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Le regole del desiderio-VI John e Riccardo

by Galeazzo_45


Le regole del desiderio Capitolo VI John e Riccardo

La Contessa Maria Antonietta Bruglia De Pisis fece irruzione con passo deciso nell’ampio salone del casale, seguita dall’immancabile Ambroise, vestito di tutto punto e assai accaldato nella giacca grigia a bottoni d’oro che lo fasciava fino al mento. Era venuta a controllare la sua proprietà, decisa a metterla in ordine e pronta da affittarla a peso d’oro ad una famiglia di ricchi Americani. Ma per poco non svenne quando si trovô davanti, nella penombra la figura massiccia del Capitano di polizia: ripresasi dallo spavento, si aggiustô il cappello di paglia e cinguettô: Ma ê lei capitano! Sicuramente nel pieno delle sue funzioni; Oh , com’ê bello sapere che la forza dell’ordine non ci abbandona mai! Sa che lo scorso mese alcuni giovinastri erano entrati qua dentro per celebrarvi delle Messe Nere? Maurizio, sistematosi alla bell’e meglio cercô di rispondere con prontezza, dicendo che in effetti era in corso una ispezione in vari casali disabitati; ne aveva approfittato anche per far fare un giretto al figlio, che, appunto le presentava. Davide, che si era appena tirato su i pantaloni, non sapeva se rallegrarsi per aver scampato la rottura del culo o dover rimpiangere una grande occasione persa, e porse di mala voglia la mano alla contessa. Ma ê Davide, urlettô la signora, ê il miglior amico di mio nipote Romeo, sono entrambi al collegio del Divino Amore! Pur nell’imbarazzo del momento, Maurizio si ricordô bene chi era Romeo, lo spione dei cetrioli, quello a cui aveva promesso in cuor suo una punizione esemplare a base di manganello di carne. Ambroise, che nel fratttempo approfittava per asciugarsi il viso con un fazzoletto di seta, lo fissô con aria indagatrice e fu allora che Maurizio si accorse con terrore di avere lasciato la zip dei pantaloni aperta; Ambroise accennô a un sorriso beffardo, che diceva piû di ogni commento che aveva capito tutto. Maurizio prese una scusa, dicendo che aveva fretta e si avviô deciso alla porta seguito dal figlio imbarazzato e insoddisfatto. Maurizio lo invitô rudemente a salire in moto, e Davide lo sentî ancora bestemmiare e appellare la Contessa una rompicoglioni cagacazzi. A questo punto il Capitano doveva recarsi in Ufficio e la soluzione migliore gli parve quella di portare presso l’allevamento-maneggio del suo amico Giovanni, detto John, dove Davide avrebbe potuto imparare ad accudire i cavalli, la sua grande passione, approfittando anche della presenza del figlio Riccardo, di un anno appena maggiore di lui. Il maneggio di John distava solo pochi kilometri in pianura e presto la grossa moto di Maurizio irruppe trai bassi edifici delle stalle e gli steccati adibiti alle passeggiate a cavallo dei giovani cavallerizzi. Essendo ancora mattina abbastanza presto, sembrava che il luogo fosse deserto. Maurizio, sceso dalla moto, fece cenno a Davide di seguirlo nel basso edificio grigio e presto si trovarono nella tipica stalla, con intenso odore di stallatico, con diversi box occupati da cavalli di varie età e colori. In una di questa videro John, che stava rifornendo di fieno la greppia di una bellissima cavalla baia dalla criniera bionda. Appena sentî il rumore dell’incedere di padre e figlio, John si voltô e salutô con un largo sorriso l’amico, detergendosi con una mano la fronte imperlata di sudore. Davide rimase incantato dalla vista di quell’uomo, che ispirava subito un senso di magnifica mascolinità: dell’età circa del padre, non molto alto, ma muscoloso e peloso in ogni parte scoperta del corpo, le gambe arcuate di chi molto ha cavalcato in gioventû, indossava due stivali di cuoio al ginocchio e un paio di jeans sporchi e scoloriti soprattutto in corrispondenza del grosso pacco che tendeva il davanti e che subito diede un brivido a Davide. Possibile, pensava, Davide, che tutti gli amici di mio padre siano cosî sexy e che appena li vedo mi venga sempre da pensare a quello che hanno sotto i pantaloni e che me lo facciano diventare duro senza neanche vederli nudi? In collegio aveva passato anni insieme a ragazzi efebici e frati che avevano fatto dello spirito la loro ragione di vita, ed ora, tutto a un tratto, si trovava dinanzi un mondo fatto di carne, di sangue pulsane, di energia sessuale che sembrava uscire incontenibile da quei corpi muscolosi e il desiderio di sentirne la virilità nelle parti piû intime del suo corpo diventava incontenibile. E intanto guardava le grosse braccia muscolose con cui suo padre e John si scambiavano pacche sulle spalle, la camicia a scacchi semisbottonata dell’uomo da cui usciva una folta pelliccia di peli neri che arrivava fino alla base del grosso collo taurino, il suo lucido cranio pelato, la mascella ricoperta dalla barba di un giorno, l’avambraccio destro ricoperto da un complesso tatuaggio barbarico e soprattutto, il bel sorriso, simpatico e accattivante: insomma una stupenda bestia da monta che induceva nel ragazzo i piû spinti e inconfessabili desideri. Maurizio si voltô verso di lui e lo presentô a John, che gli diede una forte stretta di mano, dicendo con un bel sorriso: Vedrai che ti troverai bene, se ti piacciono i cavalli. Tra poco sarà qui il mio figliolo, Riccardo, che ti insegnerà ad accudire le bestie-perché questa sarà il tuo primo compito; solo in seguito potrai incominciare a cavalcare, solo quando avrai imparato a conoscere bene questi splendidi animali. Ma lascia che te li presenti e cosî dicendo John, incominciô a descrivere i vari animali presenti nella stalla, chiamandoli per nome, scherzando con loro, dispensando carezze e qualche scappellotto, a seconda dei casi. Si soffermô in particolare su di un cavallino appena nato, che accarezzô con grande tenerezza, baciandogli il muso e dandogli uno zuccherino, un atteggiamento dolce e paterno che non sfuggî allo sguardo attento di Davide, desideroso di carpire i sentimenti di quell’uomo apparentemente cosî virile e quasi brutale nel suo aspetto esteriore. Fu poi la volta di Ringo, il magnifico stallone nero che aveva generato il puledro, accoppiandosi con la bella giumenta baia Charlotte. Qui l’atteggiamento di John cambiô decisamente, tutto preso a declamare le doti di bellezza, i muscoli lisci e possenti e, soprattutto, le capacità generative dello stallone nero. Proprio in quel momento arrivô sbadigliando Riccardo: sembrava un ragazzo un po’ indolente, con una bella capigliatura di riccioli neri, e un fisico morbido, sicuramente sovrappeso, che soprattutto si concentrava nel grosso culo a mala pena fasciato da un paoio di calzoni sformati. Una volta presentato a Davide, Dante gli pose una mano morbida e flaccida e Davide dovette constatare la grande differenza fisica tra il padre, tutto muscoli e peli e il figlio, cosî morbido e quasi femmineo. A questo punto Maurizio salutô gli altri e John incominciô a descrivere i vari compiti della giornata, dedicati soprattutto alla pulizia della stalla e al rifornimento di cibo degli animali. Da ultimo i ragazzi avrebbero dovuto strigliare e lavare Ringo, dopodichê, dopo una rapida doccia e cambio di abiti, sarebbero andati tutti a cena con Maurizio in un ristorante celebre per le sue eccezionali costate di manzo. Durante il lavoro i due ragazzi socializzarono e da certi atteggiamenti e certe frasi Davide capî che anche a Dante piacevano gli uomini maturi e virili , e, morendo dalla curiosità di sapere se aveva delle fantasie sul padre, a un certo punto disse: Lo sai che tuo padre ê un gran bell’uomo? Lo hai visto nudo qualche volta? Certo, rispose Dante, quando non ci sono estranei per casa , spesso gira completamente nudo e poi.. ti dirô la verità, ê già qualche anno che mi piace spiarlo quando fa la doccia o quando piscia. Devo dire che anche tuo padre ê veramente affascinante e poi con quella divisa da poliziotto… E..come ce l’ha? chiese sempre piû curioso Davide. Che cosa? Rispose Riccardo facendo lo gnorri. Il cazzo, no? Beh, quello ê uno spettacolo della natura, e cosî dicendo fece il gesto dell’avambraccio per indicarne la lunghezza e accostô le dita a cerchio per indicarne la grossezza. E tu l’hai visto quello di tuo padre? Deve averlo enorme… Davide non voleva rivelare che non solo lo aveva visto in tutta la sua gloria, ma l’aveva spompinato la mattina stessa, tanto che sentiva ancora il sapore intenso della grossa nerchia che gli scavava la gola. Per cui restando nel vago, disse “si, decisamente si difende bene”. A un certo punto, Dante, assumendo un’espressione oscena, disse: Ne vuoi vedere uno veramente grande? Vieni con me e lo invitô a seguirlo nel box dove lo stallone Ringo stava tranquillamente mangiando la sua biada. Aspetta e vedrai, gli disse. Dopo di che andô verso il box di Charlotte e sollevandole la coda le passô ben bene una spugna sulla grande vulva dai bordi spanati e, ritornato dallo stallone gliela sfregô sul muso. Subito la reazione di Ringo non si fece aspettare, emise un poderoso nitrito e cercô di levarsi sulle zampe posteriori: nel frattempo dal cappuccio che lo conteneva incominciô ad allungarsi un membro poderoso, che presto raggiunse una lunghezza di almeno 50 cm: era uno spettacolo vederlo, scintillante di liquido prespermatico che gocciolava dalla punta, colorato di rosa a chiazze nere. Riccardo, che evidentemente lo aveva fatto spesso, stava per incominciare a toccarlo e masturbarlo, quando in quel momento si sentî la voce stentorea di sua padre che urlô: Ehi, voi due, che cazzo fate? Poi, rivolgendosi al figlio:Te lo detto ancora che non devi eccitare Ringo. Adesso ti meriti la punizione che sai. No, papà, ti prego, mi fai male, lo sai che ê troppo grosso per me.. Davide era allibito, non capiva dove Dante voleva andare a parare, ma presto capî. Il padre ingiunse al figlio di togliersi pantaloni e mutande e bruscamente lo fece chinare , in ginocchio e con le braccia tese in avanti sulla balaustra del box del cavallo. Quando il ragazzo fu in posizione, con il culo nudo ben scoperto ed indifeso, prese uno staffile e incominciô a percuoterlo con metodiche e forti staffilate che lasciavano sulla pelle nuda bianca e delicata, delle profonde striature rosse. Dopo circa dieci minuti, mentre Riccardo non finiva di piagnucolare, chiedendo pietà e promettendendo di non farlo mai piû, John, disse, Adesso viene il bello, piccola troia! Tu, disse rivolto a Davide, allargagli bene le chiappe, adesso ti faccio vedere come prende il cazzo sto rotto in culo! Davide eseguî l’ordine mentre l’uomo si spogliava, senza fretta. Prima si tolse gli stivali, poi si sbottonô la camicia , facendo emergere un torace talmente villoso che non si vedeva un centimetro di pelle nuda. Infine si sfilô i logori jeans: sotto un perizoma attillato si protendeva oscenamente tra le muscolose cosce, lasciando intravedere distintamente le forme della immensa virilità che conteneva a fatica. Ma era evidente che prima dell’atto, voleva ancora preparare il figlio: dopo essersi palpato a lungo e senza ritegno i genitali, prese un barattolo di grasso che usava per le borchie della sella, ed unse la parte del manico dello staffile, e mentre Davide faceva del suo meglio per tenere aperte le chiappe di Riccardo e ben il vista il buchetto roseo e palpitante, John, gli spinse brutalmente il manico dentro per circa 10 cm: Riccardo urlô forte, ma John, non fu mosso a nessuna pietà ed anzi gli disse, E’ meglio che ti prepari perché sai bene che quello che sto per metterti ê ben piû grosso! Nel frattempo con l’altra mano non cessava di di accarezzarsi e di allungarsi il cazzo, che presto assunse una dimensione a dir poco cavallina: sembrava una specie di mazza da baseball, con un groviglio di grosse vene in rilievo e una cappella dalle dimensioni di un pugno, lucida e stupendamente in rilievo rispetto al resto dell’asta. E fu qui che Davide rimase sbalordito da quello che vide: la cappella era ornata di un tatuaggio, un grande tatuaggio blu che rappresentava la testa di una tigre, con la bocca dotata della terribile dentatura della belva, che circondava il meato del glande, per cui all’aumentare dell’erezione, sembrava che aprisse completamente le fauci, in uno spettacolo di barbarie animalesca, prima di penetrare il culo del malcapitato e farne, letteralmente, un sol boccone. Davide era rimasto a bocca aperta e quando John lo vide, ridendo disse: Beh, non hai mai visto un cazzo vero? Dopodichê intimô a Davide di allargare bene le chiappe al figlio, e dopo essersi sputato piû volte sulla cappella, con un gesto deciso e senza esitazioni la puntô in corrispondenza del buco e con una spinta brutale riuscî ad infilarla tutta in un colpo. L’urlo di Riccardo fu fortissimo, e il ragazzo cercô di divincolarsi, ma il padre lo teneva stretto in una morsa con le sue forti braccia muscolose, dicendogli: Lo sai che non c’ê niente da fare, ormai lo prenderai tutto su per il culo e tutti i tentativi che fai per farlo uscire, non fanno che aumentare il mio gusto! Davide era incredulo a quanto stava vedendo, e soprattutto non capiva come lo stretto pertugio del ragazzo avrebbe potuto ospitare quel mostruoso palo di carne. Era incredibile vedere il ragazzo con il volto appoggiato alla staccionata, i morbidi riccioli neri scomposti, rosso per lo sforzo e la vergogna di essere profanato cosî brutalmente e proprio davanti al suo nuovo amico; ma John non si fece impietosire e con spinte sempre piû decise riuscî a spingerlo dentro tutto, tantê che ormai il ruvido pelo pubico era a completo contatto con il buco aperto allo spasimo. E qui Davide ebbe la seconda sorpresa perchê al padre che gli diceva con voce bassa e sensuale: Ora lo hai tutto dentro, vuoi che lo tiri fuori? Dante rispose, No, papà ti prego non lo tirare fuori, fottimi, chiavami, fammi sentire la tua troia! E John, da uomo esperto, incominciô una lenta, oscena, bestiale inculata, alternando lunghe spinte a cui seguiva il ritiro quasi totale dell’organo a piccoli e rapidi colpetti inferti in rapida successione quando il cazzo era completamente immerso nell’intestino di Riccardo. La senti la tigre come ti sfonda il culo? Gli diceva e intanto si appoggiava alternativamente su una sola gamba per spingere ancora di piû l’enorme testa del cazzo nelle viscere del ragazzo, in modo da esplorarne i recessi piû nascosti e ancora mai profanati. E tu, disse a Davide, massaggiami i coglioni! Davide afferrô allora le grosse palle pelose e sudate dell’uomo, assecondandone i movimenti mentre l’enorme asta venosa aumentava sempre di piû il suo ritmo di entra ed esci nel buco aperto allo spasimo. La sensazione che che diedero le grosse palle dell’uomo a Davide fu incredibile: ne sentiva il peso morbido, il movimento che accompagnava l’entrata e l’uscita del cazzo nel culo ormai sfondato del figlio e gli venne voglia di leccarle. L’uomo rispose con un grugnito di gradimento, mentre Davide lappava i coglioni in modo sempre piû deciso, con il naso sepolto ormai nel pelosissimo spacco del culo di John, che si contraeva ad ogni spinta pelvica. Deciso ad addolcire quella che sembrava una terribile punizione a Riccardo, Davide gli toccô il cazzetto, trovandolo inaspettatamente già duro: era evidente che il ragazzo stava godendo dell’inculata. Ma quando John se ne accorse, ruggî bestemmiando che non lo doveva toccare, perché voleva che il figlio godesse di culo. E presto questo avvenne, quando il padre con una serie di spinte terrificanti che costrinsero Riccardo a tenersi con le mani alla staccionata, lo spinse ancora piû in profondità e con una serie di oscene bestemmie incominciô ad inondare di sborra bollente le viscere del figlio. L’orgasmo fu incredibilmente lungo, con l’uomo che si contorceva nel piacere, i muscoli tesi, l’abbondante sudore che gli colava lungo la selva dei peli del torace e, nello stessso tempo, anche Riccardo , senza nemmeno toccarsi incominciô ad eiaculare, con 4-5 getti di denso seme bianco, e, gemendo di piacere, urlô: Siii, papà.. Dopo essersi accasciato per qualche minuto sulla schiena di Riccardo, John lo sfilô il cazzo dal culo del figlio, e per il piacere dello sguardo di Davide, era ancora duro: era semplicemente immenso, con la cappella in cui la tigre era ormai irriconoscibile perché coperta di merda e di sborra. Abbiamo tutti bisogno di una bella doccia , disse il padre, io vado per primo, poi voi e sbrigatevi perché Maurizio ci viene a prendere tra poco per andare a cena. Riccardo rimase immobile per qualche minuto, a 4 zampe, il culo in aria e Davide potê osservare come il buco era rimasto innaturalmente aperto, rosso, palpitante e come vi usciva in continuazione un rivolo di sborra del padre, una piccola fontana di liquido denso e cremoso che sembrava non aver mai fine. E fu allora che Davide incominciô a leccare il buco, prima lentamente, poi con sempre maggiore avidità e si scoprî un grande amatore della sborra, di quel liquido che già aveva sentito in gola da suo padre Maurizio e di cui poteva sentire ora il differente sapore: giacchê, come avrebbe imparato in seguito ogni uomo aveva un sapore particolare nell’essenza dei suoi coglioni. Questa era piû salata e forte di sapore di quella paterna, ma ovviamente usciva mischiata agli abbondanti umori del culo profanato. Davide accarezzô lentamente i riccioli scomposti di Dante , dicendo, povero amico mio, deve essere stata una punizione tremenda. Ma Riccardo , ancora rosso in volto per lo sforzo, voltô appena la testa e, con grande sorpresa di Davide, disse: “Il piû bel giorno della mia vita”. *** Due ore dopo Davide, Riccardo, Maurizio e John erano seduti all’aperto nella veranda di una trattoria che dall’alto della collina dominava lo splendido paesaggio della valle sottostante. Avevano davanti, nel piatto, delle enormi bistecche sanguinolente, che gli uomini mangiavano di gusto, con i denti bianchissimi che sembravano lacerare la carne in un atto quasi primitivo, con un rivolo di sangue che spesso rimaneva a colorare le labbra sensuali e, nel caso di Maurizio i grossi baffi ben curati. I ragazzi invece mangiavano piû lentamente, e guardavano con aria un po’ trasognata quei magnifici stalloni, che anche nel semplice atto di divorare una bistecca, esprimevano una sensualità che ispiriva i piû reconditi e inconfessabili desideri. Maurizio era venuto a prenderli alla fine della giornata: ora era vestito in borghese, con una maglietta bianca attillata che fasciava il magnifico torace facendone risaltare i muscoli, mentre un ciuffo di rigidi peli neri usciva dal giro collo fino a lambire il collo taurino dove il prominente pomo d’Adamo faceva bella mostra di sé. Indossava anche un paio di jeans che gli aderivano magnificamente al culo sodo, mentre sul davanti il grosso pacco tendeva la stoffa stinta proprio in corrispondenza della magnifica verga delineandone nettamente la forma. L’aspetto era rilassato, si vedeva che era reduce da una lunga doccia corroborante, e la leggera brezza del luogo gli scompigliava i fini capelli castano-dorati, mentre i grossi baffi aumentavano il senso di poderosa virilità di tutta la sua persona. Davide provô un desiderio quasi doloroso quando lo vide, e si ricordô della promessa fattagli dal padre al mattino, prima di essere interrotti sul piû bello da quella rompicoglioni della contessa De Pisis.Ma anche l’aspetto di John non era da meno, con una camicia rosso scarlatto che si apriva sul torace interamente ricoperto dalla selva di peli neri, la stessa selva che Riccardo aveva sentito strusciarsi sulla schiena poche ore prima, quando aveva dovuto aprire le sue parti piû intime ed inviolate per accoglierne l’immensa virilità. Lo sguardo degli uomini sembrava esprimere una grande soddisfazione, la soddisfazione dell’uomo che ha appena sacrificato a Priapo e in effetti, pensava Davide, sembrava proprio che i loro padri fossero quasi dei sacerdoti i cui corpi erano unicamente addetti al soddisfacimento dell’enorme bestia che avevano tra le gambe e che costituiva tutto il loro orgoglio e il loro piacere. (continua) Per commenti o critiche scrivi a galeazzo_45@katamail.com

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