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Lo e Mio Zio - Parte 1

by Ganimede


Il fratello di mio padre, molto più giovane di lui, era stato per me oltre che un carissimo zio, anche un amico. La differenza d’età che separava mio zio da me, anagraficamente era minore rispetto a quella che separava mio zio da mio padre. Se poi ci si riferisce alla distanza mentale e comportamentale, allora potrei dire che io e mio zio eravamo e siamo coetanei. Più che uno zio, io lo consideravo un fratello di poco maggiore, e quando potevamo stavamo sempre assieme. Questo succedeva fin da quando ero piccolo. Quando lui ha compiuti i suoi 30 anni, si è trasferito in un’altra città per lavoro, ed io me ne sono molto dispiaciuto, perché sentivo che il nostro rapporto ne avrebbe potuto subire le conseguenze. All’inizio non è stato come pensavo, ma poi, con il trascorrere del tempo, si è dimostrato vero quello che credevo. I contatti che aveva mio zio con la mia famiglia e con me si sono fatti più radi di anno in anno. Ma quando ci si vedeva, sembrava come se non ci fossimo mai allontanati l’uno dagli altri. Lui si era sposato e poi separato, e viveva una bella vita, in ogni senso. Un lavoro soddisfacente, molti divertimenti e tante soddisfazioni tolte. Poi le cose cambiarono: finite le scuole superiori io decisi di frequentare l’università e proprio per questo dovevo trasferirmi anch’io in un’altra città. Avrei dovuto trovare una casa per me, magari da dividere con altri studenti, sostenere non poche spese, e non sapevo se sarei riuscito a mantenermi da solo magari trovando un lavoretto durante gli anni di università. Quando però mio zio venne a sapere che sarei dovuto andare a studiare nella città dove lui viveva, mi ha subito proposto di andare a vivere con lui, approfittando della sua casa, troppo grande per un lui e la sua compagna. In famiglia circolavano molti pettegolezzi sulle sue molte storie, sia prima, durante e dopo il matrimonio. Sembrava che con quest’ultima donna, avesse messo la testa a posto. Io ne fui molto felice, sia per le mie tasche, sia perché così potevo finalmente riallacciare i rapporti con lui, sperando che le cose non fossero cambiate troppo dai vecchi tempi. Lui dava l’impressione che così fosse. Nei mesi successivi mi sistemai nella casa di mio zio, presi possesso della mia stanza e dell’appartamento, e tutto procedeva come meglio non poteva. I miei desideri in parte erano stati avverati: lui non era cambiato poi così tanto da quando viveva nella mia città. Sicuramente il tempo e le questioni della vita avevano lasciato i loro strascichi, e qualche angolo si era smussato nel suo carattere, qualche altro si era invece appuntito. La nostra vita procedeva abbastanza piacevolmente e regolarmente. Fino ad un fatidico giorno. Quel giorno sono tornato a casa prima del solito, perche’ le lezioni all’universita’ erano terminate prima. Sapendo di non trovare nessuno in casa, senza citofonare ho usato le mie chiavi per entrare. Era strano che la porta non fosse chiusa a chiave. A quell’ora non doveva esserci nessuno, ma evidentemente non era cosi’. Dalla camera da letto di Massimo, questo era il nome di mio zio, sembrava provenire del rumore, dei mugolii, frasi soffocate o sussurrate; tutto era molto strano. Tra l’altro tutte le serrande di casa sembravano chiuse, mentre solo dalla camera da letto proveniva della luce. A questo punto sconcertato, in silenzio mi sono incamminato verso la stanza da letto. Piu’ mi avvicinavo e piu’ quei rumori soffocati, quelle mezze parole, quei grugniti si intensificavano. Mi affacciai all’uscio della camera e guardai. Rimasi a bocca aperta e con gli occhi fuori dalle orbite. Sul pavimento della stanza, c’era un mucchio di vestiti, maschili e femminili, dalle scarpe alle mutande. In ginocchio sul letto, un gran bel letto matrimoniale, su cui spesso mi buttavo anch’io quando non avevo niente da fare, stava quel gran pezzo di maschio di mio zio, nudo come quando e’ nato, che si stava inculando con passione e appagamento una ragazza che io non avevo mai visto ne’ conosciuto, che aveva tutta l’aria di una gran puttana, nel vero senso della parola. Mio zio e’ un gran bell’uomo, nonostante i suoi 41 anni: magro, 185 cm di altezza; ha la sua bella pancetta, il suo fisico non è esattamente quello di un ragazzo, ma nel complesso poteva passare per una persona attraente, e le sue tante conquiste lo testimoniavano. Quello che bisogna dire e’ che è fornito di un piu’ che apprezzabile equipaggiamento da monta. Era proprio il suo bel cazzo, in piena erezione, e le sue grosse palle ben sostenute che in quel momento avevano attirato la mia attenzione, dopo l’imbarazzo seguito alla scena imprevedibile. Naturalmente avevo visto altre volte mio zio nudo, visto che sempre girava in casa in mutande, ma quando si faceva vedere, il suo cazzo era poco piu’ grande di un mollusco, faceva quasi tenerezza. Quello che adesso avevo davanti agli occhi era un bastone lucido, inguantato in un preservativo maxi, venoso e sanguigno, dalla cappella rossa e grossa come una rossa e grossa fragola, che entrava e usciva dal culo di quella donna, come fa un pistone in un cilindro. La ragazza, dal canto suo, era posizionata a quattro zampe sul letto, tenendo le braccia aperte ad afferrare con le mani la ringhiera ai piedi del letto, intenta a prendersi quei bei 20 e più centimetri di cetriolo vivente su per il culo, come fosse stata la piu’ piccola delle supposte. Dallo specchio posto su una parete della camera, potevo intravedere i volti di entrambi. La faccia di mio zio era trasfigurata dalla lussuria e dal godimento del momento. Mentre la faccia della donna dimostrava di avere fatto molta strada grazie a quel buco. Una volta realizzata la scena che avevo di fronte, subito il mio attrezzo si e’ fatto sentire, cosi’, involontariamente, come fosse richiamato alla vita alla vista di un compagno di giochi che io avevo sempre sognato di avere. I due maiali non mi avevano visto perche’ erano entrambi rivolti leggermente di spalle rispetto alla porta d’ingresso della camera dove ero posizionato io. Mio zio stava stantuffando come un martello pneumatico la sua verga dentro il culo di lei, spingendo cosi’ forte da far muovere tutto il letto. La spalliera urtava violentemente e ritmicamente contro la parete a cui era poggiata; sotto il peso dei due e sotto lo spinta dei loro movimenti il letto cigolava come fosse un carrarmato. Quel gran porco di mio zio strofinava le sue grosse manone sulla schiena arcata di lei, poi si allungava per strizzare i suoi seni grossi e duri, poi arrivava a infilare due dita nella bocca rosso sangue di lei, per tornare a lisciarle il grosso culo. Tutto questo lo faceva spasmodicamente, accompagnando i movimenti con i piu’ bestiali e selvaggi e istintivi gemiti, sospiri, mugugni. Era una scena da film porno, veramente, che io senza pensarci mi stavo godendo apertamente. A meno che non facessi del rumore, non mi avrebbero di sicuro visto. E fu proprio questo cio’ che accadde: allungai una mano per massaggiare la mia erezione, e fu un gesto assolutamente inconscio, involontario; nel fare questo mi poggiai allo stipite della porta che maledettamente cigolo’ rivelando ai due la mia presenza. Si voltarono verso di me insieme, ma io fissai i miei occhi su quelli di mio zio. Lui sembrava come se solo in quel momento stesse uscendo da una trance durata chissa’ quanto. Anche lui, come prima io, impiego’ qualche secondo per realizzare la mia presenza, e risistemare il flusso razionale dei suoi pensieri. Lo sguardo che gli vidi negli occhi non lo dimentichero’ mai: aveva spalancato gli occhi che poco prima teneva socchiusi, e sembravano iniettati di sangue, mentre il labbro inferiore lo teneva stretto sotto i denti. Non cesso’ subito il ritmo delle sue inculate, ma quasi per inerzia continuo’ ancora un paio di volte a sfondare il culo della troia, per poi bloccarsi. Quando anche la ragazza mi vide, non so’ perche’ si spavento’ parecchio: si divincolo’ dal suo montone, sfilandosi il cazzo dal culo e salto’ giu’ dal letto urlando in faccia a mio zio che lei non faceva mai giochi di gruppo, a lei le orge non piacevano; se lo avesse saputo prima sicuramente non sarebbe montata in macchina con lui. Lui rimase sul letto in ginocchio, col cazzo tutto lucido per la lubrificazione; un cazzo che aveva raggiunto la sua massima erezione, ormai liberato dalla stretta calda e sensuale del buco di lei. Ancora una volta rimasi esterrefatto dalle dimensioni che aveva raggiunto, rispetto a quanto ero solito vedere penzolare tra le sue gambe. Il suo arnese era molto simile al mio come forma e lunghezza, anche se molto piu’ dritto e grosso. Penso che quella scopata deve essere iniziata parecchio prima che arrivassi io, per come il cazzo di mio zio era congestionato. Comunque la ragazza si alzò e raccolse i suoi stracci bofonchiando qualcosa di volgare rivolto verso noi due, si rivestì come poté e imboccò la porta di casa per andarsene. Mio zio si riprese dall’imbarazzo che dovette essergli sopraggiunto, oltre che dal gesto inaspettato della troietta, e smontò dal letto pure lui, cercando di convincerla a non andare via, dicendole che io non avrei dovevo tornare a casa così presto, e che per questo era molto dispiaciuto e imbarazzato. Niente da fare, la ragazza non cambio’ decisione e se ne ando’, lasciando mio zio con un’erezione da paura e insoddisfatto. Era ancora completamente nudo, e sembrava confuso, irritato, imbarazzato, congestionato, non lucido, stranito insomma, per la successione inaspettata degli eventi e forse per il coito interrotto. Io tutto il tempo non aprii bocca, perche’ di tutte quelle sensazioni che trasparivano dal suo volto, non sapevo quale fosse quella che prevalesse sulle altre. Inoltre aspettavo che fosse lui a cominciare il discorso, volevo vedere cosa mi avrebbe detto. Non mi aspettavo una giustificazione perche’ lui era libero di fare quello che voleva della sua vita, non erano fatti miei. Il problema non era mio, ma era alla sua attuale compagna che avrebbe dovuto dare spiegazioni semmai lo avesse scoperto. Io, da parte mia, non avrei detto sicuramente nulla. Invece fu proprio una specie di giustificazione che mi impronto’ a quel punto. Ancora nudo, si mise a sedere sul letto e si copri’ i genitali con un lembo del lenzuolo, mentre io mi sedetti accanto a lui sul letto. Mi disse: “vedi, sto passando un periodo un po’ nero in questi momenti. Non so, sara’ la crisi di virilita’ che colpisce tanti uomini della mia eta’, saranno i problemi che ho al lavoro, con i colleghi che appena possono ti fanno il culo, o forse il fatto che ultimamente non mi sento piu’ molto vicino a Sara”. Sara era la sua compagna di allora. Continuavo a non dire nulla, limitandomi a starlo a sentire. Continuo’: “sentivo il bisogno di sfogarmi, avevo la voglia di una sana scopata, sesso puro e selvaggio, senza alcuna implicazione sentimentale e morale”. “E allora?” dissi. “E allora niente. Era da parecchi giorni che avevo in mente questa cosa. Poi oggi avevo un po’ di tempo a disposizione, e per caso sono passato per la strada dove sai che battono sia di giorno che di notte; ho caricato su una qualunque, purche’ avesse un grosso culo e labbra carnose, e quello che è successo poi te lo puoi immaginare”. Sembrava tutto molto semplice, tuttavia non riusciva a sostenere il mio sguardo per piu’ di qualche secondo, nonostante io non gli facessi nessun tipo di rimprovero. Disse, credo per rompere la tensione: “Solo che, merda, non potevi aspettare ancora un po’ prima di tornare a casa? Mi bastava solo qualche minuto, stavo proprio sul punto di venirgli in culo, e ora invece sono rimasto cosi’, col cazzo ancora duro e per nulla appagato dell’inculata”. Cosi’ dicendo si era stretto con entrambe le mani il cazzo, duro come l’acciaio, che attraverso il lenzuolo era chiaramente visibile. D’istinto, infatti portai gli occhi su quella grazia di Dio, arrapato ormai come un toro, e d’istinto, senza pensarci, gli dissi: “Se vuoi per risolvere questo problema ti posso dare una mano io”. Adesso mi fissava con aria interrogativa. “Come sarebbe a dire?” disse. Non dissi nulla, ma nel giro di pochi secondi, nell’ordine, mi alzai da accanto a lui, andando a inginocchiarmi davanti a lui, gli tolsi il lenzuolo che gli copriva l’inguine, gli divaricai le gambe e mi sistemai tra di esse, e con tutte e due le mani gli presi il cazzo. Era veramente tosto e pienamente in tiro, infilato dentro un preservativo dalle dimensioni maxi, lubrificato dalla vaselina. Glielo presi con energia sfilandogli il preservativo velocemente e stavo per mettermelo in bocca per tutta la lunghezza che poteva entrarci, quando mio zio se ne esce dicendo: “Ma che cazzo fai? Ma che sei un frocio?”. Poche parole, ma quel volto e l’espressione di quella voce furono letali per me. Improvvisamente diventai di pietra, mi bloccai, il mondo mi sembro’ sprofondare sotto di me. Mi vergognai di me stesso; quello che disse e come lo disse mi fecero sentire come un maniaco, un malato, un rifiuto della societa’. Mi sentivo come quando da adolescente ti sorprendono a spararrti una sega in bagno o a guardare le foto di un giornale porno, e una volta scoperto te la fanno pagare con ogni tipo di vergogna e di punizione. “Senti, fammi il piacere di allontanarti, fattene nella tua stanza o vai a farti un giro, ma sparisci da davanti a me” disse, come se non bastasse. Mi alzai per andarmene, con la coda tra le gambe. Ma non riuscii a non dirgli: “Da come mi avevi detto pensavo che per te un buco valesse come un altro. E che pur di sborrare e di sfogarti, l’avresti ficcato da qualsiasi parte. Non so, ti volevo solo aiutare. Scusami, me ne vergogno”. Ripensandoci mi stupisco del coraggio che ho avuto ad aprire bocca, in una situazione del genere. Sparire sotto una mattonella non sarebbe stato sufficiente, credo. Non ebbi il coraggio di alzare piu’ lo sguardo, ne’ di proferire altre parole; semplicemente me ne andai come un cane bastonato. Come eravamo diversi io e lui; alla fine dovevo ammetterlo con me stesso. O per lo meno uno dei due era profondamente cambiato. Lui cosi’ sicuro di se’ sempre, e in ogni occasione; persino prima quando si mise a parlare con me, dopo che la ragazza se l’era squagliata, quella che sembrava un’ammissione di colpa e una richiesta di giustificazione, in realta’ non lo era. Era uno sfogo, sapendo che sarei stato suo complice, e basta. Solo uno sfogo leggermente camuffato. Lui che era stato colto in fragrante a scopare con una donna non “legittima”, che era stato beccato nudo come un verme a dimenarsi nel culo di un troietta, passava dalla eventuale posizione di accusato a quella chiara di accusatore, e senza che mi fosse data la possibilita’ di discolparmi, se mai avessi dovuto. Inutile dire che i giorni a seguire furono giorni infernali, da dimenticare. Fortunatamente lui non disse nulla alla sua compagna, che in quei giorni non capiva il motivo dell’astio che c’era tra mio zio e me. Nei pochi momenti che ci vedevamo e che stavamo nella stessa stanza, non ci rivolgevamo mai la parola. Se dovevamo per forza comunicare, lo facevamo lasciandoci dei biglietti, delle note o attraverso la sua compagna. Consideravo amaramente la possibilità di andar via da quella casa. Tuttavia allo stesso tempo pensavo in continuazione a quello che era successo, a quello che avevo visto e a come era andata a finire quella situazione. Di mio zio ho sempre avuto ammirazione, e forse voglia di imitazione. Ma questo risaliva al nostro passato. In quel momento riflettevo se tutte le mie aspettative legate alla convivenza con lui, fossero legate proprio a quel passato, e se quindi nella mia mente non albergasse mio zio, ma solo il sogno e la trasfigurazione di lui. Da quando ero andato a vivere con lui, in effetti, e me ne rendevo conto solo in quei momenti, non avevamo mai avuto un dialogo continuo, ne’ aperta confidenza. Io davo la colpa alle difficoltà che comporta una nuova ambientazione, sia per lui che per me. Tuttavia il nostro rapporto non era certo paragonabile alla situazione che si era venuta a creare in quegli ultimi giorni. Quello che provavo per lui era una rabbia mista ad attrazione, puramente fisica e non di altro genere. Mi eccitava vederlo tutti i giorni in mutande, notare i contorni del suo cazzo, delle palle grosse, il suo culo enorme e peloso. L’arroganza del suo carattere la sua prepotenza, mi attirava molto. E’ un tipo socievole, ma che impone la sua presenza, che vuole avere sempre l’ultima parola, che ne sa sempre una piu’ del diavolo. E gli invidiavo l’esuberanza, anche sessuale, che lui ammetteva di avere avuto sempre in vita sua: nella maggior parte dei discorsi che faceva con i suoi amici scappava sempre fuori una barzelletta sporca da lui raccontata, e i suoi commenti personali sulla vicenda; oppure se ne usciva elencando in modo pensante i particolari fisici di una certa ragazza, e le cose che ci avrebbe fatto assieme. Siamo molto diversi noi due; quando eccedeva nei suoi atteggiamenti spesso mi dava fastidio, ma al tempo stesso mi attirava. E’ cosi’ che e’ nato in me e cresciuto con me il desiderio di poter imparare da lui un po’ di quelle sue caratteristiche cosi’ marcate; di avere un contatto diretto con i suoi pensieri e il suo carattere; di recepire fisicamente la sua essenza; insomma…di scoparci alla grande. Ma ritorniamo alla vicenda. Le cose non potevano andare di peggio, senonche’ di peggio sembrarono andare. Un giorno infatti successe una cosa. Ero a casa da solo e avevo appena finito di fare esercizi con i pesi. Uscito dalla doccia e infilatomi l’accappatoio, andai a mettere i panni sudati che mi ero dismesso nel cesto della biancheria sporca; prima di infilarli dentro, notai un paio di slip di mio zio in cima al mucchio. Ebbi l’istinto di prenderli su’ e cosi’ feci. Erano un po’ sporchi di urina, e sul davanti c’era pure una macchia non proprio piccola di sperma ormai seccato, che formava una alone biancastro. Sentii subito il mio cazzo cominciare a smuoversi; non mi potei trattenere dal portare le mutande all’altezza della mia faccia: prima annusai e poi con la lingua presi a leccare la zona sporca di sperma. Mi ero eccitato da morire; i miei sensi di colpa erano come d’improvviso svaniti, sostituiti da una vampata di lussuria e di libidine. Mi ritorno’ alla mente la scena che avevo visto con mio zio nel culo della puttana. Come mio zio mi aveva allora confessato, anch’io in quel momento avevo assoluto bisogno di sfogarmi. Mi immaginavo di stare al posto della troia e di prendere il cazzo turgido di mio zio tutto su per il culo,; mi immaginavo di sentire quel manico stantuffare dentro e fuori; mi immaginavo di ricevere la sua sborra nelle budella e di lavarmici l’intestino. Respirai a pieni polmoni l’aroma della sborra di mio zio, mi aprii l’accappatoio e, avvolto il mio cazzo nelle mutande luride di Massimo, presi a farmi una sega portentosa, con il mio cazzo piu’ lungo e duro che mai. Ma volevo qualcosa di piu’, volevo vivere fisicamente la scena che adesso riviveva nella mia mente. Andai in cucina, aprii il frigorifero, trovai un cetriolo piuttosto grande, ma non troppo, lo avvolsi nella carta trasparente da cucina, andai in bagno a prendere della crema per le mani, la spalmai bene sul cetriolo e un po’ pure sul buco del mio culo. Ero quasi pronto a quel punto: andai in camera mia, mi tolsi l’accappatoio, mi buttai sul letto. A pancia all’aria, tirai su’ le gambe, portando le ginocchia al petto; con calma finii di spalmare la crema nel culo, infilando le dita viscide nel buco, puntai il cetriolone davanti al mio ano e poi con pazienza e attenzione lo infilai dentro il piu’ possibile, centimetro dopo centimetro, fino a lasciare solo lo spazio per poterlo afferrare. Che sensazione stupenda! Che estasi! Che godimento! La mia prostata mi ringraziava, e lo faceva dandomi un’erezione ancora piu’ potente di quella di prima. Avevo ancora con me gli slip di mio zio, che volavano da una parte all’altra del mio corpo: li annusavo ingordo, come fosse una striscia di cocaina, li mettevo in bocca per gustarne il sapore, mi ci incartavo il cazzo per masturbarmi. Con una mano finivo di farmi la sega di prima e con l’altra sfilavo e infilavo in continuazione il cetriolo dal mio culo: dentro e fuori, dentro e fuori, dentro e fuori, ... Sapevo che non avrei continuato a lungo, ma continuavo come un ossesso, ignaro di tutto quello che poteva succedere intorno a me. E infatti qualcosa successe. La porta che avevo accostata, fu d’improvviso aperta. “Ciao, ci sei? Volevo parlarti dell’altro gior..”; mio zio non fini’ la frase. “Oddio, no, non e’ possibile, non e’ possibile”, pensai. “Ma che cazzo sta succedendo? Ti stai prendendo quel coso grosso nel culo? E le mie mutande? Che ci fanno li’ le mie mutande? Ti ci stai facendo una sega?” continuo’, come se io non sapessi quello che stessi facendo. Altra situazione di merda, altra cazzata, ci mancava pure questo. Lo vidi inferocito venire verso di me, che come al solito ero rimasto di sasso, fino a raggiungermi e togliermi il cetriolone dal culo, e le sue mutande dal mio cazzo. Immaginavo ci sarebbe stata della pura violenza, invece... “Sei recidivo, eh? Mio nipote e’ proprio un finocchio, uno che si fa rompere il culo, uno che succhia i cazzi e beve sperma”, disse come se stesse parlando a qualcuno li’ con lui. Continuo’: “Forse avevi ragione tu, sai. Quando uno e’ arrapato come lo sono sempre io, qualsiasi buco alla fine e’ buono. E il tuo buco per l’occasione mi pare proprio ottimo. Di’ un po’, stavi fantasticando di prendere nel culo il cazzone di zio? Lo vuoi proprio sentire come te lo brucia il culo questo gran pezzo di carne che zio ha tra le gambe? Rispondi ”. “Si’, lo voglio, lo voglio tutto dentro, voglio sentirti in me, voglio essere sommerso dalla tua sborra. Voglio assaggiare il seme del mio sangue. Voglio avere di te la parte piu’ intima, la tua essenza. Voglio essere una delle tue puttane. Voglio farti godere come uno stallone” gli sputai in faccia tutto d’un fiato. Come in un sogno lo vidi darsi da fare con i suoi pantaloni: slacciarsi la cintura, aprirsi il bottone e la patta e tirarsi giu’ calzoni e mutande assieme. Lo vidi afferrarsi l’uccello che cominciava a dare segni di vitalita’, sputarsi della saliva sul palmo aperto della mano, e con la stessa mano scappellarsi il cazzo e lubrificarlo. Lo vidi afferrarmi per i fianchi e tirarmi piu’ da un lato per avere migliore accesso al mio culo. Lo vidi puntare il suo attrezzo verso il mio buco e tutto d’un colpo penetrarmi con impresso sul volto una gioia, un’arroganza, una determinazione, una rabbia, forse un disprezzo quasi disumani. Fu un treno in corsa: per quanto spingeva e spingeva e spingeva, dovetti pararmi con le braccia e le mani al muro affinche’ non sbattessi in continuazione la testa. “Dimenati, muovi il culo, voglio che ti dai da fare pure tu, non mi piace infilarlo in un sacco di patate” disse. Presi a spingere le chiappe avanti e indietro per quanto possibile in quella posizione, per incontrare i suoi movimenti, per prolungare gli affondi. Disse: “Il tuo buco non e’ neanche troppo stretto. Chissa’ quanti cetrioli come quelli ti sei ficcato nel culo, bello di zio”. E io, perso ormai ogni briciola di pudore, gli risposi: “Parecchi, ma ho sempre sognato il tuo cetriolo ficcato su per il mio culo, sai”. “Che gran figlio di puttana, che sei”, fu la sua risposta. Continuava a trivellarmi l’intestino, i suoi occhi incollati ai miei, eccitato come una bestia in calore. Con le braccia dietro la schiena e le mani ad afferrarsi i fianchi, si dava piu’ forza per spingere, per penetrare, per sfondare. Stavo in una posizione non troppo comoda, e vedevo che lui non avrebbe durato ancora per molto per cui gli dissi: “Aspetta, fermati un attimo. Solo un attimo. Adesso voglio che me lo ficchi in culo come inculavi quella troia l’altro giorno. Alla pecorina ”. Sfilo’ il suo cazzo dal mio culo: mi sentii svuotare come dopo un parto, tanto era cresciuto il suo strumento dentro di me. Massimo si libero’ dei vestiti rimastigli addosso, e mi aiuto’ a girarmi velocemente per piazzarmi a quattro zampe sul letto con lui in ginocchio dietro di me. Allungai una mano, gli afferrai il cazzo turgido, arrossato, viscido di crema, e lo indirizzai al mio buco. Con la spinta di un bestione, mio zio entro’ un’altra volta in me, saziando ancora una volta il mio intestino con la sua carne. Ora si’ che mi sentivo la sua puttana. “E adesso fottimi come fottevi lei”, lo esortai. Lui riprese il ritmo oscillatorio del suo bacino, accompagnando ogni profonda inculata con un grugnito di piacere. “Dimmi che ti piace, dimmi che era cosi’ che volevi scopare con me, dimmi che sono grande, dimmelo” fece lui, ossessivamente. “Sii, sei il piu’ grande inculatore con cui abbia mai scopato, sei forte, continua cosi’”, gli risposi io. Lui accosto’ il suo petto alla mia schiena sudata, e il contatto mi fece sussultare. Sentivo il suo calore, il suo sudore, il suo odore di maschio. Con una mano mi presi il cazzo, bollente, pulsante, e presi furiosamente e farmi una sega portentosa. Con la bocca si avvicino’ al mio collo e me lo solletico’ con la lingua e con i denti. Dopo di che’ allungo’ una mano fino alla mia bocca e mi infilo’ il suo dito medio tra le labbra: io presi a succhiarlo come fosse il suo cazzone. Lo baciai, lo leccai, lo mordicchiai. Gli dissi a quel punto: “Ti prego, dimmi quando stai per venire. Voglio che mi sborri in bocca: voglio ingoiare il tuo seme, me ne voglio saziare”. Con la mano lasciai andare il mio uccello, altrimenti avrei schizzato subito; allungando la mano raggiunsi e strinsi decisamente le sue palle gonfie e toste. Emise un grosso grido di godimento. Evidentemente era proprio arrivato il momento dell’orgasmo perche’ per la seconda volta se ne usci’ dal mio buco. Io sempre a quattro zampe mi rigirai svelto e presi tra le mie mani il suo attrezzo arrossato e lucido per ficcarmelo in bocca, ma era troppo tardi: comincio’ a sborrare prima che riuscissi a infilarmelo in bocca. Gli schizzi del suo sperma mi atterrarono su tutta la faccia: sulla fronte, sul naso, sulle guance, sul mento, sugli occhi che feci in tempo a chiudere, mi colo’ sul collo e sul petto, mi impiastriccio’ i capelli. Schizzai anch’io grossi sputi di bianco succo, sul mio stomaco, sulla mia pancia, sul petto, sul collo. In parte le nostre sborrate si erano incontrate e mischiate insieme. Gli ultimi suoi schizzi pero’ me li sono bevuti golosamente, impastandomi il palato, leccandogli la punta e pulendogli il cazzo. Praticamente avevo fatto una seconda doccia, si’ una doccia di sborra. Lui era sfinito e appagato, molle come una gelatina e soddisfatto come un porco. Si distese sul mio letto per riprendersi da tutto quello che era accaduto cosi’ velocemente. Io presi le mutande sporche con cui prima mi stavo divertendo e mi ripulii come meglio potevo la faccia e il corpo, senza pero’ rinunciare di tanto in tanto a leccare via con la lingua qualche goccia di sperma, sia mio che suo. Io mi sentivo come nel bel mezzo del piu’ bel sogno della mia vita. Ero quasi incredulo di quello che fosse successo, e di come fosse successo. Mi avvicinai e mi distesi accanto a lui, per ascoltarne il suo respiro convulso che si stava placando. Fu allora che lui si riprese e mi disse: “Ascolta, mi dispiace di tutto quello che e’ successo ora. Non dovevo permettermi di reagire in questo modo, non so’ cosa mi e’ preso. In poco tempo questa e’ la seconda volta che mi devo giustificare con te, ma credimi, non volevo comportarmi cosi’”. “Cosi’ come? Cosa vuoi dire?” gli feci io. “Insomma, non ti rendi conto di che razza di cose abbiamo fatto? Di cosa ci siamo detti?” disse. Io lo guardavo interrogativo. E lui come per rispondermi, disse: “Abbiamo scopato come due selvaggi, io e te, io tuo zio e tu mio nipote. Potresti essere quasi mio figlio. Questo si chiama incesto, cazzo. E come se non bastasse, il mio cazzo che lo metto in culo e in bocca a un altro uomo; questa mi mancava proprio. E quell’altro uomo e’ pure mio nipote. Mio nipote che e’ un fottuto finocchio. Per me e’ veramente troppo”. “Ascolta, sara’ pure vero che si chiami incesto quello che abbiamo fatto, ma io preferisco chiamarlo una sana, animalesca scopata tra due uomini adulti, che avevano tutti e due l’intenzione di fottere, e che si sono sfogati come meglio potevano. Ti ho visto come ti ha appagato ficcarmelo nel culo, sai. E Dio solo sa come godevo io a prenderlo nel culo. Nessuna donna e’ capace di prendere un cazzone in bocca, in culo o in mano cosi’ bene come lo sa fare un altro uomo, credimi. Il fatto poi che siamo zio e nipote, per me e’ solo un dettaglio. Insomma, eravamo tutti e due intenzionati a farlo, io da piu’ tempo di te, sicuramente, ma anche tu devi averci fatto qualche pensierino, magari bagnato, visto quello che ho trovato sulle tue mutande”. Rimase in silenzio, quasi fosse la sua coscienza a parlargli. “Te lo ripeto, Massimo, io piu’ di ogni altra cosa voglio essere la tua puttana, e so’ che tu mi lascerai comportare come la puttana piu’ puttana che tu abbia mai scopato. Tuo nipote sara’ la tua puttana privata”, e nel dire questo scivolai la testa lungo il suo torace, leccandogli i capezzoli, scendendo lungo lo stomaco e la pancia, oltrepassandogli l’ombelico, per chiudere le mie labbra sul suo cazzo mezzo moscio che ripresi a succhiare, cominciando al tempo stesso a massaggiargli le pesanti palle sicuramente piu’ vuote di prima. Lui mi lascio’ fare, semplicemente posando una sua manona sulla mia testa, spazzolando con le sue dita i miei capelli. Avevamo siglato cosi’ il nostro patto. Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. To the best of our knowledge it meets our guidelines. If there are any concerns please e-mail us at: CustomerService@MenontheNet

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Quelli che seguirono furono giorni fantastici, veramente piu’ eccitanti di qualsiasi cosa avessi mai immaginato. Ogni giorno si concludeva con una scopata, se non di piu’. Prima di tutto ciò che era successo, io e mio zio non eravamo mai stati cosi’ assieme come invece accadde dopo: entrambi cercavamo ogni pretesto per rimanere soli a casa, senza la sua compagna; tutti e due ci

Marco e Andrea

Mi avevi dato un appuntamento. Finalmente, dopo mesi di corrispondenza, ci saremmo incontrati e la cosa mi faceva un gran piacere, ma mi terrorizzava al tempo stesso. La differenza esistente tra le nostre età era troppo grande perché non si facesse sentire in modo negativo al momento in cui ci saremmo guardati in faccia per la prima volta. I tuoi genitori erano andati fuori e si

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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