Gay Erotic Stories

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November 18

by Falcomarino


Era il 9 di settembre, quando sceso dalla funicolare a Montesanto, mi avviavo a quell’appuntamento che, anche se non volevo ammetterlo, già sapevo mi avrebbe cambiato la vita. Era come se, prima ancora di incontrarlo, già sapessi che era diverso, molto diverso dalle altre persone che avevo incontrato precedentemente; anche se di “avventure” non ne avevo avute mica molte, in questo caso c’era un non so che di diverso fin dalle prime battute. Pochi giorni prima aveva risposto al mio unico annuncio fatto sulla Rete: un paio di e-mails, qualche rapida telefonata, tutto come da copione, tutto come era sempre andato... ma continuava a venirmi in mente che questa volta era diverso. Spesso il mio sesto senso (cosa nella quale razionalmente non credo) mi ha suggerito l’evolversi degli eventi, ma io non l’ho mai voluto ascoltare, anche se non ha mai mancato un colpo. E così, pensando alle mie sensazioni e contemporaneamente lanciando uno sguardo nelle vetrine di tanto in tanto, per vedere nei riflessi se ero presentabile, giunsi al luogo dell’appuntamento: le scale della Posta Centrale. Erano già le 11:05 ed il mio cuore batteva all’impazzata – verrà o mi farà un bidone, e che penserà di me…forse non sono il suo tipo.- ; poi mi ritornava in mente il titolo della sua prima e-mail: “bisessuali, i peggiori”, - perché avrà scritto questo? – mi chiedevo. DRIN! DRIN! Una telefonata sul cellulare: -Pronto?!- -Riccardo? Sei già all’appuntamento?- -Si, ma tu dove sei?- -Scusa sto arrivando.- -Come ti riconosco?- -Ho una polo bianca ed una borsa- -Ok, ti aspetto- Mi accesi una sigaretta, combattuto tra il fuggire ed il restare; idiota sei in ballo e balla fino in fondo, non cacarti sotto proprio ora. Ma eccolo, farsi strada tra le macchine parcheggiate, tiro un forte sospiro, lui che arriva con passo deciso e…. -Riccardo?!- -SI- -Piacere Edmondo- Faccia simpatica, occhio sveglio ed ostentata sicurezza, quasi spavaldo; ed io che faccia avrò? sicuramente imbarazzata e spaurita…..una faccia di cazzo come al solito! -Scusa, ma ho da fare un paio di cose veloci all’università, poi sono libero, ti dispiace?- -No figurati non ci sono problemi, andiamo?- Uffa che palle, non poteva scegliere un altro momento per fare i cazzi suoi, proprio oggi; un attimo!... e se incontro qualcuno, a legge ne conosco di gente! Cosa dico, che ci faccio lì io, no Dio ti prego fa’ che non becchi nessuno che conosco, anche perché Edmondo mi sa come Riccardo e se incontro qualcuno mi chiameranno per nome: Vittorio, e che dico io? Tra una chiacchiera e l’altra arrivammo a Giurisprudenza, palazzo di vetro, non c’ero manco mai entrato lì dentro io, chi sa com’è. Alternavo nella mia mente osservazioni sulla struttura dell’edificio (deformazione professionale), pensieri su cosa dire se avessi incontrato qualcuno e stronzate con cui mantenere più o meno accettabile la conversazione con Edmondo. Tra una scala mobile e l’altra mi pare arrivammo al terzo piano, lui aveva appuntamento con un professore della specializzazione, e continuava a parlarmi dei suoi studi (non me ne fregava un beneamato) e continuava ad incontrare gente. Un esagitato... con quell’aria da tipo fico, mi ricordava vagamente un mio vecchio incontro con un giornalista che aveva abitato al palazzo di fronte al mio, uno che avrei voluto dimenticare, uno stronzo. Be se valgono le regole della fisiognomica comportamentale, anche Edmondo (se si chiamava così, non ne ero ancora convinto) sarebbe stato uno stronzo, pensavo. Una voce mi levò almeno un dubbio, una ragazza entrò nel corridoio dove eravamo a fare anticamera e lo chiamò per nome, si si chiamava proprio Edmondo, che cazzo di nome pensai tra me. Dopo una mezz’ora di paura e tentennamenti finalmente uscimmo di lì ed io finalmente cominciai a rilassarmi sempre più, man mano che ci avvicinavamo all’uscita ma, proprio varcata la soglia... BEEP! BEEP! – Da una familiarissima Clio azzurra una voce: -E tu che ci fai qui?- -Ue! Ciao come stai... io... ho accompagnato un amico a vedere dei fatti, e tu?- -No ho accompagnato mia sorella Anna.- -Vabbè ho fretta allora ci sentiamo, anzi no ci vediamo domani sera alla cena a casa mia, vieni vero?- -Si, non potrei mai mancare- -Allora ciao Vale!- Cazzo che spavento, fortuna che non le ho dato il tempo di chiamarmi per nome; anche questa è andata. Andammo poi a sederci in un bar a piazza della Borsa, continuavamo ad alternare, nella conversazione, cazzate varie ad aneddoti di esperienze personali, ma sempre tenendoci sul vago, in fondo entrambi ci rendevamo conto di essere tra la gente, tra orecchie che potevano essere indiscrete come spesso accade nei locali pubblici. Cercavamo di capirci un po’ a vicenda, e questo non faceva che confermarmi l’intuizione che questa volta era diverso. Poi alla domanda –Ed ora cosa si fa? Ti va di mangiare una pizza?- ebbi la per me straordinaria prontezza di dire –Andiamo al Vomero, così siamo più vicini a casa mia.- avrà capito, pensai. Così fu che ci ritrovammo in auto, una Punto bluette (che anche se non lo ammetterà mai, secondo me aveva sfoggiato per far colpo, perché da allora l’ho visto solo in Panda), e si cominciò a parlare con più scioltezza, ma mi sorprese subito che, a differenza di come mi era capitato in precedenza, Edmondo non mi faceva domande a carattere sessuale, del tipo cosa mi piacesse fare di più, o come fosse la mia “dotazione di serie” etc. ma si parlava di noi, delle nostre scelte di vita, di come eravamo fatti caratterialmente e simili. Parcheggiammo nel mio viale e, dopo la pizzeria, andammo da me. Ero ormai tranquillo, mi sentivo più al sicuro in casa, sapevo che qui non avrei incontrato nessuno che poteva fare domande o affermazioni imbarazzanti. Edmondo cominciò quindi a raccontarmi di una storia che aveva avuto con un ragazzo di Milano, un certo Cesare, che man mano la narrazione andava avanti, mi sembrava assumesse più il tono di uno sfogo che di un racconto. È vero, forse non lo stavo ascoltando con molta attenzione, ma lo osservavo come si osserva una scultura contemporanea, cercavo di vederlo sotto tutte le angolazioni, lui seduto alla mia scrivania ed io in piedi che passeggiavo per la stanza e fumavo sigarette una dietro l’altra, non staccando mai gli occhi da quel ragazzo. Il tono della sua voce, la malinconia che, man mano il racconto di Cesare si svolgeva, fuoriusciva sempre più vistosa dai suoi occhi, mi facevano sempre più intenerire verso di lui che, da che doveva essere un’avventura, mi si presentava come se cercasse un amico con cui parlare, sfogarsi. Al tempo stesso non capivo cosa aspettasse ad arrivare al dunque, anche perché se si fosse aspettato che prendessi io l’iniziativa, stava male! Ed io che continuavo a chiudere ed a riaprire le tende del balcone e che di tanto in tanto gli facevo capire che non avevo mai preso l’iniziativa nè con le ragazze nè con i ragazzi, per timidezza; mi cominciavo a chiedere cosa aspettasse: -forse non gli interesso, crederà che sono noioso. No, non gli piaccio e basta, non sono il suo tipo. E che cazzo, mi sta facendo subire tutto il racconto della sua vita, ed alla fine concluderà che non è cosa, ma che gli farebbe piacere che ci continuassimo a sentire? Mi stavo rassegnando a quest’idea quando, cambiando tono della voce, dopo un attimo di silenzio, disse: -E se io ora ti baciassi?- Il cuore era in tachicardia, la mia voce era soffocata da un’inspiegabile paura, ma nonostante ciò: -Be….io non….non mi dispiacerebbe- credo siano state più o meno queste le mie ultime parole. E poi in un tempo interminabile lo vidi alzarsi dalla sedia, venirmi incontro, cingermi i fianchi e baciarmi……. Non dimenticherò mai quel bacio, la delicatezza e la passionalità con cui muoveva la sua lingua contro la mia, lo sguardo che aveva, simile a quello del giocatore di scacchi che dopo una faticosa e lunga partita, assapora lentamente il Matto. Non so dire quanto durò quel bacio, tuttora mi sembra un’eternità, ma fu solo l’inizio. Lentamente e reciprocamente ci spogliavamo, e si svelava ai miei sensi il suo corpo non bellissimo, ma certamente eccitante e fremente. Un’immagine ho tuttora fissa nella mente, ed è di lui seminudo, con la maglia tolta, seduto sul mio bacino che mi guarda con un indefinibile quanto enigmatico sorriso e con un’abbagliante luce negli occhi. Quel sorriso non smette mai di sorprendermi, neppure ora che sono passati due mesi e nove giorni da allora. Si perché quella che doveva essere un’avventura è diventata una storia. Io, che avevo sempre fuggito l’idea di avere storie con uomini, convinto di volere una famiglia come prima cosa, mi trovo oggi, consapevolmente ed entusiasticamente, ad avere la più bella ed entusiasmante storia della mia vita, con un ragazzo….no con un uomo. Si perché Edmondo non lo posso definire del tutto un ragazzo, avendo come termine di paragone me, così infantile, immaturo e spesso capriccioso, non posso che definire lui un uomo. Per quanto mi riguarda Eddy (così lo chiamo spesso) è perfetto, con quel suo spirito cristallino e puro, onesto e schietto al tempo stesso, passionale, romantico, dolce e comprensivo e tanto ma tanto altro. Io continuo a credere di non essere degno di lui, anche se si incazza quando glielo dico –Non dire stronzate Ciccio, io non sono meglio di te. E sappi che ti amo tanto…- mi ripete sempre, e poi mi tiene stretto in un caldo e rassicurante abbraccio che vuol dire tutto per me, e lui lo sa. Soprattutto ora che cominciamo con chiarezza a saper vedere nell’animo dell’altro, ora che cominciamo a pensare al futuro, ad un futuro insieme e che senza pudore esprimiamo i nostri sentimenti… Ora che posso dire che comunque vada, in bene o in male, sarà stata la più bella storia della mia vita e che Edmondo mi resterà sempre nel cuore, con le sue battute idiote, i suoi versacci quando è imbarazzato, i suoi rutti e soprattutto i suoi baci, gli abbracci e tutte le altre cose da censura; e spero solo, pregando Dio ogni giorno, che nulla intralci mai il nostro amore e che la nostra storia goda sempre della sua protezione e benedizione. Edmondo, grazie di amarmi.

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Web-01: vampire_2.0.3.07
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