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Bulli di Paese, Parte 2

by Ganimede


Mi voltai verso il barista e lo trovai anche lui con il volto sornione, che si era aperto la patta dei pantaloni e aveva tirato fuori un cazzo dalle dimensioni ragguardevoli, 22 cm di salsiccia umana che sventolavano davanti ai miei occhi. Oddio, pensai, avevano frainteso quello che avevo detto? Forse le mie parole erano suonate un invito sfrontato, dalle sfumature esclusivamente sessuali? Non era quello il mio intento, non ci avevo assolutamente pensato, ma la situazione era proprio quella. Pure gli altri, in piedi, si erano slacciati chi i pantaloni, chi i calzoncini, e avevano tirati fuori degli invidiabili arnesi da monta. Quei quattro ne avevano per sfamare un intero esercito di finocchi affamati di cazzo come sono io. Il barista disse: “dai, dimostra la tua abilita’, facci vedere come sei bravo. Approfittane adesso che un pezzo di cazzo cosi’ non ti capitera’ facilmente di trovarlo dalle tue parti”. Mi prese per un braccio e strattonando mi fece inginocchiare davanti all’auto, lui ancora seduto a gambe larghe sul cofano dell’auto. La rabbia iniziale e il disprezzo verso quei ragazzi e il barista in particolare, la mia determinazione e la mia voglia di rompergli il culo, metaforicamente parlando, beh, si erano trasformate nella voglia di averlo spaccato io il culo da quei possenti bastoni di carne umana. Come preso da frenesia gli tirai giu’ fino alle caviglie i pantaloni e le mutande, e afferrandolo a due mani, mi infilai il cazzo del barista per quanto possibile in bocca. Ne rimaneva comunque fuori una bella porzione che presi contemporaneamente a smanettare con vigore. Quasi soffocavo tanto la mia bocca era riempita dalla sua carne. Poi, con una mano avvinghiata alla base del cazzo e con l’altra a serrare le due palle che pesanti e pelose penzolavano tra le sue gambe, mi misi a ruotare la testa e a pompare come se proprio da quell’attrezzo io prendessi l’aria necessaria ai miei polmoni. Lui si era alzato la canottiera che completava il suo abbigliamento e con una mano dietro la nuca e con l’altra che si massaggiava i capezzoli, se la godeva da matti. Tra un sospiro e l’altro diceva frasi del tipo: “dacci dentro, bel romano, continua a ciucciare tutta la canna che fra poco ti faccio una doccia con la mia sborra”, oppure “vai piu’ veloce, siiii, cosi’, devi avere proprio una gran fame di cazzi, se me lo spompini come fosse l’ultimo cazzo sulla terra”. La mia bocca avida e ingorda faceva a gara con le mie mani nel contendersi l’arnese possente del barista, che dal canto suo era cosi’ prodigo a darsi. Con le labbra serrate, mi muovevo su e giu’ lungo l’autostrada che aveva come asta, e con la lingua vellutata lo lubrificavo in continuazione. Quando giungevo alla cappella, che nulla aveva da invidiare come proporzioni al resto del suo equipaggiamento, mi soffermavo un po’ di piu’ e con la punta della lingua stuzzicavo il buchino e sotto il glande, e in quei momenti lui andava proprio in estasi: lo vedevo irrigidirsi tutto e contrarre gli addominali, chiudere le dita sui miei capelli e spingere in avanti. Ogni tanto strofinavo le mani lungo le sue cosce, coperte di peli scuri che si facevano sempre piu’ ricci procedendo verso il suo cazzo; era come se masturbassi pure quelle, e le divaricavo quando lui tentava di stringerle negli istanti in cui il mio lavoro di bocca gli procurava ondate di piacere e spasmi incontrollabili. Gli altri commentavano pure loro la scena, incitando l’amico: “dai Gaetano, fotti quella bocca, non vedi che questo porco finocchio non vuole altro che bere la tua sborra”. “Spaccagli i denti a furia di ficcarglielo in bocca, cosi’ gli fai vedere di che materiale c’abbiamo il cazzo, noi del paese”. “Non ci mettere tanto a venirgli in bocca che io non mi trattengo piu’, voglio sfogarmi pure io con il bel romano, oggi ce l’ho avuto duro e in tiro per tutta la giornata”. Fino a quel momento mi ero quasi scordato che avevo un pubblico allupato e arrapato di ragazzi che si godeva lo spettacolo da dietro le mie spalle, visto che mi stavo dedicando anima e cuore a chi mi stava di fronte. Sputai per un attimo fuori dalla bocca il cazzo del barista tenendolo pero’ per mano e continuando a massaggiarlo su e giu’, e mi girai verso la banda. Solo allora misi a fuoco nel dettaglio la fornitura di strumenti da monta che avevo li’ a portata di mano. C’era un cazzo inverosimilmente lungo e veramente largo e grosso, con una cappella completamente sbucciata di colore porpora che sembrava pulsare di vita propria, sotto la stretta ferrea di una mano altrettanto grossa ed esperta: ogni dito di questa mano poteva sembrare come il cazzo di un uomo normale. Un altro gran bel pezzo di cazzo era invece piuttosto lunghetto, ma non come quello che avevo poco prima tra i denti, molto venoso, che puntava leggermente a sinistra, e che spuntava fuori da un ventre pelosissimo e piatto, e sotto il quale penzolavano due globi pesanti e pelosi che dondolavano freneticamente avanti e dietro visto che il relativo proprietario si stava facendo una poderosa sega a due mani. L’ultimo che potevo ammirare, era piuttosto normale per dimensioni e proporzioni, e non era stato scappellato completamente dal legittimo goditore, il quale invece aveva chiuso le dita di una mano all’attaccatura della sacca delle palle e se la tirava giu’ in basso per quanto poteva, mentre con l’altra mano si strofinava il petto e l’addome liscio e levigato. Il mio barista era evidentemente geloso dell’attenzione che stavo dando ai suoi amici, dal momento che con lui non avevo ancora finito, e con una tirata di capelli mi porto’ a completare il lavoro che avevo interrotto prima, dicendo: “hai tutto il tempo per divertirti con quei giocattoli dopo che avrai finito con il mostro che ho tra le gambe, per cui ritorna ad andare giu’ di bocca”. Non me lo feci ripetere due volte. Prima di riprendere a sbocchinarlo, tirai fuori la lingua impastata di saliva e diedi una profonda leccata sul suo ventre, lungo la treccia di peli che dall’ombelico puntavano verso il cazzo. Quindi continuai a pompare il suo cazzo su e giu’, e questa volta muovevo la testa anche avanti e indietro: quando andavo giu’ fino alla base del cazzo mi spingevo avanti verso di lui, avvicinando il viso verso il suo stomaco, mentre quando salivo con la bocca fino alla cappella, mi spingevo indietro verso il suo culo peloso e odoroso di maschio. Liberai una mano e mi portai il dito medio alla bocca, riempita gia’ dal suo cazzo, per cospargerlo di saliva; quindi mi feci strada verso il buco del suo culo, che era in bella mostra visto che il mio barista si era ora completamente sdraiato sul cofano e aveva alzato le gambe piegando le ginocchia. Non appena cominciai a esplorare col medio la sua cavita’ anale, spingendo per saggiare l’entrata, lui emise un profondo gemito di piacere e di sorpresa, e con voce roca disse “Ehi che fai, io non sono un finocchio e non do’ via il mio culo, specie poi con il primo stronzetto che mi sta a tiro”. Ma quel gemito a me la diceva tutta sulle reticenze del barista. Lasciai comunque stare. Strinsi le labbra immediatamente sotto la sua cappella e concentrai le mie slinguazzate solo sul glande e sulla parte sottostante al glande che e’ quella piu’ sensibile; e infatti i suoi sospiri, i suoi spasmi, le parole che mi diceva dimostravano proprio che era il punto che lo faceva godere di piu’. Era quasi arrivato al punto di esplodere. Ci volle solo una semplice tiratina alle palle perche’ la diga si aprisse e il suo sperma mi inondasse la bocca fino a riempirmela. Cercai di trattenere tutta la sborra che mi sputava in bocca per ingoiarla solo alla fine, quando si fosse svuotato le palle, ma non ci riuscii tanto era abbondante. Dovetti trangugiare tre boccate piene del suo succo e qualcosa mi usci’ pure ai lati delle labbra. Vedendo il mio gozzo che andava giu’ e su, come avevo fatto io fino a poco fa sul suo cazzo, il barista esplose pure verbalmente: “bevi, gran figlio di puttana, manda giu’ tutto e in fretta, che con tutto quello che ti faccio ingoiare oggi non hai bisogno di mangiare per parecchie settimane”. Gli avevo proprio prosciugato le palle, e ancora tenevo in bocca il suo cazzo che si stava piano piano ammosciando; ormai appagato, mi faceva segno di liberargli il cazzo dal mio morso, di lasciarlo andare. Mi stavo scansando quando invece feci dietrofront e ripresi a leccarglielo e a succhiarglielo come avevo fatto inizialmente. Lui si lamento’ dicendo: “cosa hai intenzione di fare? Ne vuoi ancora? Ancora non sei sazio? Sei proprio un gran bel frocio ciucciacazzi, succhiasborra, rotto in culo. Adesso lasciami andare che sono sfinito e non ho piu’ nulla da darti. Capito!”. Ma io non mollavo la stretta; come lui faceva un movimento per divincolarsi io facevo per serrare i denti e mordergli il pisello. Si allarmo’ parecchio e piu’ ci provava piu’ io lo punzecchiavo. All’infinito, lo avrei fatto venire, anzi svenire di piacere, all’infinito, cosi’ imparava a trattare la gente in quel modo balordo. Il poveretto chiedeva aiuto ai suoi amici ma anche loro non sapevano cosa fare. Io facevo loro segno di non intervenire o sarebbe stato peggio per il loro amico: inoltre come si sarebbe giustificato, davanti a tutto il paese? Io ero forestiero e tranquillamente come ero venuto in quel posto me ne sarei andato. Lui li’ ci viveva, ci lavorava e ci scopava, per lo meno fino a quel giorno… Io me lo stavo lavorando devo dire con piu’ fame di prima, quando ad un certo punto sento un braccio che da dietro mi cinge la vita e, con un movimento insicuro, lo sento cercare di slacciare la cinta dei miei pantaloni. Feci per chiudere il morso sul povero cazzo del barista, nuovamente duro come l’acciaio e arrossato come fosse l’acciaio in fusione, quasi agonizzante da nuove ondate di piacere, pensando che qualcuno voleva con forza cercare di allontanarmi da quello che avevo intenzione di portare avanti. Invece quell’altro da dietro mi sussurra: “no non farlo, non mi frega un cazzo di quello che fai a Gaetano, per me lo puoi pure succhiare fino al midollo. Ho solo una gran voglia di buttartelo al culo; e se usi il culo come sai usare la bocca, ti prometto che di sborra dal mio attrezzo ne prenderai fino a riempirtene”. Era il ragazzo chiamato cavallo pazzo, quello con un bazooka tra le gambe. La prospettiva in effetti non era troppo piacevole, specie per il mio culo, ma la fame di cazzo che avevo era tanta, e dallo sguardo pieno di lussuria e di voglia di fottere che aveva, decisi di fargli fare quello che voleva. Lasciai che mi slacciasse la cintura e mi facesse calare pantaloni e mutande fino alle caviglie. Io nel frattempo continuavo a pompare la salsiccia di Gaetano sempre piu’ lucida, congestionata e lubrificata. Mi misi in posizione di riceverlo alla pecorina e portai le mani dietro per spalancarmi le natiche e prepararmi a ricevere il piu’ grosso sigaro toscano che avessi mai visto in vita mia. Lo sentii lubrificarsi le dita della mano destra con la saliva; con la sinistra mi aiuto’ ad aprire le chiappe e sentii fare capolino prima con una, poi con due e infine con tre dita dell’altra mano nel buco del mio culo. Il mio buco era abbastanza allenato a ricevere cazzi, ma effettivamente non di quelle dimensioni, per cui fu necessario un certo allenamento, un’adeguata preparazione. Quando la mia caverna sembrava pronta per la trivellazione, lui comunque si prodigo’ a leccare l’entrata per lubrificarla e a spalmarci la sua saliva. Sotto quelle leccate profonde e vellutate, penso di essermi aperto di dietro come un fiore che sboccia. Velocemente si posiziono’ in piedi, con le manone possenti da lavoratore piantate saldamente sui miei fianchi; punto’ il suo cazzo davanti al buco del mio culo e lo sfioro’ con la punta. “Dai, entrami dentro, e fai quello che mi hai promesso di fare. Voglio sentirti su nello stomaco; aprimi in due come una mela” gli dissi. Con un colpo deciso e secco introdusse la cappella dentro al mio sfintere: non c’e’ da stupirsi che gridai dal dolore, ma ero al tempo stesso deciso a non perdere quell’occasione piu’ unica che rara, sapendo che ben presto (?) il dolore si sarebbe tramutato in piacere. Per cui chiusi le dita delle mani stringendomi sulle mie chiappe, visto che i denti non li potevo stringere, altrimenti povero Gaetano, e parai il culo. Il mio stesso cazzo aveva reagito, come sempre fa, a quell’intrusione, saltando subito sull’attenti; non che prima non avesse dato segni di vita, anzi, ma adesso era veramente sveglio e palpitante. Il ragazzone stette pochi secondi fermo in quella posizione per consentire ai muscoli del mio culo di adattarsi ad un tale volume di materiale umano che aveva intenzione di farsi strada chissa’ per quanto tempo ancora e per quanto spazio ancora. Non era un compito facile per il mio povero deretano, anche se quel cazzo non era un il primo esploratore delle mie cavita’. Piano piano si fece sempre piu’ dentro, aprendosi la strada con l’immane cappella; non so’ come tutti quanti i centimetri di quel prodigioso cazzo erano infilati su per il mio intestino. Sentivo la peluria del suo inguine solleticare le mie natiche e sentivo le sue palle mastodontiche sfiorare le mie. Ero in paradiso e all’inferno contemporaneamente. Anche se continuavo con la bocca a stantuffare il cazzo del barista, godendomela da dio, tutte le mie sensazioni erano concentrate nella zona anale. Il suo cazzo arrivava a massaggiarmi la parte piu’ lontana della mia prostata e di questo il mio cazzo gliene era veramente grato. Il mio benefattore mollo’ la mano destra della presa sul mio fianco e la allungo’ fino a raggiungere il mio arnese: anche se in piena erezione, sicuramente il mio cazzo sara’ sembrato a quella mano poco piu’ che un sigarino, rimanendo in tema di sigari e sigarette, viste le dimensioni mastodontiche della mano stessa e viste le dimensioni del cazzo col quale di solito era abituato ad avere a che fare. Una volta impugnato il mio bastone, quella mano si dette da fare a massaggiarlo per bene dalla punta alla base. Afferrando con la mano sinistra aperta a ventosa il mio fianco sinistro, e poggiando il suo avambraccio sulle mie chiappe, comincio’ a trapanarmi con decisione il culo. Si spingeva indietro il piu’ possibile, senza pero’ tirare mai fuori la sua cappella dal mio buco, essendo comunque limitato nei movimenti dalla sega che mi stava facendo. Ne rimaneva dentro la maggior parte. Una volta che si era fatto tutto indietro prendeva a spingere in avanti, e io sentivo di venire riempito fino all’umanamente possibile. La mia prostata veniva baciata e massaggiata da quel cazzo come mai era successo. Sapevo che quella situazione non poteva durare ancora a lungo, almeno per me; ero sul punto di venire ad ogni sua spinta. I suoi gemiti e i suoi mugugni si mischiavano a quelli del barista, a quelli degli altri ragazzi che evidentemente stavano provvedendo a soddisfare i loro desideri da soli, e a i sospiri miei. Con una ficcata piu’ profonda del solito, esplosi nella sua mano tanto di quello sperma che non pensavo potessi avere, e andai a schizzarmi di sborra la maglietta, il collo, il mento. Qualche sputo atterro’ pure sulle palle di Gaetano che io imperterrito continuavo a lavorarmi. Le contrazioni dei muscoli del mio culo prodotte al momento del mio orgasmo cosmico, dovettero portare il caro ragazzotto oltre il punto di saturazione. Il suo cazzo fu praticamente spremuto sotto la pressione del mio sfintere e immediatamente la sua sborra fu risucchiata dalle palle e schizzata contro le pareti interne del mio intestino. Quando cominciavo a riprendermi dal godimento, riuscii a contare altri quattro o cinque spruzzi di caldo sperma schizzati su nel mio culo. Anche lui, come me, era sfinito, e per parecchi secondi rimanemmo senza fare nulla, senza muoverci: naturalmente avevo lasciato perdere a quel punto il cazzo del barista, che per la seconda volta aveva dissetato la mia gola ingorda, e che ora giaceva stravaccato, privo di forze, sul cofano dell’auto. Il mio stallone si riprese e sfilo’ la sua mazza ancora non del tutto moscia dal mio culo, per accovacciarsi li’ vicino e riprendere fiato. Anch’io non cercavo altro che di riprendermi da una tale abbuffata; ero madido di sudore e di sborra che mi usciva dalla bocca, che mi impiastricciava il collo, il mento, la maglietta, che sgorgava copiosa dal mio culo.

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