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Andrea e Marco si Incontrano, Parte 1

by Merlino & Ganimede


PARLA MARCO Mi avevi dato un appuntamento. Finalmente, dopo mesi di corrispondenza, ci saremmo incontrati e la cosa mi faceva un gran piacere, ma mi terrorizzava al tempo stesso. La differenza esistente tra le nostre età era troppo grande perché non si facesse sentire in modo negativo al momento in cui ci saremmo guardati in faccia per la prima volta. I tuoi genitori erano andati fuori Roma e si erano portati dietro tuo fratello, cosicché eri restato padrone della casa. Ci saremmo incontrati in casa tua e avrei visto dove dormivi, dove lavoravi, avrei toccato le tue cose e... anche te, speravo. Dovevi essere alla stazione ad attendermi e non vedevo l'ora che il treno arrivasse. Ti vidi dal finestrino. Dovevi essere tu, lo immaginai subito. Eri elegante, snello, con un paio di jeans neri attillati e una camicia a maniche lunghe, con i polsini slacciati e appena rigirati. Era caldo, ma parevi non farci caso, tanto apparivi impeccabile. Avevi i capelli abbastanza lunghi e fui subito assalito dal desiderio di tuffarvi le mani e di carezzarli, facendoli scorrere tra le dita. Il treno si fermò, scesi e mi diressi subito verso il giovane che avevo individuato.. Anche tu ti accorgesti di me e restasti fermo a guardarmi. Ero emozionato, ma cercai di non farlo vedere. - Andrea? - chiesi guardandoti negli occhi mentre le ginocchia mi tremavano letteralmente. Tu sorridesti e mi abbracciasti con entusiasmo. Il primo momento d'impaccio era superato grazie alla grande familiarità acquistata nelle lunghe lettere che ci scrivevamo. Ebbi il coraggio di dirti - Mi dai un bacio? Siamo alla stazione! Ti avvicinasti sollecito e posasti le labbra sulle mie. Sarei rimasto in quella posizione per un secolo, ma poi ti afferrai per un braccio e ci avviammo quasi correndo. Ridevamo felici come se fossimo entrambi due ragazzi. In tassì non potevamo fare a meno di tenere le gambe accostate e ci guardavamo in faccia curiosi di scoprire i nostri tratti e ci fissavamo negli occhi. Io ho anche allungato una mano sul tuo "pacco" che si era evidentemente ingrossato e siamo scoppiati in una felice risata. - Tra poco- mi sussurrasti. Nell'ascensore ci siamo baciati. Ho esplorato la tua bella bocca mordicchiandoti le labbra e la mia lingua si è soffermata sulla tua, ricavandone dei veri brividi di eccitazione. Le mani correvano sui corpi carezzando gentili e i nostri respiri si erano, d'un tratto, fatti affannosi. Finalmente in casa! Mi hai preso per mano e mi hai trascinato in camera tua. Ho visto i due letti, il tuo e quello di tuo fratello gemello. Perché non potevo essere io a dormire tutte le notti accanto a te? Abbiamo cominciato a spogliarci. Ti ho slacciato la cintura, poi ti ho sfilato la camicia. Volevo vederti, gustarmi ogni momento, ogni attimo di quei gesti che avevo sognato a lungo. Non portavi la canottiera ed il tuo torace snello e ben fatto era di fronte a me in tutta la sua giovanile bellezza. Ti ha toccato i capezzoli e poi, abbassata la testa, ho preso a mordicchiartene uno che si è eretto, duro ed eccitante. Tu lasciavi fare, ma dopo un po' mi hai scostato e sei stato tu a togliere a me camicia e maglietta. Tu mi hai leccato prima un seno, poi l'altro. Ti ho fatto sedere sul letto, ti ho slacciato le scarpe, ti ho tolto i calzini ... i tuoi piedi erano perfetti, arcuati, con le unghie ben curate ... li ho carezzati e me ne sono poggiato uno, per un istante, sul volto percependo il lieve sentore che ne emanava. Ti ho sfilato i calzoni e, mentre facevo scorrere le mani sulle tue gambe che avevi distese ai lati del mio corpo inginocchiato, ho affondato voluttuosamente il volto sui tuoi slip rigonfi. Ho baciato la forma del tuo sesso, ho inumidito il cotone che lo ricopriva cercandolo con la bocca ed ho aspirato il tuo odore più segreto. Ero eccitatissimo ed ho abbassato in fretta lo slip liberando il tuo cazzo già rigido e stillante una goccia di liquido che mi sono affrettato a leccare. Aveva un buon sapore e non ho potuto rinunziare a prendertelo in bocca leccandolo e affondandolo nella mia gola finché ho potuto. Ho iniziato a pomparti con passione mentre tu poggiavi le belle cosce sulle mie spalle ed io le carezzavo mentre alzavo ed abbassavo la testa tutto preso nel succhiarti. Ogni tanto volgevo gli occhi verso il tuo volto e ti vedevo abbandonato, con le labbra socchiuse e le palpebre abbassate che , a un tratto, hai rialzato e per un istante i nostri sguardi si sono incontrati. C'è stato come un flash nel tuo sguardo ed avrei giurato di aver visto un lampo scaturire dalle tue pupille. - Aspetta - hai gridato sollevando una mano in un gesto di avvertimento. - Aspetta. Voglio vederti anch'io. - Io ho smesso di darmi da fare, ci siamo alzati e tu hai preso ad abbassarmi i pantaloni attentissimo a quello che facevi. PARLA ANDREA Marco, ti ricordi? Eri a torso nudo, ma la vista del suo torso non mi bastava, dovevo vedere ogni millimetro della tua pelle. L’avevo già pregustato attraverso delle istantanee. Durante la nostra corrispondenza un po’ stravagante, ti avevo chiesto di vedere come fossi fatto fisicamente. Sei sempre stato estremamente disponibile e così, nel giro di poco tempo, mi hai mandato qualche foto fatta con la Polaroid e scannerizzata. Un gran bel regalo, veramente gradito. Ti avevo visto nudo di fianco, con la faccia coperta dal flash, col tuo bel culetto sodo in bella mostra. Ti avevo visto di nuovo nudo, di fianco, anche stavolta privo di volto. E poi avevo ammirato la tenerezza e bellezza del tuo cazzo, sia moscio, posato su due pelose e virili palle, sia in tiro; un bell’arnese da monta! Le foto non erano nulla di eccezionale, ma mi interessava il soggetto e non la riuscita delle stesse. Avevo potuto vederti mentre mi mostravi il tuo corpo e la tua attrezzatura da riproduzione, quasi volessi spedirmi attraverso quella immagine un invito esplicito a prendermelo, quel bel corpo. Tutto questo per dirti che il tuo fisico non mi era completamente sconosciuto. Ma una cosa è apprezzare un oggetto attraverso la sua immagine e tutt’altro è gustarlo dal vivo. Questo mi accingevo a fare. Dissi: - Rimani fermo così, ora tocca a me prendermi cura di te . Dalla posizione ginocchioni ti ho fatto alzare in piedi e io mi sono piazzato seduto sul letto. Di nuovo la vista del tuo torace mi ha fatto impazzire, e di nuovo ho preso a stuzzicarti i capezzoli e a spazzolarti i peli che circondano il tuo petto con la lingua. Le tue mani erano ai lati dei tuoi fianchi e le mie mani le hanno raggiunte per intrecciare le nostre dita in una stretta amorosa che già pregustava l’amplesso che ci aspettava. Le nostre dita si sono strette le une con le altre e sono sceso a solleticarti il ventre con la lingua fino a raggiungere la tua cintola e i tuoi pantaloni. Attraverso il tessuto ho potuto constatare che il piacere che avevo ricevuto fino ad allora da te, non era minore di quello che stavi provando tu stesso. Il mio compito, cioè condurti al di là del piacere più estremo, sembrava arduo, visto quanto eri già eccitato e duro. Non mi interessava, quella era la nostra serata, la nostra notte d’amore. Ho lasciato le tue mani e mi sono apprestato a slacciare la tua cinta, ho passato il bottone attraverso l’asola, ho tirato giù la zip, tutto molto velocemente, ma mi sembrava di non sbrigarmi e di non finire mai. Aperti i pantaloni e calatili alle ginocchia, il mio sguardo si è focalizzato sulle tue mutande, un bel paio di slip bianchissimi. La visione di prima, attraverso il leggero tessuto dei calzoni non mentiva, e ora vedevo chiaramente il contorno del tuo pisello, che tirava verso un lato delle mutande per trovare un minimo di spazio, e poter esplodere dalla gabbia di cotone che finora lo teneva chiuso e costretto. – Queste alla fine non te le ridarò più, ma saranno la cauzione che pretenderò per aver messo a disposizione la mia casa – ti ho detto – Anche se credo che alla fine della serata, con tutto quello che succederà, e con tutto quello che faremo, queste mutande non torneranno mai più così candide- mi hai risposto. – Sei proprio il maghetto perverso e carnale che cercavo, sai – ho detto io. Ti ho liberato a questo punto della prigione che negava la libertà al tuo cazzo. Ti ho calato le mutande fino alle caviglie; tu hai alzato alternativamente le gambe e con un colpettino mutande e calzoni sono stati gettati a terra, vicino al letto, privi di vita. Adesso il tuo cazzo aveva riacquistato la sua naturale direzione, perfettamente puntato al cielo, già leggermente scappellato e inumidito di liquido prespermatico. Le tue palle hanno attirato le mie attenzioni. Sono molto pelose e grosse, e io mi immaginavo il succo dolce e amaro che doveva esserci dentro, un succo che tante volte mi avevi raccontato di spremerti fuori pensando a me. E le mie preghiere di non sprecare una tale bontà buttandola via con lo scarico del cesso o chiusa in un fazzoletto, in una maniera così infeconda, senza che nessuno stesse lì vicino a te a gustarsela, finalmente erano esaudite. Finalmente ci sarei stato io che non avrei sprecato tali delizie senza prima essermene saziato a volontà. Le mie mani si sono strette sui tuoi glutei, due sode fette di carne, abbellite da peli serici, morbidi e invitanti. A vedere le tue chiappe così carnose e turgide, mi è venuta voglia di usarle come cuscini su cui addormentarmi fino al giorno successivo, ma solo dopo ore e ore di sesso sfrenato, dopo una intera notte di amplessi sudati, di intrecci acrobatici, di spinte passionali, di darsi e di riceversi. Il semplice contatto delle mie mani sulla tua carne, non mi bastava. Era già molto, dopo tanti mesi di fantasie e di sogni. Ma visto che ti avevo con me, visto che eri veramente con me, volevo di più. - Voltati, per piacere, voglio mangiare il tuo culo, adesso- ti ho detto. Tu, come al solito gentile, non mi hai dato il dispiacere di negare neanche questa ulteriore mia richiesta. Ti sei voltato e mi hai offerto il tuo bellissimo culo, arcuando la schiena in modo da esporre per quanto potevi il meraviglioso buco che ti ritrovi tra le chiappe e ulteriormente aprendole con l’aiuto delle tue mani possenti e curate. Prima di affondare tutta la mia faccia dentro, entrandoti tutto fino nell’intestino se solo avessi potuto, decisi che volevo esplorarti con ogni mio senso. La mia vista aveva già avuto il suo regalo. Il tatto aveva assaggiato anch’esso qualcosa. Ma chiedeva il bis. Per cui mi sono inumidito il dito medio della mia mano destra, poi un altro e ho deciso di far loro fare capolino dentro di te. Non è stato un lavoro troppo difficile. Nonostante l’eccitazione che si sentiva quasi palpabile nella camera, tu eri rilassato dietro, e mi hai permesso di entrarti dentro, prima con uno, poi con l’altro dito. Sono riuscito a ficcarteli dentro per tutta la loro non eccessiva lunghezza, tanto che la mano ha urtato sul tuo culo. Avrei proprio voluto poter entrare con tutto me stesso! Adesso sentivo pulsare vivi i muscoli del tuo sfintere, e sentivo la stretta che facevano sulla mia carne. Io restavo fermo con le dita dentro, cercando di prepararti allo sfondamento che fra poco avresti ricevuto dal mio cazzo, ma per fare questo dovevo spianare la strada. Gli spasmi del tuo sfintere mi eccitavano sempre più e anche il mio uccello ormai pareva pulsare di vita propria. Avevo quasi paura che senza controllo mi esplodesse, ancora prima di entrare in azione. Ho ritratto piano le dita da dentro te, millimetro dopo millimetro. Sono uscito fuori finalmente; e adesso era l’olfatto che voleva il suo premio. Mi sono avvicinato le dita al naso e ho aspirato a pieni polmoni, come se quell’aroma fosse ossigeno iniettato nei bronchi di un asmatico e tachicardico. L’odore che sentivo e che non dimenticherò mai, era un misto dell’odore della mia saliva e del più virile, maschio, muschiato, carnale, sensuale, primitivo, intrigante profumo di ciò che di più prezioso e intimo e nascosto e segreto c’è di un uomo; e l’uomo di cui parlo è veramente un grande uomo. Mi porterò questo odore per sempre con me, diventerà parte di me, come l’odore amorevole di una mamma per il suo bebè. Ne diverrà una sorta di impronta genetica e di sensazione primordiale e incancellabile. Non posso trattenermi dal tirare fuori la lingua e leccare le due dita che come pionieri hanno portato avanti per primi la ricerca e l’esplorazione del tunnel dell’amore e della passione. Leccavo e succhiavo e assaggiavo come un pazzo, come se non potessi spingermi più avanti di così. Ma mi rendevo anche conto che tutto era appena cominciato. Adesso sì, che mi tuffai a pesce con la faccia sulla rosellina del tuo culo! Prima, dal vero maiale che sono, dispiegai la lingua e come una terza mano aperta, mi avventai a leccare sul tuo buchetto. Per niente delicata, sebbene molto vellutata, la mia lingua sembrava raspare sulla tua carne morbida, rosa e delicata, come fa un cane quando si abbevera ad una fontanella. Anch’io mi stavo abbeverando del tuo odore, del tuo aroma, della tua essenza. E come un assetato, ne volevo sempre di più, non mi bastava mai. Quasi sazio, strinsi la lingua e la resi appuntita, creando una forma più adatta a penetrare in te, nuovamente, ma questa volta per te era decisamente più piacevole. Con le mani, ora libere, da sotto le gambe che avevi leggermente divaricato, ti arrivai davanti, e con la destra ti serrai il cazzo, oramai arrivato a dimensioni maestose, mentre con l’altra ti presi a coppa le palle. Ero tutto un massaggio, una carezza, un allisciamento; il calore che sprigionava il tuo corpo mi dava energia; facevo quasi fatica a tirare verso il basso il tuo uccello, per quanto era duro e turgido. Pensai che forse si stesse per spezzare, ma volevo tirartelo giù, costringerlo ad assumere una posizione innaturale per la sua momentanea forma. La forza di gravità non mi era di nessun aiuto. E sapevo che questo ti doveva dare ancora più piacere. Mi sarebbe piaciuto che anche il tuo cazzo potesse puntare al tuo fantastico buchetto. E così avrei potuto leccare e assaggiare assieme tutto quello che amavo più di tutto di te in quel momento. - Se continui così non durerò ancora per molto, Andrea- mi dicesti. Ed io, che ero sì affamato di te, ma che al tempo stesso ti volevo per tutta la notte, mi bloccai. Mi alzai dal letto su cui ancora ero seduto, e ti dissi: - Adesso andiamo incamera dei miei. Il letto è più grande e comodo e c’è un grande specchio di fronte, così ci vedremo riflessi mentre scopiamo . CONTINUA Per scrivere a ANDREA: a_far72@hotmail.com Per scrivere a MARCO: merlino88@hotmail.com

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Andrea e Marco si Incontrano. Parte 2

PARLA MARCO Ci siamo incamminati verso la camera dei tuoi. Ti vedevo camminare di fronte a me e apprezzavo la forma squisita dei tuoi glutei. Un ragazzo che cammina nudo è uno spettacolo della natura e io mi sono sempre commosso alla vista della delicatezza del corpo di un adolescente. Sì, lo so, tu non eri più un adolescente a 25 anni, ma ne avevi il fisico. Nessuno ti avrebbe dato

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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