossi un bambino. Prima di iniziare la passeggiata avevo notato che Gennaro parlava sottovoce con Antonio, guardando nella mia direzione. Era ovvio che parlavano di me, e vedevo che tutti e due ridacchiavano, finche’ Antonio mi fece due volte l’occhiolino. Quella sera portavo una camicia bianca, abbottonata a partire dal primo bottone in alto, e dei calzoncini di lino che arrivavano al ginocchio, molto larghi, da cui sbucavano le mie gambe sottili e pallide. Al luna park avevano allestito un “Castello dei Fantasmi”, era un percorso molto lungo, al buio, in cui si muovevano sul binario dei piccoli vagoni separati, ogni vagine ospitava due persone. Anche se non si chiamava “Tunnel dell’Amore”, come accadeva in altri luna park, lo scopo era proprio quello, cioe’ dare un po’ di intimita’ alle coppiette. Inutile dire che il nostro gruppo aveva acquistato i biglietti per ben tre giri consecutivi. Antonio non perse tempo, io ero seduto davanti a lui, praticamente circondato dalle sue gambe e dalle sue braccia. Sentivo il forte profumo di dopobarba. Lui mi prese le spalle e mi spinse verso di se, facendomi appoggiare la testa sul suo torace. Mi sembro’ un gesto gentile. Cosi’ inizio’ al buio quel viaggio, ed io ero disteso sul torace di Antonio. Le sue mani erano appoggiate sulle mie, non capivo perche’, ma lo lasciai fare. Lui non parlava, d’un tratto avvertii la sua bocca sul mio collo, prima si limito’ a respirare intensamente, poi con la lingua prese a leccare il collo, e le orecchie, come se fossi un gelato. Io ero un po’ sorpreso da quella mossa. Cercai di voltarmi e stavo per iniziare a parlare, quando la sua mano virile mi tappo’ la bocca. :- Mmff ! Mmff ! – erano i soli versi che riuscivo ad emettere :- Zitta bimba ! – disse Antonio – non avere paura. Gennaro mi ha detto tutto di te. :- Adesso stai tranquilla, fai la brava fighetta e goditi la passeggiata. Sei fatta bene, meglio delle tue cugine – continuo’ Antonio, mentre mi stringeva le tettine con le sue mani grandi e forti. E dicendo questo prosegui’ a dare baci rumorosi sul mio collo. Fece anche un piccolo rutto, effetto della birr ache aveva bevuto. A un certo punto mi sbottono’ la camicia, mi denudo’ la spalla e mi diede due piccoli morsi sulla spalla, lasciandomi il segno, come ebbi modo di notare la sera a casa. :- Questo e’ il marchio dell’amore, Daniela, zitta e lasciati fare – e dicendo questo tolse la mano dalla mia bocca, e continuo’ a baciarmi con passione sul collo. All’improvviso mi spinse giu’, facendo pressione sulle mia spallucce con le sue mani forti, con un gesto gentile ma fermo e irremovibile. Ero in ginocchio tra le sue gambe solide, velocemente si apri’ la zip. Davanti a me apparve un cetriolo di carne di 20cm, e due palle enormi. L’odore di cazzo era fortissimo, stordiva. Non sapevo da che parte cominciare. Antonio era un maschio Alfa, non potevo deluderlo, non potevo farlo arrabbiare. La mia indole sottomessa mi obbligava a reagire nel solo modo possibile, e cioe’ accontentarlo … in tutto. Notando la mia indecisione Antonio disse in modo rude :- Dai, ricchione, sbocchina, non possiamo stare tutta la notte qui. Iniziai a leccare delicatamente la cappella, e poi il cazzo partendo dalla base e salendo su lentamente. :- Brava succhia, succhia, che fa bene alla salute. – ridacchio’ Antonio. :- Ma quanti cazzi hai preso in bocca, sei bravissima ! :- Grazie – risposi timidamente, lasciando per un istante il cazzo che avevo tenuto a lungo in bocca. Antonio mi tiro’ su con forza avvicinandomi alla sua bocca e mi bacio’. La sua lingua entro con forza nella mia bocca, scavava in gola come se cercasse una via d’uscita dalla parte opposta. :- Tu avevi proprio bisogno del maschio ! :- Antonio io vorrei dirti che … io non penso che dovremmo fare queste cose ! – dissi tutto d’un fiato. Arrivo’ puntuale un ceffone in pieno viso. Un po’ forte. :- Giu’ e sbocchina ! Non pensare, che ti fa male alla salute. Continuai non so per quanto a muovere la testa su e giu’, e anche Antonio aveva iniziato a muovere il bacino, come se dovesse proprio chiavare la mia testa. D’un tratto, un fiume di sperma inondo’ la bocca e il viso, e spruzzi finirono anche nei capelli sulla camicia. Antonio, stanco per avere speso energie nella eiaculazione, si rimise il cazzo nei pantaloni, e resto con le gambe larghe. Mi porse un fazzoletto e mi aiuto’ a pulirmi. Mi fece mettere come all’inizio, cioe’ appoggiato con la schiena sul suo torace, e mi bacio’ il collo, dicendomi :- Sei proprio brava, Daniela. Uno di questi giorni, pero’, voglio chiavare davvero. Passo’ circa una settimana prima del successivo incontro con i militari. L’appuntamento, questa volta, fu in una vecchia cascina a pochi chilometri dal paese. Il posto era abitato da una coppia di vecchi contadini, che erano anche i proprietari e avevano in progetto di trasformare la cascina in un ristorante con camere per riposare. Sarebbe stato un agriturismo, ma in quegli anni ancora non si usava ancora questa espressione. Noi sei eravamo i soli ospiti. Dopo avere cenato, Antonio spari’ con Rossana in una delle camere da letto, e Gennaro con Monica, li imitarono pochi minuti dopo. Salvatore tutta la sera era stato accanto a me, e mi guardava spesso, facendo l’occhiolino. Io non avevo ancora capito se mi piacevano gli uomini o le donne. Sapevo pero’ che mi sentivo piu’ a mio agio con qualcuno che prendesse l’iniziativa, senza lasciarmi lo spazio per decidere. Un uomo era sicuramente piu’ portato per questo ruolo dominante, e cosi’, anche se non mi consideravo gay, ero istintivamente portato a lasciare che i maschi adulti mi trattassero come loro volevano, avolte anche con un po’ di prepotenza. Ovviamente non mi piaceva la prepotenza fine a se’ stessa, e mi sarebbe piaciuto se con me Antonio e Gennaro fossero stati un po’ piu’ gentili, ma alla fine prevaleva la mia indole sottomessa e quindi mi ero arreso senza discutere. Ma con Salvatore avevo deciso di impormi, e di farmi sentire. :- Vieni, andiamo a fare due passi – disse Salvatore mettendo la sua destra mano sulla mia nuca e la sinistra sulla mia spalla sinistra, e spingendomi verso le scale. :- Senti Salvatore, non so cosa ti abbiano raccontato Gennaro e Antonio, ma voglio dirti che io non sono disposto a farmi trattare in quel modo. :- Zitta, dai, non rompere i coglioni – rispose secco Salvatore. Salvatore in realta’ non stava a sentirmi, e la sua mano sul collo non era affettuosa, era come la presa di un genitore che sta per punire il bambino capriccioso. :- Ma quanto parli, bambina ! – disse Salvatore un po’ infastidito, mentre mi trascinava lungo il corridoio. :- Salvatore, vorrei che tu capissi … che io … - cercavo di parlare ma le parole non mi uscivano come avrei voluto. Salvatore mi spinse contro un angolo buio, io avevo le spalle sulla parete e gli arrivavo con la testa ai pettorali. Le sue mani partirono dalla mie spalle e scesero giu’ fermandosi sui miei glutei. :- Cazzo se sei bona, bimba, hai un bel culo – disse Salvatore strizzando ogni singola natica come se fosse una spugna. Le stringeva cosi’ forte quasi da farmi male. :- Antonio e Gennaro avevano ragione. Sei un ragazzino, con una femmina dentro. Io cercavo di oppormi e lo respingevo con le mie braccia, ma lui era troppo forte. Una delle sue mani si infilo’ nei calzoncini. :- Cazzo, sei liscio come una ragazza – disse Salvatore parlandomi nell’orecchio – Hai una vocina da ragazza, e ti muovi come una ragazza. E hai anche un bel profumo di figa – aggiunse alludendo al mio profumo da donna, che in effetti avevo preso di nascosto da una delle mie cugine. :- Andiamo in un posto piu’ comodo, bambina – disse Salvatore prendendomi per mano e trascinandomi in modo un po’ rude in un’altra stanza. Entrando notai che era un locale dove facevano il pane e I dolci, c’erano sacchi di farina, uova, e al centro un tavolo lungo di legno. Salvatore mi fece appoggiare a pancia in giu’ sul tavolo, e mi tiro’ giu’ i calzoncini. Ero con il culo scoperto, indifeso come una ragazza pronta per essere deflorata. :- Scusa Salvatore, ma che vuoi fare ? – chiesi preoccupato. :- Sei vergine, vero ! Nessuno ti ha fatto la festa ? – domando’ Salvatore. :- Vergine, in che senso ? – domandai ingenuo. :- Nel senso che dopo una buona cena, ci vuole anche una buona chiavata. E tu hai una bella fighetta – disse toccando il mio buchetto con le sue dita. Salvatore prese del burro da una terrina li’ sul tavolo e inizio’ a spalmarlo sul mio buchetto. Apri’ la cerniera dei suoi pantaloni, che subito caddero alle caviglie, sentii il rumore tipico della fibbia di metallo che toccava terra. L’uomo, il soldato, il maschio Alfa, era in piedi dietro di me, con le sue gambe da calciatore, solide, abbronzate e pelose, e si preparava a montarmi, come se fossi una pecora. Lui aveva bisogno di scaricare le palle, e io o una ragazza sarebbe stato lo stesso. Sentii il suo cazzo appoggiarsi sulla mia “fighetta”, cioe’ sul mio buchetto vergine. Salvatore non fu delicato. Diede alcuni colpi forti e mi defloro’. Io strillai, ma la mano di Salvatore sulla mia bocca faceva uscire solo un “Mmff ! Mmff !” Con la mano libera, Salvatore mi inchiodava sul tavolo, spingendo giu’ la testa o le spalle ogni volta che tentavo di rialzarmi. Inizio’ a fottere con un ritmo lento, ma deciso per quasi venti minuti. Ad ogni colpo strillavo come una ragazzina, ma sempre di meno perche’ intanto mi abituavo ad essere posseduto. Poi inaspettato, arrivo’ un fiume di seme, caldo e denso. Salvatore mi tenne inchiodato sotto le sue braccia possenti, fino a quando si scarico’ completamente le palle. Poi usci’ da me, con un colpe secco. :- E’ tutto passato, bambina, calmati ! – disse Salvatore cercando di confortarmi. Mi fece appoggiare le gambe sul tavolo, e rimasi in posizione rannicchiata sul fianco sinistro. Restai a riposare in quella posizione per alcuni minuti, mentre continuavo a piagnucolare. Salvatore intanto mi accarezzava la testa e ispezionava il mio buchetto appena deflorato. :- Sei stata brava. Cazzo ti ho proprio “sguarrato” ! Guarda qui ! Cazzo e’ rossa e gonfia come una figa, anzi come una boccuccia che fa bocchini. Le carezze di Salvatore mi aiutarono a calmarmi. E io ascoltavo obbediente i suoi commenti. :- Cazzo, stai colando un sacco di sperma. Ah Ah ! Ne hai abbastanza dentro per restare incinta. Io continuavo a piagnucolare, e lui per tranquillizarmi disse : - Dai Daniela, basta piangere, ora sei una donna. Hai avuto il tuo primo uomo, era un tuo diritto, e dovresti essere orgogliosa. Salvatore mi aiuto’ a ricompormi, e ritornammo verso la sala da pranzo al pian terreno. Io camminavo zoppicando aiutato da Salvatore, avevo il culo rotto, niente sarebbe stato piu’ come prima.
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Quando ero ragazzo, nei primi anni sessanta, ero solito andare in villeggiatura dai miei zii a Tarcento, in provincia di Udine. In estate era un posto sicuramente migliore di Milano, citta’ in cui vivevo con i miei gentitori, entrambi insegnanti in un Liceo classico. A casa non si parlava mai di sesso, e non avevo amici che frequentavo regolarmente, a parte i compagni di classe. La
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