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Lo e Mio Zio - parte 2

by Ganimede


Quelli che seguirono furono giorni fantastici, veramente piu’ eccitanti di qualsiasi cosa avessi mai immaginato. Ogni giorno si concludeva con una scopata, se non di piu’. Prima di tutto ciò che era successo, io e mio zio non eravamo mai stati cosi’ assieme come invece accadde dopo: entrambi cercavamo ogni pretesto per rimanere soli a casa, senza la sua compagna; tutti e due ci inventavamo le cose piu’ strane per creare l’occasione di vederci, di trovarci, di amarci. Lui era un vero stallone, un animale da monta. Le sue voglie sembravano non esaurirsi mai, cosi’ come il suo sperma. In effetti le sue palle erano sempre gonfie. Io me ne riempivo sempre di piu’ del suo succo: a lui essere munto fino allo svuotamento sembrava dare una gran carica, a me la sua sborra sembrava dare nuova vita. Mi rigeneravo. Principalmente in casa, ma qualche volta capitò pure al suo ufficio, nella sua stanza quando magari nelle altre stanze c’erano ancora i suoi colleghi; oppure capitava nell’auto di uno di noi due. Per non parlare poi delle scopate in garage o in cantina. Ma devo dire che ogni posticino strano era ideale. Non sono mai stato cosi’ felice ed eccitato di rimanere a casa come in quel periodo. A casa era diventato quasi impossibile per noi fare tutto quello che magari prima facevamo insieme, senza che quella situazione generasse un occasione di eccitazione, di arrapamento tra noi. E stava diventando pesante, quasi, ma di sicuro non avrei mai sperato in meglio. Cosi’ capitava che io mi trovassi in bagno seduto sul cesso e che lui entrando, chiudesse la porta perche’ in casa c’era pure lei, facendo finta di lavarsi i denti o di farsi la barba o altro, mi ficcasse invece il suo cazzone venoso e scappellato in bocca, solo per dargli un’eccitatina. Oppure capitava che, sempre in bagno, non potessi lavarmi i capelli nella vasca che lui, passando, strofinasse il suo uccello, fuori o dentro le sue mutande, tra le mie chiappe. O ancora capitava che quando lui mi chiamava per lavargli la schiena, io finissi poi per scappellargli e smanettargli il pisello fino a farlo venire. E non mancava occasione che, quando c’era da attaccare un quadro, sostituire una lampadina, montare una tenda, salire sulla scala, io non gli stuzzicassi il cazzo e le palle, con la bocca o con le mani, o lui non mi stuzzicasse il buco del culo. Oppure capitava che, quando dovevo lavare io i piatti, lui passasse per la cucina e mi infilasse le sue mani nelle mutande per ficcare le sue dita, insalivate, su per il mio culo. Quando eravamo a tavola, poi, era un continuo giocare con i nostri piedi, e le nostre gambe. Quando non eravamo visti, io allungavo le gambe da sotto il tavolo e arrivavo a piazzargli il piede tra le sue gambe, per lisciargli il cazzo e le palle. Oppure lui mi strofinava le sue gambe contro le mie. Una volta e’ capitato che io stessi per qualche motivo affacciato alla finestra, poggiato con i gomiti sul davanzale. All’inizio non lo sentii arrivare, poi invece notai la sua presenza: ero in calzoncini e lui, postosi proprio dietro a me, me li ha abbassati, assieme alle mutande, doveva essere gia’ col cazzo duro di fuori, perche’ subito me lo ha infilato dentro, tutto contento. Gli dissi: “Che cazzo fai, non vedi che stiamo davanti alla finestra. Che ti prende? Fino ad ora siamo stati sempre discreti, oggi vuoi dare spettacolo?”. E lui allora, senza venire fuori da me, ha preso la corda della tenda e l’ha chiusa immediatamente. Cosi’ eravamo io che sporgevo dalla finestra e nascosto dietro la tenda era lui che si spingeva dentro di me. E spingeva pure tanto. Fu un’emozione forte, davvero: nessuno, pur guardando, poteva sapere che venivo inculato davanti alla finestra, e per di piu’ da mio zio. Al piu’ si poteva intuire che stessi inculando il davanzale, viste le spinte che lui mi dava. Piu’ di una volta e’ successo che mi sono svegliato di notte perche’ mio zio, dritto davanti al mio letto, con le mutande calate fino alle ginocchia, voleva che gli facessi un pompino svelto svelto. “Visto che mi sono dovuto alzare per andare a pisciare, almeno mi diverto pure un po’”, mi diceva in quelle occasioni. E io, piu’ che mezzo addormentato, aprivo la bocca, tiravo un po’ fuori la lingua, e dopo un po’ mi bevevo la mia razione di sborra. E tutto questo per noi era solo il preludio a tutto quello che ogni giorno avremmo fatto, appena trovavamo il giusto momento. Era, come dire, l’antipasto delle grandi scopate che ci aspettavano. La cosa piu’ eccitante era proprio la complicita’ sessuale che si era creata tra noi, il voler trovare situazioni, occasioni, pretesti ai nostri infiniti giochi d’amore. E naturalmente tutto nella piu’ assoluta clandestinita’. Le nostre scopate si consumavano, come ho detto, soprattutto in casa, ma anche nel suo ufficio, ci scappavano delle sveltine. Lui mi chiamava sul cellulare, quando aveva qualche momento libero, e io se potevo lo raggiungevo. Entravo nella stanza dove lavorava, che non condivideva con nessuno, senza problemi, d'altronde ero e sono suo nipote, e una volta chiusa la porta, mi buttavo in ginocchio e mi ingoiavo il cazzo di mio zio, fino a farlo sborrare nella mia bocca, mentre lui mi infilava le dita nel culo. Oppure mi tiravo giu’ calzoni e mutande, mi mettevo alla pecorina appoggiato alla sua scrivania, mi prendevo i suoi 20 e piu’ cm di cazzo su per il culo e mi facevo montare. Oppure sempre a culo scoperto, mi arrampicavo sulla sua poltrona e sopra di lui per poi scendere e impalarmi sul suo attrezzo duro e caldo. E lui sempre senza troppo agitarsi e senza fare rumore, soffocando i gemiti e i sospiri di passione, entro poco tempo mi sparava i suoi sei o sette schizzi di sperma in profondita’ nel mio corpo. Si ricomponeva, si risistemava, aiutava me a ripulirmi alla meglio e a rendermi presentabile, e mi accompagnava fuori. In macchina invece accadeva spesso quando mi veniva a prendere all’uscita dell’universita’, o dalla palestra. Le nostre strusciate, i nostri strofinamenti cominciavano quasi subito: io piu’ spesso gli mettevo una mano tra le gambe e gli massaggiavo le palle e il pisello attraverso i pantaloni; lui piu' spesso portava la sua mano sotto la mia coscia con le dita mi tampinava il culo. Poi ci appartavamo in qualche posticino isolato. Se c’era veramente poco tempo io gli aprivo la patta dei pantaloni, gli scostavo le mutande e gli liberavo il cazzo, per poi prenderlo in custodia nella mia bocca, coccolandolo fino a fargli tirare fuori tutto il succo che aveva. Se invece il tempo non ci mancava ma volevamo concludere prima di arrivare a casa, allora facevamo scendere i sedili e io salivo sopra di lui e mi facevo montare per bene. A casa, come dicevo, ogni occasione era buona e pure ogni posto era buono. Tuttavia il nostro rapporto non era alla pari. Per le mie sborrate, insomma, dovevo pensarci da solo. Lui spesso mi allisciava, mi si strofinava contro, ma non si era mai occupato del mio appagamento, non mi aveva mai toccato il cazzo o le palle, se non distrattamente, senza intenzione. E io mi tiravo seghe a non finire, sia durante i nostri coiti, sia da solo, senza lui, quando ripensavo a quello che avevamo fatto e a quello che avremmo fatto in futuro. Io subivo un attrazione innaturale per le mutande che lui si toglieva, ambrate di urina, e a volte chiazzate pure di sperma. Me le indossavo e poi ci venivo dentro, strofinando il cazzo sul materasso del letto, oppure usandole per pulirmi il cazzo dopo essermi tirato una sega. Visto che comunque il bucato lo facevo molto piu’ spesso io per entrambi, era facile non farglielo sapere. Forse la colpa della sua mancanza di attenzioni nei miei riguardi era stata mia, gli avevo proposto di essere io la sua puttana, non anche lui la mia. Tra noi c’era un grossissimo feeling sessuale, ma non c’era sentimentalismo. Al di fuori della nostra intesa a letto, il rapporto zio-nipote, quello vero, di tutti i giorni, sebbene agli occhi di terzi l’evidenza dimostrasse il contrario, non era veramente cambiato. Voglio dire, non c’era ancora quella complicita’, quella comunicazione a 360 gradi che invece avrei sempre sperato di avere con lui. Per lui come per me era un meraviglioso sfogo. Lui aveva bisogno di soddisfare i suoi appetiti sessuali, io morivo dalla voglia di scopare con lui, per cui eravamo tutti e due felici e contenti. Comunque non potevo proprio lamentarmi, e magari in futuro le cose sarebbero cambiate, sarebbero evolute. E in effetti qualcosa accadde. Un giorno, eravamo tutti e tre a tavola, c’era anche la sua compagna, mio zio disse che sarebbe dovuto andare qualche giorno, o forse una settimana, fuori citta’ per lavoro. Naturalmente propose alla sua compagna di accompagnarlo, visto che si tratteneva fuori più spesso del solito, ma lei rispose che non sarebbe potuta andare per suoi impegni di lavoro. Con mia grande sorpresa lei stessa propose che magari potevo accompagnarlo io, se volevo, visto che i miei esami li avevo passati con soddisfazione. Non sapevo cosa rispondere.. Guardai mio zio negli occhi, per capire se gradiva o meno. Perche’ non me lo aveva chiesto lui direttamente? Perche’ non subito? O forse sapendo degli impegni della compagna, era stata una mossa studiata e programmata, per avere me invece che lei? I suoi occhi mi risposero: mi fece l’occhiolino e mi guardo’ con lo sguardo da mandrillo che aveva sempre quando godeva. Partimmo il giorno dopo. Il percorso lo abbiamo fatto in macchina. Durante il viaggio non abbiamo parlato molto. Ad un certo punto io gli dissi: “Non speravo che capitasse un’occasione come questa, sai, anzi ancora non mi sembra vero. Cosi’ possiamo passare un po’ di tempo io e te soli, senza la preoccupazione di venire interrotti o scoperti. Solo io e te. Non e’ fantastico?”. “Anche io sono contento che tu sia venuto con me” rispose. E allungo’ la mano destra per prendere la mia mano sinistra e portarsela tra le gambe: me la sistemo’ sul suo cazzo e attraverso la mia mano se lo massaggio’ beatamente. “D’altronde non capita a tutti di portarsi la propria puttana preferita in vacanza su invito della propria compagna, o no?” disse, allungando l’occhio dalla mia parte e facendo una risata sorniona. Cazzo, era sempre bello duro. E sempre pronto a farsi succhiare o a essere strizzato dentro a un culo. “Dai vai giu’ di bocca, adesso, mentre sto guidando. La strada e’ libera e non c’e’ nessun pericolo. Su, bello mio”. Cosi’ mi sono spinto con la faccia sopra di lui, gli ho liberato la bestia, gliel’ho completamente scappellata e me la sono ficcata in bocca. Ho preso a leccare con la punta della lingua il prepuzio, il buchetto per pisciare, poi sotto il glande, e poi sprofondavo giu’ verso la base che non riuscivo di certo a raggiungere con la bocca, ma che strofinavo con le mani. “Oh si’, bravo, si’, ancora. Sei proprio bravo, dai sempre grande piacere a zio tuo, vero?” diceva, in estasi. Ogni tanto la macchina sbandava leggermente, ma lui ne riprendeva subito il controllo. Sbandava o perche’ lui lasciava il volante in preda a ondate di piacere o perche’ spingeva troppo a fondo il pedale dell’acceleratore per il troppo godimento del momento. Anche quella mattina feci il pieno del suo succo. Ci fermammo ad un autogrill. Prendemmo qualcosa da mangiare e dopo il pranzo fui io il primo ad andare al cesso, mentre lui rimase ad aspettarmi fuori. Quando tornai mi disse che anche lui doveva andare a pisciare, cosi’ gli dissi: “Allora entra nel primo gabinetto a destra, dove sono andato io”. “E perche’?” mi fece lui. “C’e’ una bella pagina di vita dei froci dietro la porta e sui muri di quel cesso. Tu leggi quello che c’e’ scritto, e’ parecchio interessante” gli risposi. “So cosa puo’ esserci scritto in quei posti. Fino ad ora non vi ho mai dato importanza, anzi mi facevano quasi schifo, sai” mi disse. “Io credo che adesso cambieresti idea, invece. Arraparato come sei, sono sicuro che risponderesti a tutti i messaggi che trovi sul muro, e che ti fotteresti pure il primo frocio che ti capita a tiro” gli risposi. “Non il primo, ma il mio preferito. Dai vieni pure tu, entra insieme a me. Mi e’ venuta di nuovo voglia” concluse. Nei cessi pubblici non c’era ancora capitato di farlo. “Perche’ no”, pensai. Per fortuna non c’era gente nella toilette, cosi’ potemmo entrare nello stesso gabinetto senza essere visti. “Lo voglio fare qui dentro, recitando” mi disse. Io mi abbassai i calzoni e le mutande, lui si abbasso i suoi calzoni e le mutande. “Che vuol dire “recitando”?” gli chiesi io. “Appoggia le mani al water, abbassa la testa e rilassa il buco del culo. Ti recito quello che c’e’ scritto mentre ti inculo” fece lui. E comincio’: a muoversi dentro e fuori dal mio culo, e a recitare quelle poesie scritte sulla porta e quei graffiti incisi sui muri. Lesse e commentò: “Succhio cazzi con ingoio... Breve ma esplicativo. Cerco cazzo grosso, giovane, possibilmente di camionista, anche non troppo pulito, che mi sganasci la bocca e mi rompa il culo... Un tipo romantico, devo dire. Offro 19 cm di cazzo da monta... Questo non mi interessa. Cerco maschi in divisa, specie se muscolosi e pelosi, no gay, no effemminati, ho un culo grosso che voglio riempire di cazzi... Non ho la divisa, ma il resto c’è tutto. Che dici tesoro, gli rispondiamo?” e cosi’ via, li ha letti e commentati tutti, il porcone. Quando aveva finito di leggere tutto, mi inondo’ il retto di sperma. Era veramente inesauribile. Comunque dopo quella sosta e relativa scopata, siamo ripartiti. Arrivammo a destinazione la sera tardi e ci sistemammo in albergo, nella stessa stanza, con due letti separati. Quei due letti divennero subito un unico lettone matrimoniale. Mi sentivo come se quella settimana fosse la nostra luna di miele. Non so mio zio, ma io mi sentivo e paragonavo noi due come a una coppia di novelli sposi alla loro prima notte di sesso sfrenato. E quella notte fu infatti da raccontare. Anche se eravamo entrambi stanchi per lo stress del viaggio, io non vedevo l’ora di scopare, e di farlo per tutta la notte. Ci spogliammo a vicenda, ma velocemente. Dalle dimensioni del cazzo che sfodero’ dalle sue mutande, era chiaro che pure lui non aspettava altro. “Salta sul letto e mettiti a quattro zampe, tesoro mio. Parami bene il culo. Questa sara’ la nostra notte” mi disse. Eseguii i suoi ordini, e spalancai le chiappe. Anche lui monto’ sul letto; non si inginocchio’ ma rimase in piedi, a gambe larghe, si fece sopra di me, si abbasso’ per ficcarmelo dentro il culo e mi monto’ come fanno gli animali, le sue braccia strette attorno alla mia vita, la sua faccia incollata alla mia nuca. Ogni tanto mi dava un piccolo morso sensuale al collo. Lo immaginai come un leone intento a copulare la sua femmina e a darle piacere. Come al solito all’inizio, l’entrata di quel bastone d’acciaio che e’ il suo cazzo in erezione non mi procurava subito piacere, ma dopo un po’ mi mandava proprio in paradiso. Non volevamo far finire presto quella nostra prima scopata da sposini, e quindi non fu cosi’ impetuoso come di solito era; spesso rallentava il ritmo delle sue inculate, per poi riprendere aumentando il piacere proveniente dal suo cazzo stritolato nel mio culo. Lui spesso si lasciava andare sopra di me, e il suo peso e quei muscoli guizzanti e tesi per l’amplesso non erano proprio leggeri da sostenere, specie se mentre lui stantuffava il suo cazzo in me, io volevo prendermi cura del mio cazzo. Gli proposi di distenderci lunghi sul letto, io sotto e lui sopra, cosi’ lui poteva spingere quanto voleva e io potevo strofinare il mio uccello sul materasso. “Bella idea” mi rispose. Senza che lui fuoriscisse da dentro me, ci sistemammo lunghi sul letto; io mi ficcai un cuscino sotto il ventre per tenere alto il culo in modo che fosse piu’ facile per lui muoversi dentro e fuori di me. Non l’avevamo mai fatto cosi’. La sensazione del suo corpo, sudato e caldo, peloso e muschiato, a contatto col mio, piu’ piccolo e meno possente del suo, fu fantastico. I peli del suo petto solleticavano la mia schiena, il suo respiro forzato sul mio collo, e dietro le mie orecchie, tutto era di una sensualita’ pazzesca. Con le sue manone mi toccava dappertutto, e poi arrivava e ficcarmi le dita in bocca perche’ gliele succhiassi. Poi si alzo’ sulle braccia, e comincio’ a ficcare sempre piu’ forte, quasi volesse sprofondarmi dentro e non uscire piu’. Si spalmava su di me come si spalma la nutella su un pezzo di pane. Senza bisogno di fare alcun movimento, con le spinte che lui dava, anch’io stavo fottendo il cuscino che avevo sotto di me. Fu, come al solito, un coito selvaggio. Con qualche difficolta’, i nostri spurghi furono contemporanei, sincronizzati. Sembrava che la sua sborra schizzasse direttamente sul cuscino sottostante, passando per il mio culo e per il mio cazzo. A quel punto eravamo felicemente sfiniti. Massimo si tiro’ fuori da me e si rotolo’ ad un lato del letto per riprendere fiato. Il giorno successivo, naturalmente lui aveva da lavorare. Non ci vedemmo dalla mattina fino al pomeriggio. Quando torno’ mi fece questa proposta: “Che ne dici se andiamo a rimorchiare una puttana e facciamo qualcosa a tre? Sai che sono innamorato del tuo culo e della tua bocca, ma ho bisogno di un culo senza peli e di una bocca che non mi punga con la barbetta”. “Io non ho mai scopato con una donna!” gli dissi. Mi rispose: “Forse e’ arrivato il momento in cui dovresti provare. Poi l’hai detto tu, un buco vale come un altro, o no?”. Per amore suo, acconsentii. Aspettammo la sera e uscimmo per rimediare una puttana. Sapevo che a lui piacevano col culo grosso e con grossi seni. Naturalmente feci scegliere a lui. Ci accordammo per una prestazione a tre. Tornammo in albergo, salimmo in stanza, e in men che non si dica eravamo tutti e tre nudi pronti per l’amplesso. Io mi sedetti ai piedi del letto, con un’erezione gia’ vistosa. Lei subito mi si avvicinivo’ e, sistemandosi tra le mie gambe, si prese in mano il mio uccello e se lo ingoio’. Al tempo stesso mi stava tirando una sega e mi succhiava dalla punta fino a dove arrivava. Quel porco di mio zio, invece, le disse di tirarsi su’ dalla posizione inginocchiata che aveva assunto, e prese a leccarle quella gran fica che aveva tra le gambe. Disse, infatti: “Sentivo proprio la mancanza del profumo di una grossa fica. E tu sei veramente grossa”. La sua lingua era entrata in quella caverna pelosa e non usciva piu’, per quanto spazio c’era da esplorare li’ dentro. Stavamo gia’ godendo, io e la troia. Lei mi solleticava il cazzo con la punta della lingua come immaginavo stesse facendo mio zio dentro la sua vagina. Poi Massimo si stanco’ di usare la bocca, e quindi si sistemo’ sul letto accanto a me e chiese di essere spompinato pure lui. La ragazza allora divise i suoi favori tra tutti e due. Eravamo seduti sulla sponda del letto, io e mio zio, a contatto di cosce, i nostri cazzoni che svettavano all’aria, e che facevano a gara per contendersi la bocca della troia. Lei guardo’ i nostri arnesi attentamente e infine disse che si somigliavano moltissimo, anzi sembravano quasi lo stesso cazzo. E deve essergli piaciuto molto visto che si tuffo’ come un’indemoniata a spompinarci alternativamente. Per qualche secondo stantuffava sul mio uccello e poi passava su quell’altro, per poi ritornare al mio, e cosi’ via. Sia io che mio zio, da parte nostra, ci tenevamo l’uccello alla base, con entrambe le mani, in modo da offrirle tutta la lunghezza disponibile. E lei si ficcava in gola proprio tutto. Dopo un po’ la ragazza ci disse di alzarci sulle ginocchia e di avvicinarci ventre e ventre in modo che potesse prendersi in bocca i nostri due cazzoni insieme. “Bella trovata”, disse mio zio. In ginocchio sul letto, ci sistemammo incollando i nostri fianchi e avvicinando i nostri cazzi, mentre lei si abbasso’ e li afferro’ entrambi con le mani per ficcarseli in bocca e dare lunghe leccate e gustose succhiate. Eravamo tutti e due con i cazzi in tiro, lucidi e sanguigni. Erano cresciuti a dismisura e ora svettavano nell’aria per incontrarsi. Con le mani esperte ci dava una stiratina alla base del cazzo e alle nostre palle rigonfie e nella sua bocca la sua lingua correva veloce a lisciare il nostro glande, i buchini per pisciare, la base della cappella. Cosi’ facendo, per la prima volta dall’inizio della nostra relazione, i nostri cazzi si strofinarono a vicenda, si toccarono, si baciarono. Fino ad ora non avevano mai fatto una conoscenza cosi’ approfondita, e chi ne godeva di piu’, strano a dirsi, era proprio Massimo. Lo si vedeva chiaramente dai suoi occhi. La ragazza era valida, sia di bocca, sia di mani, sia di culo. Sapeva come muoversi. Proprio in uno di quei momenti di chiara eccitazione, mio zio allungo’ una mano e passando dietro la mia schiena la piazzo’ sulla mia chiappa e ne diede una strizzatina forte e decisa. Poi si insinuo’ con le dita tra l’apertura delle natiche e me le ficco’ nel culo. Io feci un po’ di movimento per aiutarlo nell’azione di penetrazione e subito sentii il piacere e il godimento del massaggio alla prostata che mi stava dando con le dita. Come al solito il mio cazzo reagi’ con un’ulteriore impennata, e la ragazza se ne stupi’ veramente. Pensava che fosse per il bel lavoretto che mi stava facendo. L’esplorazione anale che mio zio mi stava facendo continuo’ per qualche secondo, e fu meravigliosa. Di li’ a poco avrei sicuramente sborrato, mentre io volevo che quella serata durasse il piu’ a lungo possibile. Cosi’ mi ritirai dalla bocca della ragazza e dalle dita insaziabili di mio zio e mi buttai di schiena sul lettone. “Ehi, rallentiamo un attimo, non ho voglia di venire subito” dissi. Anche mio zio si distese accanto a me e la ragazza si sistemo’ tra di noi sul lettone. Molto lentamente ci riprese i nostri uccelli in mano e con pazienza ce li smanetto’ con cura e dovizia. Ci massaggiava le palle, arrivava ai capezzoli per stuzzicarli. Era brava. A quel punto mio zio se ne usci’ sussurrandomi: “E’ ora che cominciamo a scoparla veramente, questa qui. Non vedi come e’ affamata? Facciamo un’ammucchiata. Io mi prendo il culo e tu la fica”. Eseguii il suo ordine. Sdraiato sul letto, la avvicinai a me e le feci segno di venirmi sopra. Lei monto’ su di me e afferratomi il cazzo, si impalo’ sul mio arnese dalle dimensioni invidiabili. Il porcone invece si posiziono’ sopra di noi, a gambe larghe e abbassandosi la penetro’ da dietro fino ad arrivarle nell’intestino. La sensazione che provai nel metterglielo nella fica fu strana. Io preferivo sentirmi il cazzo bello stretto, invece quella aveva la fica molto larga e spanata. Ero comunque sempre molto eccitato nel vedere mio zio che, assatanato di sesso, allegramente e potentemente entrava e usciva da quel culo. Nonostante tutto quello che avevamo fatto, mi sembrava che solo cosi’, in quei momenti, mio zio pensasse di condividere con me un’intimita’ e un’intesa sessuale mai provata. Io mi immaginavo di arrivare a toccare con il mio cazzo il suo, attraverso quella ragazza, il cui corpo costituiva per me solo il veicolo per arrivare a lui. Entrambi avevamo una stretta presa su di lei, per insinuarci sempre piu’ profondamente nel suo corpo. Lei, da troia esperta quale era, gemeva e mugolava come una cagna, e si dimenava per quello che poteva, visto che era stretta nella morsa dei corpi di mio zio e mio. Anche quella situazione era molto eccitante e godevo come un matto, fantasticando con l’immaginazione. Pero’ mio zio era evidentemente troppo pesante per lei, o comunque ci dava dentro in modo troppo prepotente visto che di li’ a poco, lei disse di cambiare posizione. In breve rotolammo sul letto ed io e mio zio ci scambiammo posizione, mentre lei rimase sempre in mezzo a noi: Massimo sotto, disteso di schiena, lei a gambe divaricate col cazzo di mio zio ficcato nel suo ventre, io sopra tutti col mio uccello sprofondato nel buco del culo di lei. Ricominciammo a pompare come dannati. Ogni tanto fuoriuscivo dal suo culo e riuscivo a ficcare il cazzo nella sua fica, per fare compagnia al cazzo di mio zio; di spazio, tanto, ce n’era. E cosi’ mi capito’ per la seconda volta in quella serata, di strofinare il mio uccello con quello magnifico di Massimo. I nostri cazzi non si erano mai trovati in contatto cosi’, e mai intenzionalmente. Poi ritornavo a montarla dalla porta posteriore. Ogni tanto le manone di mio zio arrivavano ad accarezzare la mia schiena, arrivavano all’altezza delle mie chiappe, e me le massaggiava. Quel lettone non smetteva un secondo di cigolare e di sbattere contro il muro. Cambiammo ancora posizione: eravamo affamati di provarle tutte. In ginocchio tutti e tre sul letto, facemmo un sandwich di carne umana, con la nostra bella sempre in mezzo. Poi invece successe qualcosa di magico. Le braccia di mio zio prima presero a sfiorarmi e poi mi strinsero verso se’, schiacciando la ragazza tra noi due. A quel punto eravamo stretti in un abbraccio sessuale tra me e mio zio. Abbraccio che si concluse con la sua lingua che cercava di farsi largo nelle mie labbra. Prima che io potessi fare nulla, mi ha dischiuso le labbra e con la punta mi ha esplorato tutta la bocca per poi arrivarmi in gola. Non era mai successo nulla di simile durante i nostri incontri sessuali. Ma neanche mai era capitato di trovarci a respirarci in faccia! A quel punto per me la ragazza era come sparita, svanita nel nulla. Ora eravamo tutti e due a spingere, ma non per prendere piacere da quella donna, dal suo corpo, bensi’ per entrare in contatto sempre piu’ stretto, per compenetrarci, per unirci. Le nostre lingue si intrecciavano e si leccavano, ci spazzolavamo a vicenda l’interno delle nostre bocche, sigillando le nostre labbra in un unico, interminabile bacio. La ragazza pero’ si lamento’ della nostra esuberanza, delle nostre maniere, e ci scosto’ a entrambi. Disse che era d’accordo a scoparci tutt’e due, ma non in quel modo violento. Non avevamo intenzione di slegarci da quell’abbraccio, non avremmo smesso mai se non per riprendere fiato. Lei invece ci separo’ e si scanso’. Prendemmo a baciarci e a slinguazzarci di nuovo, con una passione e un delirio maggiori di prima. Intanto ci avvicinavamo di piu’ l’uno verso l’altro. Ad un certo punto, non solo le nostre bocche erano cucite assieme, ma anche le nostre braccia, e poi i nostri corpi erano stretti, incollati tra loro, alla ricerca di contatto, per soddisfare la nostra fame di piacere. La ragazza si era veramente stranita e ci minaccio’ di andarsene. Noi non trovavamo nulla di male in quello che stavamo facendo, anzi; ma lei non era della nostra opinione. Lei si stufo’ definitivamente di noi, e comincio’ a prenderci a parolacce, ci mando’ al diavolo, di diede dei froci, dei pervertiti, dei malati. Quello che ci disse, pero’, non ci offese per niente, anzi ci diverti’ e ci eccito’ ancora di piu’, se mai fosse possibile. All’improvviso Massimo se ne usci’ dicendo: “Pensa, bella mia, che questo gran finocchio che tra poco mi scopero’ fino a sfinirmi, e’ pure mio nipote. Ed e’ la mia puttana preferita”. Scoppiammo tutti e due a ridere come pazzi. Mio zio le diede dei soldi in piu’, oltre a quelli che avevamo concordato, perche’ se ne andasse da sola, senza che la riaccompagnassimo dove l’avevamo rimorchiata. Per me non ce ne sarebbe stato neanche bisogno: era veramente schifata da tutto quello che avevamo fatto e da quello che aveva sentito. Al volo si prese i soldi e le sue cose e se ne usci’ dalla nostra stanza salutandoci con un sonoro “Vaffanculo, brutti froci figli di puttana”. Non smettevamo di ridere per la scena della ragazza. Ci ritrovammo soli, uno di fronte all’altro, arrapati come due sedicenni, e con i nostri cazzoni che aspettavano di ricevere la giusta soddisfazione. Riprendemmo fiato, finalmente. “Dai, mettiti sdraiato sul letto, sotto il mio uccello e prendimelo in bocca, come solo tu sai fare”, disse il porco. Cosi’ feci. Lungo sul letto, mi piazzai tra le gambe allargate di mio zio, sotto le sue palle gonfie, mentre lui era in ginocchio sul letto. Cosi’ posizionati, si abbasso’ piano piano, premendo con la mano sul ventre per schiacciare il suo uccello verso il basso e introdurlo nella mia bocca golosa. Entro’ molto sensualmente nell’ovale delle mie labbra. Ed io lo accolsi con tutte le premure del caso: la mia lingua era come un guanto cucito addosso a quell’uccello del paradiso. E poi gli diedi il piu’ bel pompino della sua vita. Nonostante non lo credessi possibile, questa vicenda ci aveva dato nuovo vigore, nuove emozioni, una nuova complicita’. Tuttavia non mi venne in bocca. Quando fu vicino all’orgasmo su ritiro’ da me. “Voglio schizzarti nel culo” mi disse. “Tutto quello che vuoi, per te” gli risposi. Adesso si distese lui lungo sul letto, e io mi accovacciai sopra di lui, fino a prenderlo dentro di me. Da subito volle che io molleggiassi molto allegramente sulla sua mazza, mentre lui mi cingeva i fianchi con le mani. Io non potevo resistere a stare con le mani in mano e iniziai subito a masturbarmi. Piu’ di una volta lasciai sfuggire il suo cazzo dal mio culo, per l’agitazione con cui mi muovevo sopra di lui, ma prontamente lo ripresi e lo inghiottii tutto dentro. Proprio quando vidi il corpo di mio zio irrigidirsi e inturgidirsi, mi tirai su, “sputando” il suo cazzo e mi riabbassai senza rimetterlo dentro. Allora glielo presi con una mano, mentre con quell’altra continuavo a smanettare il mio uccello. Scivolai vicino a lui, a contatto con le sue cosce pelose, e avvicinai i due piselli, facendo baciare le nostre cappelle, le nostre palle, e questa volta con tutte e due le mani li allisciai vellutatamente ma decisamente, per portarli infine alla eiaculazione. E i nostri spurghi furono simultanei. Schizzammo in aria densi fiotti di brodo opalino, che atterrarono dovunque sul nostro corpo e sulle lenzuola, gia’ fradice di sudore. I nostri schizzi si confusero sia in aria, sia quando caddero. E questo mi risultava molto eccitante: la confusione della nostra sborra, il mescolamento dei nostri semi, per formare un unico, goloso, succoso, dolce-amaro prato pulsante di vita. Svuotate le sue palle, mio zio sprofondo’ senza piu’ fiato sul cuscino. Svuotate le mie palle, io mi buttai disteso sul letto, accanto a lui. Stavo riprendendo fiato, calmando il mio respiro, cercando di ricomporre i miei pensieri, quando sentii la sua manona scorrere sul mio corpo viscido, lucido e colloso. Una mano calda, potente ma delicata, che prese a cercare sulla mia pelle i laghi formati dal nostro sperma. Molto sensualmente si mise poi a impastare le sue dita con il nostro succo, spalmando la sua mano fino a insudiciarsi. Era maledettamente sensuale e rilassante, il massaggio che mi stava dando. E al tempo stesso dolce e paterno. Io lo fissavo senza dire nulla. Questo suo massaggio sessuale era iniziato dalle mie cosce, per passare sul mio inguine, che cominciava a dare segno di risveglio, quindi arrivare sul ventre, lo stomaco e il petto. A quel punto, con la mano e le dita sporche di sperma, mi arrivo’ all’altezza della bocca, e qui si fermo’. Non so se era quello che desiderasse, ma io per istinto tirai fuori la mia lingua di nuovo avida di lui, e cominciai a leccare via ogni traccia del nostro amplesso dal palmo della sua mano, e poi dal dorso della sua mano. Dopo ogni leccata, gustavo quel cocktail denso di umani sapori e aromi, assaporando ogni piu’ piccola goccia disponibile. Quando avevo quasi terminato di ripulirlo, sempre in assoluto silenzio, mi fece cenno di fermarmi, di chiudere la bocca, e avvicinandovi le sue dita, me le fece spompinare una ad una, lentamente e suadentemente. Ed io mi ci impegnai veramente a succhiare tutte e 5 le dita, grosse come cazzi di un uomo normale. Alla fine del mio lavoro di bocca, quella mano avrebbe risplenduto e luccicato molto piu’ che una lunga e saponosa lavata di mani. D’improvviso mio zio sfilo’ dalla mia bocca il dito che stavo lustrando, e avvicino’ il suo volto, portandolo direttamente sopra il mio. I miei occhi non mollarono un istante i suoi, e per un tempo che a me sembro’ eterno, rimanemmo cosi’ vicini che mancava un soffio per un contatto. Sembrava che volesse rubarmi il respiro, o che volesse respirare la mia stessa aria, o che volesse farmi respirare la sua. Mentre io avevo proprio smesso di respirare, e sentivo solamente il suo soffio caldo sul mio volto. Stavo quasi per soffocare per la mancanza di ossigeno, quando incollo’ le sue labbra alle mie, e srotolo’ la sua lingua dentro la mia bocca, per giungere ad intrecciarla alla mia, lavandone via le ultime tracce del nostro amplesso. Io lo lasciai fare, semplicemente perche’ non sapevo cosa fare. E continuava a ficcare questa lingua guizzante nella mia cavita’ orale, esplorandone ogni angolo, accompagnata in questo viaggio dalla mia lingua che seguiva la sua desiderosa e filiale. A quel punto avvicino’ anche tutto il suo corpo al mio. Io allargai le mie gambe per accoglierlo, per confortarlo. E lui vi si posiziono’ in mezzo, e mi sovrasto’ con tutto il suo peso. Il mio corpo era completamente bisunto di sperma, mentre il suo ne era cosparso abbondantemente, quasi come la pelle maculata di un felino. Abbasso’ il suo corpo possente sul mio, ma non sentii il peso che mi soverchiava. Ero troppo rapito dal ultimissimi eventi; troppo coinvolto nel considerare tutte le sfumature che questi ultimissimi gesti implicavano e avrebbero comportato nel nostro futuro rapporto. I nostri corpi erano a quel punto uniti assieme. Commenti a: a_far72@hotmail.com Due to international translation technology this story may contain spelling or grammatical errors. 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