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Un'estate Calda, Molto Calda

by Sib Sib


Era luglio di un paio di anni fa. Una di quelle notti calde che raramente si riescono sopportare. Dopo aver provato di tutto per vincere il caldo la mia ultima possibilità era mettere le lenzuola nel frigorifero, come faceva Marilyn nel film Quando la moglie va in vacanza, ma non mi pareva una grande idea. Si sarebbero raffreddate subito e avrei ottenuto solo un letto caldo e umido. Non riuscendo a dormire non mi restava che tentare di lavorare, ma anche il computer sembrava emanare un calore insopportabile. Girando per la casa praticamente nudo, anzi, completamente nudo, decisi quindi di andare in cucina a prendere una bibita gelata. La finestra della cucina guarda direttamente nella finestra del mio dirimpettaio (le case costruite negli anni sessanta non tenevano molto conto della privacy). Non potei fare a meno di notare nella casa di fronte un ragazzo che ravanava nel frigo vuoto. Essendo sullo stesso piano, di lui vedevo solo il torso nudo e immagino lui lo stesso di me (almeno speravo in quel momento) anche se era un poco più alto. Mi accorsi della sua disperazione nel vedere il vuoto anche nello spazio riservato al ghiaccio. E un attimo dopo si girò verso la finestra e, notando che lo stavo fissando, con un sorriso sconsolato mi mostrò la vaschetta vuota. L'avevo notato già un paio di volte. Pensavo si trattasse di un universitario ; in genere quell'appartamento veniva affittato uso foresteria ad uomini d'affari o a universitari per periodi di circa qualche mese. E certamente non era passato inosservato, vista la usa andatura sicura e l'aspetto molto imponente. Mi spinsi quindi ad invitarlo a dividere con me le mie bibite. Non riuscendo a pronunciare parole, mi limitai ad indicare la lattina di coca e indicare lui. Il tutto pare funzionò perché il suo volto si illuminò di un sorriso e con un gesto sembrò dire "arrivo subito". Bhe, io raramente sono guardone, ma allungai lo sguardo e notai che anche lui era completamente nudo, si infilò solo un paio di pantaloncini della Nike e una maglietta da basket, un paio di scarpe di tela ed uscì di casa quasi di corsa. Mi ci volle un poco per ricordarmi che pure io ero nudo. Corsi quindi in camera e pure io infilai il primo paio di calzoncini che mi capitò ed una maglietta. Subito dopo suonò il campanello. Naturalmente mi fiondai ad aprire la porta e me lo ritrovai davanti. Era davvero più alto di me. Capelli neri poco mossi e occhi chiari. Si vedeva che faceva sport perché il fisico, oltre ad essere imponente era vistosamente muscoloso, anche se non tanto quanto un culturista. Mi saluta subito in inglese o americano. Non parlo una parola di inglese ma dopo a tentativi mi fece capire che arrivava dagli States e frequentava un corso di restauro. Almeno da quanto ho capito. Lo faccio accomodare direttamente in soggiorno e gli chiedo che tipo di bibita vuole. Non so se capiva o intuiva o semplicemente facesse finta di capire, ma rispondeva sempre alle mie domande (tanto il più delle volte non capivo le risposte). Gli portai quindi una coca ghiacciata che stappò e bevve direttamente dalla lattina. Io feci un sorriso sornione. Naturalmente mi prese in fallo e mi chiese perché ridessi. Tentai di spiegargli la pubblicità della coca light con il ragazzo che beve dalla lattina ghiacciata. Naturalmente non poteva capire al primo colpo così gli feci un piccolo mimo della scenetta. Con tanto di musica direttamente emessa dalle mie labbra. Il che parve divertirlo abbastanza. Io rifeci la scena anche mimando le ragazze spasimanti e gli feci capire che non potevo fare tutto io. Dovevamo dividerci i compiti. Allora lui decise di fare il ragazzo delle coche e io l'impiegata "assetata". Quindi lui incomincia la scena, scarica la cassa di lattine (tutto naturalmente immaginario) e io lo guardo con aria assente (e mi veniva decisamente naturale), poi quando lui stappa un'altra lattina (come da copione) io applaudo e faccio l'impiegatina e gli metto una mano alle spalle per complimentarmi. Solo che la mano non si ferma. Si posa un poco sui trapezi, sui bicipiti per tastarne la consistenza, fino gli avambracci. Poi accorgendomi dell'attimo di imbarazzo mi fermo e mi scuso. E qui con mia sorpresa mi accorgo che la cosa non gli dispiaceva affatto e per non farmi fermare, mi rimise la mano sul braccio perché potessi continuare la mia esplorazione. Risalii quindi verso le spalle, sul collo e dietro la schiena. Mentre mi stringeva e cominciava, pure lui, ad accarezzarmi in varie parti del corpo. Scesi tranquillamente verso i calzoncini, sapevo di non trovare mutande e gli toccai le chiappe, solide e fresche. Accarezzai un pezzo di coscia e poi le mie mani non arrivavano più. E nemmeno le sue. Con un gesto, come dire "mettiamoci più comodi", si tolse la maglietta ed in un botto anche i calzoni, lasciando in bella vista tutte le gioie donate dalla natura. Non potei quindi non portare le mani verso il suo bel uccelletto, in stato di semi erezione ma che lasciava intuire un buon andamento. Gli accarezzai la punta e scesi verso le palle, morbide ed avvolte da un morbido e rado pelo. Gliele strinsi e ci giocai un attimo mentre lui, emettendo un gemito di piacere, mi afferrò la testa e mi baciò profondamente, senza lasciarmi la minima possibilità di respirare. Mi abbandonò lo stesso istante in cui io lasciai i suoi testicoli per toccare la punta del pene ora duro e in completa erezione. Con il palmo della mano provavo la morbida elasticità della sua carnosa cappella, e già una goccia faceva capolino nel buchino sottile. Non potei più resistere e mi inginocchiai di fronte a lui. Mettermelo tutto in bocca era un'impresa impossibile. Cominciai quindi a leccargli la punta e succhiargli tutta la cappella per poi passare a leccare tutta la stanga verso le palle. Quelle erano proprio la mia meta. Con calma ne assaporai la consistenza, prima di una poi dell'altra, mentre, gemendo dal piacere, il mio bel americano mi carezzava la testa e infilava la mano nel collo della maglietta per massaggiarmi anche la schiena. Ritornai quindi alla punta e stavolta, con il massimo impegno, cercai di ingoiare la massima parte di quell'enorme cazzo, mentre con le mani massaggiavo le sue chiappe alla ricerca di quel buchino tanto prezioso. Mi accorsi dall'accrescimento della massa nella mia bocca, che la cosa doveva aver provocato non poco piacere e sentii un primo strappo della maglietta. Il collo stava cedendo alle sue vogliose mani. Chi se ne frega della maglietta. Sento le sue mani che toccano il mio corpo fin quasi il sedere, spingono la mia testa verso il suo ventre alla ricerca di un maggior piacere. Con la mano destra smetto di massaggiargli il buco e inizio a toccargli le palle, alternando le mie succhiate a dolci menamenti. Sento dalla tensione del suo corpo che gli manca poco, che in pochi istanti raggiungerà il massimo del piacere. Mi preparo ad accogliere il frutto di tanto lavoro che sgorga abbondante direttamente dentro la mia bocca. Ora il suo corpo è più rilassato, mentre il suo cazzo, ancora teso, dava le ultime contrazioni tra le mie labbra. Lo guardo e un sorriso soddisfatto gli illumina il volto mentre si deterge una goccia di sudore. Si accorge della mia maglietta lacera e subito cerca di scusarsi. Naturalmente non v'era alcun problema e per dimostrarglielo me la tolsi subito. Fu lui a vedere ora il mio torso villoso e muscoloso. Mi toccò i pettorali e scese lentamente verso la sagoma che gonfiava i calzoncini. Vi infilò una mano da sotto e ne tastò la consistenza, mentre con l'altra mano si carezzò le chiappe, come a dire "Hai lasciato un lavoro in sospeso..." Non c'era certo bisogno di un invito così ufficiale. Si sdraiò supino sul divano. Mi avvicinai e gli spalancai le gambe. Il buco era bello stretto ma il lavoro delle mia mani prima aveva ammorbidito il tutto. Gli puntai quindi la cappella mentre con la mano toccavo i duri addominali. Spinsi leggermente e notai che la resistenza veniva sempre meno. Quindi diedi una spinta più consistente riuscendo così ad infilare tutto il mio membro, non senza un gemito del mio bel americano. Inizia quindi un massaggio prostatico inizialmente dolce poi sempre più ritmato. Intanto mi posò le gambe sulle spalle ed iniziò a toccarsi il cazzo che cominciava a riprendere consistenza. Man a mano che aumentavo il ritmo diventava sempre più grosso fino a raggiungere la grandezza precedente. A questo punto gli levai le mani e iniziai a toccarglielo io. Lo fottevo e lo masturbavo contemporaneamente. Il che doveva procurargli un estremo piacere. Si aggrappava a tutto, tirava le fodere del divano, mi strappava la pelle, stava di nuovo raggiungendo l'orgasmo e io pure. Quindi tirai fuori il cazzo dal suo culo ancora voglioso e mi menai con la sinistra mentre con la destra menavo lui. Alla vista del mio sperma il suo non mancò di comparire e spruzzammo di liquido bianco tutto il divano. Eravamo a quel punto soddisfatti e stanchi, ma decisamente più accaldati. Quindi non potei che dirgli "vuoi una coca ?" E ci facemmo una bella risata. "A proposito io mi chiamo Davide" "David" mi rispose. "No, Davide. in italiano c'è un a e finale" . "David", continua indicando se stesso. Ci chiamavamo allo stesso modo. Non è curioso ? . Autore Sib Sib Italia

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Web-02: vampire_2.0.3.07
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