Gay Erotic Stories

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L'etero e la crocerossina

by Simon


Nel silenzio della casa sentii suonare il telefono: era il mio amico Francesco che mi invitava alla sua festa di compleanno che si sarebbe tenuta il sabato successivo a casa sua. Questo significava che una buona metà della comunità gay locale sarebbe stata presente… Accettai con non troppo entusiasmo, ma per un amico… Arrivò il sabato; uscii dalla doccia e mi soffermai a lungo davanti all'armadio: non era facile scegliere cosa mettere ad una festa di quel tipo; sapevo che ci sarebbe stata un sacco di gente che non conoscevo e che di conseguenza mi avrebbe squadrato dalla testa ai piedi. Alla fine optai per un paio di pantaloni color antracite che tracciavano perfettamente il profilo del mio corpo, facendolo apparire più bello di quello che fosse effettivamente; sopra misi una T-shirt nera in filo di scozia con un maglioncino di cotone grigio perla scollato a V. Aggiustai i capelli, misi gli occhiali da vista (li portavo sempre quando volevo darmi un certo tono) e chiusi la porta. Arrivai a casa del mio amico un bel po' prima dell'ora suggerita, volevo vedere se per caso aveva bisogno di una mano. La casa di Francesco era veramente enorme, e mi piaceva veramente tantissimo il salone in cui si sarebbe svolta la festa, in particolare mi piaceva tantissimo l'angolo bar, fatto proprio come uno vero… Gli ospiti cominciarono ad arrivare, e io iniziai a fare da portiere visto che Fra, non era ancora presentabile (come diceva sempre lui). Dopo poco tempo c'era veramente un sacco di gente, molti di loro sconosciuti. Mi misi su di una poltrona e cominciai a guardarmi attorno con maggiore attenzione, c'era veramente di tutto di più; fino a quando il mio sguardo cadde sull'angolo bar: sullo sgabello stava seduto un ragazzotto che indossava una serafino di un azzurro chiarissimo, a costine che ne evidenziava appieno il dorso. Le maniche erano calate fino alle nocche della mano, e sorseggiava un martini dry giocando leziosamente con la ciliegina come se fosse una barchetta. Era un immagine un po' buffa e al tempo stesso sexy… Aveva la barba lunga di qualche giorno, e le orecchie piccole e rosse, forse per il troppo caldo, o per il troppo alcol. In effetti non sembrava si divertisse molto, e dopo un più accurato esame mi accorsi che il ragazzo stava veramente esagerando nel bere, senza curarsi troppo del mix che stava facendo. Per tutta la serata continuai ad osservarlo dalla mia poltrona, anche mentre chiacchieravo distrattamente con gli altri invitati; lo guardavo mentre con il pollice sfiorava amorevolmente il suo labbro inferiore, me ero come ipnotizzato; fino a quando decisi che forse aveva bisogno di una mano… Mi accorsi che seduto accanto a lui c'era un mio amico, mi avvicinai e gli dissi che un certo Paolo lo cercava disperatamente da più di un ora, e che probabilmente ora era in giardino con un tizio; lui si alzò immediatamente lasciandomi così libero lo sgabello vicino al ragazzo. Lo guardai da vicino, e mi accorsi che aveva due occhi blu come l'oceano, profondi e dolci come mai avevo visto; in realtà mi sembravano anche piuttosto lucidi, come se dovesse iniziare a piangere da un momento all'altro. E sempre stato più forte di me, quando vedo dei casi disperati mi ci tuffo a pesce, non so credo che sia colpa del mio spirito da crocerossina. Stavo pensando ad una frase simpatica con la quale attaccare bottone, quando lui mi apostrofò con un: "Che c'hai da guardare, mai visto uno che cerca di prendersi una sbronza?" "Se è per questo ne ho visto più di uno, ed è per questo motivo che volevo chiederti se avevi bisogno di qualcosa." "Si, e chi ci crede, voi froci siete tutti uguali, pensate solo ad una cosa" "Ah, perché voi etero - dissi con tono borioso - pensate a qualcos'altro?" Non so perché dissi quelle parole, in effetti non mi aveva mai sfiorato il dubbio che potesse essere etero, ma dopo il tono di quella sua affermazione… "Guarda che lo so, che voi non aspettate altro che portarvi a letto uno normale, vi eccitiamo da impazzire…" e cosi dicendo si carezzò i pettorali… " Ma lo sai che sei proprio cretino, se tutti gli etero sono come te, preferisco stare con gli anormali, come dici te…" Non potevo crederci, un visino così dolce e un carattere così di m…., bip! Mi alzai e me ne andai, non valeva la pena di perdere tempo con lui. "Ehi, dove vai?" sentii alle mie spalle; mi voltai e vidi quell'idiota che cercava di venirmi dietro, ma cadde rovinosamente a terra. Mi avvicinai a lui, per vedere per l'ennesima volta se voleva accettare il mio aiuto. Gli porsi la mia mano; ma lui, spocchioso quanto brillo, non l'accettò. "Ce la faccio benissimo da solo…" esclamò con arroganza.

Con prepotenza lo afferrai per una spalla e lo aiutai a sollevarsi, lui immediatamente si strattonò, andando a scontrarsi con un ragazzo, che a dire il vero lo guardò un po' male… "Lo vedi che non ti reggi neanche in piedi, dove vorresti andare in questo stato?" "Lontano da te" replicò lui seccamente. Mi allontanai, proprio come voleva lui, mi immersi nel clima della festa, non pensandoci più. Ad un certo punto mi ritrovai in cucina con un altro ragazzo che conoscevo, stava mangiando il gelato, mi sedetti vicino a lui, cominciai anch'io a trangugiare il gelato con fare famelico, ad ogni affondo del cucchiaino mi sentivo peggio. Prendemmo a parlare di uomini, e improvvisamente ebbi come una sensazione di déjà-vu, mi sembrava di essere in uno di quegli orribili telefilm in cui le protagoniste si ritrovano nel cuore della notte in cucina, armate di cucchiaino e enormi barattoli di gelato e parlano dei loro problemi di cuore. Di scatto mi alzai, mi sentivo come se mi mancasse l'aria; attraversai il fragore del salone per arrivare in giardino, e provare a rilassarmi un po'. Mi appoggiai ad un muro con la spalla e cercai di guardarmi attorno, alla ricerca di qualcosa che mi desse un po' di sollievo; il panorama era piacevole, pur non avendo nulla di speciale. Improvvisamente in lontananza, vicino ad un albero, sentii degli strani rumori, inizialmente pensai che fosse qualche animaletto, ma ad un analisi più attenta si rivelò essere una persona intenta a emettere suoni un po' gutturali, sembrava che qualcuno stesse… vomitando. La mia repulsione iniziale fu vinta non so grazie a quale stratagemma, mi avvicinai e mi accorsi che… Sorpresa! Il malcapitato era il ragazzo sbronzo di prima. Subito mi dissi:" Lascialo stare, perché sicuramente farà storie" stavo indietreggiando quando lui destato dal rumore dei miei passi si girò e mi disse: "Ma tu sei sempre tra i piedi?" "Non questa volta…" Feci per incamminarmi, quando lui gridò: " Mi lasci così, io sto malissimo" "Chissà come mai." "Di madre ne ho già una, se mi devi fare il sermone vai pure" fu in quel preciso momento che realizzai, vedendolo chino e disorientato, che questa volta aveva veramente bisogno di aiuto. "Vieni con me, andiamo in casa" Passai il suo braccio attorno al mio collo e lo afferrai per la vita. Lungo il cammino, improvvisamente lo sentii dire: "Non ce la faccio più", si accasciò vicino alla siepe e iniziò a vomitare, sudavo freddo dal disgusto, ma dovevo aiutarlo, almeno a sorreggersi. Poggiai delicatamente una mano sul suo petto e l'altra sotto il mento, per reggergli la testa. Nonostante la situazione non fosse congeniale ero tutto un fremito, potevo sentire il suo cuore battere affannosamente sotto il palmo della mia mano, sentivo il suo addome contrarsi nel tentativo di espellere quell'ospite indesiderato. Fortunatamente dopo poco si riprese, e lo accompagnai in bagno, poverino era ancora tutto scombussolato, assolutamente non in grado di far niente da solo. Lo aiutai a sciacquarsi la faccia, sfiorando i suoi lineamenti delicati, le sue labbra, la sua barba ispida. Nel frattempo la festa stava per finire credo, sentivamo il vocio delle persone via via sempre più distante. Decisi che per lui sarebbe stato meglio star fuori all'aria aperta, lo condussi sul divanetto sotto il portico, ci sedemmo; gli chiesi se se la sentiva di star qualche minuto solo, giusto il tempo di preparagli qualcosa di caldo. Tornai più velocemente che potei, con due tazze di una bevanda calda, antica ricetta di famiglia, che in questi casi si è sempre dimostrata utilissima; era li, indifeso col suo faccino tenero e dolce, veramente un'altra persona rispetto a prima. Non appena mi avvicinai lui mi sorrise, per via delle tazze, che avevano dei buffissimi disegni sopra; non dimenticherò mai quel sorriso innocentemente sexy. Afferrò la tazza a due mani, e incominciò a bere, dalla parte centrale del bordo; lo sorseggiava con parsimonia,. Mentre aspettava che si raffreddasse, con un dito giocava con il bordo della tazza, segnandone la circonferenza. Ci furono lunghi attimi di silenzio, sembravamo su un altro mondo, non sentivo nulla, ero come immerso in una atmosfera surreale. L'illuminazione bassa del giardino, il canto dei grilli, rendevano il tutto più incantevole. Notai che la sua maglia era bagnata su di un lato, l'effetto umido metteva in risalto una parte del suo torace piatto come una tavola da surf. Senza dir nulla appoggiò la sua testa sulla mia spalla, dolcemente. Pensai:" Se il Paradiso non è così, ci deve almeno somigliare tanto" Potevo sentire il suo respiro e il suo profumo, gli chiesi se si sentiva un po' meglio, non ottenni risposta, con mio grande stupore mi accorsi che si era addormentato. Con grande delicatezza mi alzai, facendo attenzione a non svegliarlo, lo presi in braccio e lo portai in casa. Lo sistemai nel letto, lo ammirai rapito nuovamente, gli levai le scarpe e i calzini, gli sfilai la serafino e per un attimo mi mancò il respiro. Mi dissi tra me e me: e chi torna a casa questa sera?" Rinsavii, ma non per molto; lo coprii con un plaid, e rimasi un po' lì a guardarlo. Non resistetti, avvicinai le mie labbra alle sue e gli diedi un piccolo bacio: come erano deliziosamente morbide. Pensai che avevo fatto abbastanza danni e fuggì via, incontrai Fra che mi chiese che fine avevo fatto, dal momento che nessuno aveva avuto più mie notizie nelle ultime ore. Gli spiegai la situazione per sommi capi, e lo avvisai che nella sua camera degli ospiti c'era un tizio che dormiva. Iniziò subito a fare battute cretine, ridendo lo salutai e me ne andai; con un solo pensiero nella testa: Riccardo. Mi rigiravo nel letto pensando alla follia dell'intera situazione, a quanto avevo rischiato a dargli quel bacio, se si fosse svegliato che cosa sarebbe potuto succedere? Non mi interessava, volevo solo avere nuovamente l'occasione di poterlo rifare. La mattina seguente, quando mi svegliai compresi maggiormente la gravità dell'accaduto, in tutti i sensi, e mi ripromisi di non pensarci più, comprendendo che quella era una strada che non portava a nulla di buono. La giornata trascorse tranquilla, fino a quando non suonò il telefono; andai a rispondere, e sentii una voce poco famigliare dall'altra parte. "Pronto, sei Simone?" "Si, sono proprio io - esclamai - posso esserti d'aiuto?" "Ma mi hai riconosciuto?" "Temo proprio di no…" "Vediamo… sono quello che ieri dopo averti insultato, ha avuto un disperato bisogno d'aiuto da parte tua…" "Ah, l'etero di merda, dissi ridendo" "Si, proprio, io. Ieri sei andato via senza che io ti potessi ringraziare per tutto quello che hai fatto per me" "Figurati, l'avrei fatto per chiunque…" "Beh, io volevo sdebitarmi in qualche modo. Perché non andiamo a mangiar fuori, conosco un ristorantino dove si mangia molto bene; certo tutto questo senza che tu ti metta strane idee in testa… a me continuano a piacere le ragazze" "D'accordo - dissi io . ci vediamo lì per le nove. Non appena riattaccai presi ad insultarmi, che cosa avevo in testa? Poi mi risposi che a me soffrire e sempre piaciuto, e le storie semplici le ho sempre trovate noiose. Arrivò la sera, arrivai al ristorante e lo vidi seduto ad un tavolo vicino alla finestra, si voltò accorgendosi così della mia presenza e mi fece cenno con la mano. Mi avvicinai al tavolo, ci salutammo, mi accomodai e ordinammo. "E' stato difficile da trovare?" mi chiese lui; "No" risposi io. All'inizio la conversazione stentava a partire, e nella mia mente pensava che era naturale che fosse così, praticamente non ci conoscevamo, e non avevamo niente in comune, e lui da parte sua forse aveva solo un forte senso del dovere… La situazione si scongelò quando iniziammo a bere del buon vino, anche se quasi immediatamente iniziai a prenderlo in giro: " Senti non ho assolutamente voglia di rifarti da infermiera, stai attento…" All'inizio lui si imbronciò un po', da dopo appena capii che lo stavo solo prendendo in giro mi disse: " E' stato così brutto?" "Beh, non so quale siano le tue idee, ma sorreggere la testa ad un tizio che vomita non è il mio ideale di "seratina romantica…" "Va bé, oramai" C'era però una domanda che mi tormentava da tanto; sapere qual era il motivo del suo sconforto la sera della festa. Mi feci coraggio e glielo chiesi: lui improvvisamente cambiò espressione, ma poi mi disse che la sua ragazza lo aveva tradito, e lo aveva fatto con suo fratello… Di conseguenza si sentiva ferito e tradito, lui si era sempre sforzato di essere fedele, gli costava fatica a volte, ma si era convinto che quella era la cosa giusta da fare, e quando invece scoprì la verità si senti mancare la terra da sotto i piedi… Accidenti, che storia… Cercai di ricorrere ai ripari e di formulare una domanda meno impegnativa, anche perché avevo notato che il suo sguardo stava diventando velato. "E che cosa ci facevi a una festa di froci?" esordii io. "Beh, vedi il ragazzo di Francesco ed io ci conosciamo dai tempi dell'asilo, siamo molto amici e poi avevo pensato che sarebbe stata una buona occasione per distrarmi… Ma adesso faccio io qualche domanda: sei mai stato con una donna?" "Accipicchia, come sei originale… risponderò comunque… No, non c'ho mai neanche pensato a fare una cosa del genere; e tu, sei mai stato con un uomo?" Improvvisamente divento rosso, e con un'espressione di stizza ,come se gli avessi mai chiesto se avesse ucciso qualcuno, replicò: "No, e non c'ho mai neanche pensato." "Ah, sei originale anche nelle risposte… ma diciamoci la verità, quando eri ragazzino, con i tuoi amichetti vi toccavate, eh?" Si colorì nuovamente, e non riusciva a rispondere. "Guarda che è una cosa normale, una fase della crescita, non te ne devi vergognare" "No, è che non ci avevo mai più pensato" "Allora ti ho beccato, ci sono delle ombre nel tuo passato…" esclamai ridendo, lui annuì con rassegnazione. Arrivò il momento di andar via, uscimmo dal ristorante e mi disse: "Dove hai la macchina?" "E chi ti ha detto che ho la macchina?" "Mi sembrava una cosa scontata" "Scontata come toccarsi tra ragazzini?" "Ma la vuoi finire con questa storia? Tanto non ce n'è…" "E chi ti ha detto che io da te voglio qualcosa? " "Nessuno…" "Quella lì è la mia moto, andiamo" "Non credo proprio, ho il terrore di tutto ciò che ha due ruote" "Perché non ti fidi di me?" Mi chiese con quell'espressione eterea. "Francamente no" replicai io seccamente. "Non credo tu abbia molte altre scelte" "Dai, facciamo una prova, dopo un pezzettino di strada mi fermo e ti chiedo come va? Ok?" Avrei voluto dire di no, ma non ci riuscii, con quella sua voce flautata avrebbe potuto chiedermi ciò che voleva… "Dove ti porto?" "A casa tua" dissi io ironicamente; ma quando mi accorsi del suo sguardo di disapprovazione gli dissi: " A casa di Francesco, dormo lì stanotte." Montai sulla moto, tenendomi dietro, ma quando partì fu più forte di me: mi abbracciai a lui, non mi importava cosa sarebbe successo, o cosa avrebbe detto. Fu allora che mi ritornò alla mente la sera della festa: la sua testa poggiata sulla mia spalla, la sua espressione un po' malinconica, e quel casto bacio sulle sue labbra vellutate. Quel bacio, cosa avrei dato per poter riassaporare le sue dolci labbra… La complessità dei miei pensieri fu interrotta bruscamente da un: "Se mi stringi così forte non respiro…" "Scusa, ma è che ho paura…" "Non ti preoccupare ci sono qua io!" in quel preciso istante, se fossimo stati in un film avrei premuto il tasto "pausa" del videoregistratore, ma sfortunatamente o fortunatamente quella era vita reale. Arrivati a destinazione scesi dalla moto con un po' di timore e con un po' di vergogna, non avevo il coraggio di guardarlo di nuovo dritto negli occhi; fino a quando lui non esordì con un: "Vedi, ce l'abbiamo fatta, sani e salvi" "Bravo sei riuscito in un'impresa impossibile, sono salito sulla tua moto, ma non lo dire a nessuno perché già immagino i commenti…" "Come vuoi tu"

"Non entri a salutare Francesco?" "No, non mi sembra il caso" Eravamo lì, nello scenario del nostro primo incontro, io avevo una voglia matta di sentire le sue mani sul mio corpo, la mia bocca sulla sua, eppure sapeva quanto questo fosse improbabile. Lo ringraziai per la serata e per il passaggio, si avvicinò per salutarmi, stringemmo le nostre mani, tremavo al solo stargli vicino, ci guardammo fissi negli occhi, mi perdevo nei suoi e lui ammirava la brillantezza dei miei, lentamente si avvicinò a me, sentivo il suo respiro sempre più vicino al mio viso, percepivo il suo calore, distinguevo la palpitazione del suo corpo, lentamente e dolcemente accostò le sue labbra alle mie, in maniera molto esitante. Il bacio lentamente cresceva, con fervore, facendosi più appassionato, sentivo la sua bocca calda e premurosa premere sulla mia, come in un flash back mi ritornò alla mente la sera dell'incontro, e quanto avrei voluto che succedesse, mi sembrava di sognare ad occhi aperti. Sentivo il calore del suo corpo racchiudermi, la delicatezza dei suoi movimenti combinati all'impeto del bacio quasi mi stordivano… Fino a quando improvvisamente si scostò bruscamente da me, mi guardò con gli occhi lucidi e uno sguardo smarrito… "No, io non sono così!!!" "Qual è il problema?" chiesi affettuosamente io. "Il problema sei tu." Replicò aspramente lui. Cercai di avvicinarmi a lui nuovamente, e con fare comprensivo cercai di fargli capire che poteva fare qualsiasi cosa avesse voluto, doveva solo assecondare i suoi desideri, e tutto sarebbe stato più facile. "Sarà facile per te! Io non voglio!!!" "Davvero?" Chiesi io con fare provocatorio. Allungai una mano verso la patta dei suoi pantaloni e iniziai a sondare la sua eccitazione. "E questo come te lo spieghi allora?" In quel preciso istante mi sferrò un cazzotto micidiale in pieno viso; la forza fu tanta che cadetti al suolo. Lui mi guardò, probabilmente un po' pentito del gesto violento. "Ti ho fatto male? Scusa, non volevo" "Vattene via, stronzo! Sei solo un piccolo uomo che ha paura delle sue emozioni. Nessuno ti chiedeva fosse una scelta per la vita…" "Ma tu sanguini" "Non mi toccare!!!" "Aspetta, ho un fazzoletto" e bloccandomi la mano iniziò a tamponarmi il labbro lacerato. "Va un po' meglio?" mi chiese preoccupato. "Un casino…"

"Mi amareggia averti fatto questo, ma non me la sento…" Prima di andarsene mi diede un bacio a fior di labbra, dopodiché si allontanò senza neanche voltarsi. Adesso ogni qual volta che qualcuno sfiora le mie labbra la prima sensazione che mi affiora alla mente e il suo ricordo, dolce e triste al tempo stesso.

io sono qui: setmefree@tin.it

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