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Casa di Correzione, Parte 2

by Apollodoro


Mi svegliai perché qualcosa di turgido e liscio si stava strofinando sulle mie labbra. Aprii gli occhi e vidi che si trattava di un glande lucido e ovale, che sormontava un fallo tozzo e nodoso. Alzando la testa vidi che era il più grande dei miei compagni. Sorridendo disse: «Io sono Giovanni, e fra di noi comando io. I miei protetti sono Alfredo, Nicola e Piero» (e me li presentava indicandomeli). «Gli altri sono feccia, e li chiamiamo “scopini”.» In effetti aveva scelto bene, perché Alfredo e Nicola avevano bei corpi muscolosi e bei volti (soprattutto Alfredo, che mi guardava con due occhi nerissimi sotto i quali aveva un naso piccolo e dritto e labbra carnose) e Piero sfoggiava (era in mutande) un pacco da adulto. ”A te”, aggiunse, “yorrei chiamarti per nome. Come ti chiami?” Avevo appena aperto la bocca e pronunciato il mio nome, Fulvio, che Giovanni introdusse la sua soda cappella. «Ok, Fulvio, vediamo come ciucci. Di culo sei giusto. Se di bocca fai altrettanto entrerai a far parte del mio harem.» Ormai avevo capito che lì dentro era meglio dimenticarsi ogni ritegno, e mi lasciai andare a un pompino veramente puttanesco, sbavando su quel cazzo come se non aspettassi altro da mesi. Nel frattempo mi era venuto duro, e, pensando non ci fossero problemi, me lo impugnai con decisione e presi a menarmelo mentre ciucciavo. Giovanni aveva chiuso gli occhi e abbandonato la testa all’indietro, ma fu Alfredo che si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio: «Sei pazzo? Togli subito quella mano dal tuo cazzo! Tu non hai il diritto di toccarti! Solo Giovanni te lo può concedere!» e mi strappò la mano dal cazzo, che però, proprio in quel momento, cominciava a eruttare getti di sperma. Giovanni, che non era ancora venuto, si accorse di quanto era accaduto, e mi guardò imbestialito, estraendo il suo cazzo dalla mia bocca. ”Alzi già la cresta eh? Hai osato venire prima di me e senza il mio permesso!” “Ma io non sapevo...” balbettai. ”Sta zitto, adesso, bastardo. Ti prendo con me perché ciucci troppo bene, ma evidentemente hai bisogno di un po’ di addestramento.” Finì di masturbarsi con quattro manate possenti e mi venne, apposta, sulla faccia. Poi prese una cordicella di cuoio e con quella mi legò stretto alla base di cazzo e palle. ”Questa la terrai finché lo deciderò io, e non dovrai assolutamente toccarti il cazzo senza il mio permesso. Chiaro? Se ti pesco a farti una sega ti spacco il culo.” Abbassai la testa in segno di assenso. Quel laccio che mi aveva messo manteneva il mio cazzo in erezione. Era molto stretto. Mi sentivo marchiato, prescelto ma anche umiliato: tutti avevano assistito a quella scena. Nei giorni successivi imparai i lavoretti che ci facevano fare: intrecciare cestini di vimini, impagliare sedie e così via. Nel laboratorio c’era sempre silenzio. Due nerboruti sorveglianti, muniti di stecca, controllavano che non perdessimo tempo e facevano osservare una disciplina ferrea. Al mattino bisognava farsi una doccia (fredda) nel bagno comune. Si entrava già spogliati nel bagno. Ebbi così modo di ammirare il cazzo di Piero, In semi-erezione era già grosso il doppio del mio. Anche Giovanni era messo bene. Dopo le docce, la corda di cuoio che mi aveva legato Giovanni tendeva a stringersi leggermente, e ogni giorno mi sembrava più stretta. Mi provocava, a volte, erezioni improvvise, e rendeva difficoltoso il pisciare. Spesso dovevo tornare ai cessi più volte per finire di farla. Quel legaccio, in un certo senso, mi obbligava a non scordarmi mai di avere un cazzo, e inoltre mi ricordava costantemente di essere diventato una “proprietà” di Giovanni. Dopo quattro giorni cominciò a montarmi una voglia decisa. Mi ritrovai con il cazzo duro e dolorante (perché la corda stringeva) sia sotto le docce (guardando gli altri mi eccitavo) sia durante le ore di laboratorio. Uno dei sorveglianti, a un certo punto, mi venne vicino e, indicando con la stecca il grosso bozzo che mi si era formato gonfiando i pantaloni della divisa da lavoro, mi chiese spiegazioni. Risposi che non potevo farci nulla. Incuriosito dalla mia risposta, prese a stuzzicarmi, mentre tutti gli altri facevano finta di niente e il suo collega guardava da lontano la scena tenendosi una mano sulla patta. Cominciò a premere con la punta della stecca sul mio pacco rigonfio, che reagiva ingrossandosi ancora di più, procurandomi dolore alla base del cazzo. ”E’ qui che ti piace, eh?” diceva. Ero paralizzato dal piacere e dalla paura insieme. Sapevo che ogni mio cenno di ribellione avrebbe dato luogo a qualche punizione severa. Quando allungò una mano e mi strinse decisamente il cazzo attraverso i pantaloni, dicendomi che lui avrebbe saputo come farmela passare, tutta quella voglia, Giovanni saltò su e andò a piazzarglisi davanti, sfidandolo con lo sguardo. Per un intero minuto, durante il quale tutti tenevano sospeso il fiato, i due si scrutarono dritto negli occhi, poi il sorvegliante mollò la presa scuotendo la testa. «Ah!, Ti sei già conquistato il capetto!» disse, e andò a piazzarsi vicino al collega, continuando a guardare Giovanni e giocherellando con la stecca. Quella notte faticavo a prendere sonno. Mi ritrovavo sempre con il cazzo in tiro, la corda sempre più stretta, la voglia di toccarmelo che mi faceva tremare le mani. Poi venne Giovanni. Entrò nel mio letto, e mi spinse la testa sotto le lenzuola. Glielo presi in bocca che era ancora molle, ma ben presto mi ritrovai a ciucciare l’arnese che già ben conoscevo. Questa volta mi obbligò a ingoiare il suo sperma. Poi mi fece rimettere al suo fianco e, lentamente, snodò la corda di cuoio. Durante l’operazione, più volte sfiorava il mio cazzo, che era diventato sensibilissimo. Poi, mentre con una mano mi carezzava i capelli, con l’altra si divertì a farmi godere dandomi leggerissime carezze sul glande. In breve fui al massimo della mia erezione, la cappella paonazza e le palle gonfie di sperma. A quel punto prese a roteare dolcemente un dito sul frenulo, finché mi mandò in estasi e infine venni copiosamente con una violenta spinta iniziale, abbandonando la testa sulle sue spalle. apollodoro15@hotmail.com


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10 Gay Erotic Stories from Apollodoro

Casa di Correzione 4a e Ultima Parte

L’indomani Giovanni venne portato in infermeria. Pensavo che sarebbe tornato dopo poco, invece niente. Cominciai a preoccuparmi. A sera non c’era ancora, e nessuno ci disse niente su di lui. Mi coricai e sentii profondamente la sua mancanza. Dopo poco mi venne un sospetto. Mi alzai e mi diressi furtivamente verso l’infermeria. La porta era chiusa, ma si sentivano dei rumori e la

Casa di Correzione, Parte 1

Arrivai nella Casa di Correzione una sera tardi, trasportato da un furgoncino dei Carabinieri. Pensavo che mi avrebbero subito messo a dormire, ma mi sbagliai. Venni subito messo al corrente, in modo diretto, di come andavano le cose lì dentro. Affidato al caporeparto, questi per prima cosa mi portò in una stanza e mi fece spogliare, completamente nudo. Pensavo si trattasse di

Casa di Correzione, Parte 2

Mi svegliai perché qualcosa di turgido e liscio si stava strofinando sulle mie labbra. Aprii gli occhi e vidi che si trattava di un glande lucido e ovale, che sormontava un fallo tozzo e nodoso. Alzando la testa vidi che era il più grande dei miei compagni. Sorridendo disse: «Io sono Giovanni, e fra di noi comando io. I miei protetti sono Alfredo, Nicola e Piero» (e me li presentava

Casa di Correzione, Parte 3

Il mattino successivo notai che Alfredo e Nicola avevano delle facce contrariate, musi lunghi. Rispondevano a monosillabi qualsiasi cosa gli si chiedesse. Giovanni non sembrava dargli molto peso. Liberato dal laccio di cuoio, assaporai con più gusto il piacere della doccia, e contemplai in particolare il cazzo di Piero, che si accorse di come lo guardavo. Mentre ci recavamo

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Mi aveva detto di averlo “bene addestrato”, ma non pensavo si potesse arrivare a tanto. “Senti, facciamo così.” mi aveva detto “Io te lo presto per una giornata. Ti lascio le chiavi di casa mia e ci vai da solo martedì, quando io devo andare alla riunione della ditta in Giappone. Vedrai che ti piacerà. Non ti spiego nulla perché lui è già abituato ad avere a che fare con i miei

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Ero stato invitato ad un congresso di programmatori a Palo Alto. Avrei dovuto passarci tre giorni, quindi decisi di trattarmi bene e provai a cercare una stanza all’Hotel Executive, il più caro. L’atrio era estremamente lussuoso e spazioso. Numerosi camerieri stavano allineati alle pareti, impettiti nella loro divisa bordot. Il pavimento lucido come uno specchio. Alla reception un

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Web-01: vampire_2.1.0.01
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