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La Piscina del Sesso

by Marie Terèse de C.


In mancanza di mare m'accontentai d'una piscina, piastrellata d'azzurro, con tre getti d'acqua che versavano una spuma bianca. Vietato tuffarsi e obbligatorio l'uso della cuffia. M'immersi sospirando, era il mio primo bagno della stagione e provai quasi un senso di smarrimento che ben presto divenne abbandono assoluto, rilassamento profondo. Qualche bracciata in avanti, con lo sguardo rivolto in sù, poi una repentina rotazione sulla schiena e altrettante bracciate a dorso, fino al bordo estremo della piscina. Approfittai della violenza del getto d'acqua per godermi un massaggio alla cervicale. Con gli occhi socchiusi e totalmente sordo per il rumore, il getto mi si rovesciava sulla testa, con una potenza enorme, come se volesse sfondarmi il cranio. Eppure provai un gran piacere, come sempre. Lanciai un'occhiata all'orologio e alle mani che s'erano fatte rugose ai polpastrelli e biancastre per il cloro.Uscii sfinito, come se avessi combattuto con un leone in un'arena. Con la vista ancora annebbiata cercai l'insegna delle docce, ma in vano. M'annusai il braccio e avvertii un odore pungente, di sostanza chimica. Ciò mi spinse ad una più energica ricerca delle docce e mi feci portare dall'istinto. Salii una piccola rampa di scale e giunsi alla sommità di essa, mi fermai e come un indiano annusai attorno, tesi l'orecchio. C'ero vicino. Mi voltai e continuai il cammino ma realizzai per istinto il mio allontanamento dalle probabili docce. Ritornai indietro e mi bloccai nuovamente nello stesso posto. Riannusai l'aria e tesi ancora l'orecchio. Questa volta sentii chiaramente uno scroscio d'acqua, inconfondibile. Ad esso si aggiunsero schiamazzi e risa e poi altri scrosci. Tutto ciò proveniva da una fenditura posta quasi sotto i miei piedi, all'altezza dell'ultimo scalino. Erano le docce, e l'entrata era a metà rampa di scala, senza nessun'insegna. Aprii la porta e mi trovai davanti un'altra rampa di scale in discesa. L'aria era umida e bagnaticcia, ma appena giunsi al termine delle scale fui colpito da una zaffata di aria fresca, aromatizzata. Le risa, che prima mi erano giunte molto chiaramente, si erano dileguate con la mia entrata nelle docce. Ora le avvertivo in sordina e mi feci condurre da esse, anche perché con tutta franchezza le docce non le avevo ancora trovate. Spinsi una porta che non si aprì, poi un'altra che s'affacciava su un deposito di oggetti vari, infine spinsi l'ultima che era in angolo. Le risate esplosero, come se avessi aperto un barattolo sotto vuoto con schiamazzi compressi. Uno stanzone illuminato a giorno, il cui soffitto era a vetri smerigliati e sotto i getti delle docce, accalcati come una squadra di calcio che festeggia una vittoria, un gruppo di ragazzi, di non più di vent'anni ciascuno. Avevano gettato le cuffie e i costumi dove capitava e si stavano sbellicando dalle risate. Erano tutti di spalle, come se nascondessero qualcosa. Appena mi videro sembrarono cambiar d'umore, ma non riuscirono a trattenere le risate e si rivolsero lo sguardo l'uno con gli altri. Mi levai il costume e appoggiai la cuffia ad un'appendi abito. Occupai l'ultima doccia libera e aprii il getto caldo. Mi volsi alla mia destra, e mi accorsi che il ragazzo che mi era a fianco si era voltato con tutto il corpo come se si vergognasse di me. Gli osservai il culo, che era molto piccolo e ben formato, le natiche erano messe in risalto dall'abbronzatura mancata. Questi si voltò verso di me e mi lanciò uno sguardo veloce, io l'osservai con la stessa repentina velocità e scorsi in lui qualcosa di familiare. Forse accadde la stessa cosa a lui. Ci voltammo nuovamente, ma questa volta quasi contemporaneamente. Era Fabio, un ragazzo che avevo conosciuto pochi giorni prima ad una festa, ed erano bastate poche ore perché tra noi nascesse una forte sintonia. Ci riconoscemmo e ci voltammo l'uno di fronte all'altro. Gli altri erano suoi amici, che tirarono quasi un sospiro di sollievo nell'apprendere la nostra conoscenza. Gli schiamazzi ripresero lentamente, come un treno a vapore che ricomincia la corsa. L'ultimo della fila si diresse verso la porta e la chiuse a chiave. - Ricominciamo- disse - anche con lui - e mi indicò con lo sguardo illuminato da due spilli di luce quasi diabolica. Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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La Piscina del Sesso

In mancanza di mare m'accontentai d'una piscina, piastrellata d'azzurro, con tre getti d'acqua che versavano una spuma bianca. Vietato tuffarsi e obbligatorio l'uso della cuffia. M'immersi sospirando, era il mio primo bagno della stagione e provai quasi un senso di smarrimento che ben presto divenne abbandono assoluto, rilassamento profondo. Qualche bracciata in avanti, con lo sguardo

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Web-02: vampire_2.0.3.07
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