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Il Pacco Perfetto

by Apollodoro


Mattina estiva. Jumbo-tram affollato. Io porto gli occhiali a specchio, perché così posso guardare quanto mi pare, e soprattutto dove mia pare. Mantenendo la testa abbastanza eretta, riesco a guardare giù, fra le gambe degli uomini, senza che nessuno veda dove sto guardando. E certe volte capitano delle vere scoperte. Per esempio questa. Quando l’ho incrociato con lo sguardo, per un momento mi è mancato il fiato. Era veramente ben fatto. Si vedeva bene che non era eretto, ma era grosso e della forma giusta, di quella forma che gonfia la cerniera lampo dei jeans in un semicerchio perfetto, e solleva tutta la zona in un cupolotto turgido ma morbido, che sporge nettamente dal pube. Ho dovuto subito inghiottire e riprendere a respirare, e poi non ho potuto trattenermi dal sollevare lo sguardo e vedere il resto. Un torso proporzionato, maglietta bianca. Una testa rasata quasi a zero. In generale non mi piacciono molto, ma questa sì, perché il cranio è ben disegnato e il viso molto maschile, occhi nerissimi. Adesso sono qui, e non posso fare altro che tornare a guardare in basso. Trovo, sotto la delizia, un paio di cosce decisamente belle, molto eccitanti, sode e divaricate. Torno a guardargli il pacco e mi ci concentro finché non mi diventa duro. A questo punto, per fortuna, sale molta gente. Siamo veramente stipati. Mi viene una tentazione a cui raramente cedo per paura di complicazioni. Il tizio mi prende parecchio, quindi decido di tentare il colpo. Mi avvicino a lui con la scusa di fare spazio alla gente che entra. Adesso gli sono di lato, molto vicino. Lui è impassibile e guarda fuori; non mi avrà neanche visto. Il suo pacco adesso è alla mia portata. Non mi resterebbe che sollevare il braccio e appoggiare la mano su quella sporgenza così tonda. Sento che il cuore comincia a battermi all’impazzata. Non riesco a decidermi. Di sbieco continuo a guardarlo. Sale altra gente. Adesso siamo tutti pigiati, in modo veramente eccessivo. Mi rendo conto che potrei toccarlo senza che lui capisca chi lo stia facendo, così mi decido. Inizio con estrema delicatezza: non ci appoggio la mano, ma lo sfioro piano piano con le dita, con moto rotatorio. Il contatto con quella stoffa morbida, lisa, è inebriante. Sostando qualche secondo con le dita, mi accorgo che è caldo. Mi viene da pensare che potrebbe non avere le mutande, sotto. Sento che il mio cazzo, oltre a essersi indurito, si sta bagnando in punta. La mia mano tende a farsi più pesante. Lo sto carezzando, e sento che si ingrossa piano piano. Poi, improvvisamente, mi sento afferrare la mano. È lui! La bocca mi asciuga completamente. Immagino di ricevere una serie di insulti... Ritraggo il braccio, ma lui mi trattiene la mano sul suo pacco. Mi si allarga il cuore e mi sento avvampare. Quindi vuole che continui! Preso dalla foga, gli stringo il cazzo sotto i jeans. Sento un gemito. Qualcuno si volta incuriosito. Mi avvicino e gli bisbiglio: «Scendiamo alla prossima». Molla la presa e si fa strada per scendere. Lo seguo. In strada lui taglia corto e mi dice subito che adesso non può fare niente perché sta andando al lavoro e non può tardare, ma volentieri proseguirebbe stasera. Mi dà il suo indirizzo e mi dice di essere lì per le nove. Prima di andare da lui mi faccio una doccia e intanto penso a cosa mi piacerebbe fare, ma non so se oserò dirglielo. Quello che mi farebbe impazzire: toccarlo fino a farlo venire ma senza mai tirarglielo fuori dai jeans. Addentare il suo pacco, sentire il sapore della stoffa dei suoi jeans, sbavargli sopra, sentire che si gonfia e si indurisce, e continuare a insistere fino a sentire il getto caldo di sborra sotto la stoffa. Quando sono da lui resto esterrefatto quando mi sento chiedere esattamente quello che avevo pensato. Mi verrebbe voglia di abbracciarlo: «Ma certo, carissimo» gli rispondo e mi rendo conto che sto usando un tono troppo da innamorato. Lui si sdraia sul letto a gambe divaricate. Si è tolto la giacca. Si vedono sotto la maglietta bianca attillata due capezzoli dritti e dei bei pettorali. Ma i miei occhi scivolano subito sul pacco, che è ancora più invitante di stamattina. Mi sembra più grosso e sporgente. Noto che la stoffa è più scolorita lì che sul resto dei jeans. Ci ho appena appoggiato una mano quando suona il campanello della porta. Lui sembra un po’ preoccupato. Si alza, va alla porta. Sento che chiede chi è. Risponde una voce maschile da fuori: «Roberto, apri». Lui non apre e dice: «No, sono in compagnia». «Ti prego, apri lo stesso.» Poi, a voce molto bassa, probabilmente per non farsi sentire dai vicini, sento che aggiunge: «Roberto, dai, apri che non ne posso più. Mi tira troppo, non posso rimandare...!». Non sento la fine della frase. Sento che apre la porta. Vengono in camera da letto tutti e due. Io sono rimasto lì, sdraiato su un fianco. Accanto a Roberto c’è un giovane biondo, capelli lisci, anche lui in jeans. Come mio solito l’occhio cade subito sul punto cruciale, e mi prende un colpo quando vedo l’enorme erezione che gonfia la stoffa. Quel ragazzo è veramente ben messo. Si intravede una verga superba, leggermente curvata, tutta spostata sulla sinistra. Ha il viso rosso e sudato. Mi vede e balbetta qualche parola di scusa (accennando al fatto che per lavoro ha passato due ore a girare un’intervista negli spogliatoi di una palestra calcistica...). Roberto mi dice: «Senti, questo è un caso urgente.; dobbiamo prima dedicarci a lui. Quando arriva in queste condizioni non me la sento di mandarlo via. Ti garantisco che paga molto bene, e poi se siamo in due a farcelo paga più del doppio». Guardando il ragazzo gli fa: «Ti va un doppio pompino per trecentomila?» «Cazzo se mi va, non speravo tanto. Ma fate presto, belli, perché me lo sento scoppiare.» E così mi ritrovo catapultato in una situazione mercenaria dove io e Roberto siamo marchettari d’alto bordo e il ragazzo è un nostro danaroso cliente vogliosissimo e incurante delle spese. Apre con sollievo la cerniera lampo, sfoderando un membro di almeno 20 centimetri. Lo impugna e con gesto perentorio ci ordina di darci da fare. In principio sono un po’ confuso dal cambio di situazione, ma poi ci prendo gusto e mi lascio andare. Mentre ce lo stiamo lavorando (io da un lato e Roberto dall’altro; uno l’asta in basso, l’altro l’asta in alto; uno le palle, l’altro la cappella), sento che Roberto mi prende una mano e l’appoggia sul suo pacco. Questo gesto di complicità mi rilassa ancora di più, e mi prodigo come un esperto del mestiere. Il biondo sta mugolando di piacere. Ha appoggiato le mani sulle nostre teste e ci pilota su e giù sul suo cazzo, dandoci il ritmo che preferisce. Dopo pochi minuti rantola e schizza copioso in quattro riprese. Vedo fioccare sul letto tre biglietti da cento, poi il biondo si riabbottona, si riavvia i capelli e se ne va. Sento che Roberto mi deve delle spiegazioni, anche se sono stato felice di fargli da spalla. «Così tu saresti un gigolò?» attacco, ma vedo subito che non gli va di scherzare sull’argomento. «Già, ma come dovresti aver già capito non lo faccio solo per i soldi...» «Certo, l’ho capito... Ma non mi è dispiaciuto affatto.» «Al punto che vorresti riprovarci?» «Calma. Mi stai già proponendo di metterci in società?» «Le qualità della troia sembri averle tutte...» «Come osi...» Andando avanti su questo tono, ricomincio a mettergli le mani sul pacco. Ci togliamo le magliette. Questa volta sono deciso ad andare fino in fondo. Comincia ad ansimare e si ributta sdraiato a gambe larghe. Mi invita a continuare senza fermarmi. La forma del suo pacco cambia. Da semisferico diventa sempre più oblungo. Comincio a leccargli la patta, e questo lo manda in visibilio. Insisto fino a formare una grande macchia umida di saliva sul pacco. «Ancora, dai, fammi venire così!!!» Sono eccitatissimo anch’io e sento che Roberto sta quasi per sborrare. Suonano di nuovo alla porta. Roberto sbotta: «Non me ne frega niente, che suonino pure, adesso voglio venire!». Io continuo a leccargli il pacco con violenza, ma sentiamo una voce fuori dalla porta che urla «Polizia, aprite o sfondiamo la porta!». Roberto impallidisce. Mi fa segno di staccarmi da lui e di restare in camera. Si avvicina alla porta tutto scarmigliato, sudato, a torso nudo e con i pantaloni tutti bagnati di saliva sul davanti. Apre e sento che dice: «Cosa volete? Avete un mandato?». «Certo che l’abbiamo. Guardi che ci deve ringraziare. In questa casa si è nascosto un pazzo omicida. Ne ha già fatti fuori sei. Abbiamo ordine di perquisire tutti gli appartamenti.» Grande imbarazzo. Due poliziotti irrompono in casa, e subito vedono che ci sono io in camera da letto, a torso nudo. Cominciano a rovistare tutto l’appartamento. Roberto mi guarda come per dire “speriamo che se ne vadano in fretta”. Uno dei due poliziotti comincia a lanciare occhiate in direzione del pacco di Roberto. Conclusa la perquisizione liquida il suo collega con una scuso e rimane solo con noi. Roberto reca evidenti tracce di quanto stavamo facendo: è ancora semieccitato, il suo grosso pacco è inoltre imbevuto vistosamente di una vasta macchia umida, che spicca, più scura, sui jeans. Il poliziotto gli guarda fra le gambe, poi guarda me. Anch’io sono ancora in semierezone e ho la patta ben gonfia. Evidentemente la situazione lo incuriosisce e lo eccita, ma non osa chiedere niente direttamente. Io e Roberto ci guardiamo. Ancora una volta scatta tra noi una meravigliosa complicità. Cominciamo spudoratamente, senza aprir bocca, a guardargli in mezzo alle gambe. Lui è lì, in piedi davanti a noi, a gambe larghe. La divisa da poliziotto gli sta molto bene. Dopo un po’ che lo stiamo fissando, percepiamo molto chiaramente l’ingrossarsi del suo pacco. Il segnale è inequivocabile. Ci troviamo di fronte a un maschio voglioso, e si direbbe con una voglia insoddisfatta da parecchio, vista la rapidità con cui l’erezione gli si fa rocciosa, ineluttabile e oscenamente evidente sotto i pantaloni grigioazzurri della divisa. Ma evidentemente qualcosa lo blocca, resta lì fermo, impacciato dai suoi freni inibitori, ma i suoi occhi passano freneticamente sui nostri corpi e inghiotte saliva. Il suo respiro si fa affannoso; è sempre più eccitato. Roberto si decide e guida lui la situazione. Io mi lascio condurre da lui, mi affido alla sua esperienza. Sempre senza parlare, si alza e comincia a spogliare il poliziotto, che sembra paralizzato dall’eccitazione e si lascia fare. Gli denuda il busto, poi si mette dietro di lui e gli prende i capezzoli fra le dita, cominciandoli a roteare con leggerezza. Poi mi dice: «Tu stagli davanti e lavoragli il cazzo, ma senza spogliarlo!». Mi sembra di sognare. Appoggio le mani su quella delizia e comincio a carezzare. Il poliziotto è estasiato. Emette piccoli gemiti, allarga ancora di più le gambe. Mi inginocchio di fronte a lui e comincio a lavorarlo di bocca. Sento la sua verga con chiarezza sotto la stoffa, sembra di pietra; la percorro con la bocca per tutta la sua lunghezza. Istintivamente fa per togliersi i pantaloni, ma subito Roberto gli blocca le braccia e impone con decisione: «No! Devi restare così!». Sento che il poliziotto non ce la fa più. Ansima e mugola parole spezzate: «Siete due porci... Mi state facendo... Non posso più...». Gli sfugge un grido. Eiacula con forti spinte liberatorie. Gli si inzuppa tutta una zona dei calzoni, un po’ gli cola lungo la coscia. Le ginocchia gli cedono, ma Roberto lo sorregge. Comincia a lamentarsi: «Come faccio adesso a uscire in queste condizioni, coni pantaloni della divisa tutti macchiati proprio lì?». Roberto, prontamente: «Non dovrai uscire subito, adesso tocca a noi, intanto ti si asciugheranno. Devi darti da fare.». Poi, cambiando tono: «Prenderai in bocca i nostri due cazzi, e dovrai ciucciarli insieme, capito, troia?». Roberto è estremamente deciso e brutale. Il poliziotto non replica nulla, abbassa le palpebre. Sembra sentirsi in colpa per quello che ha appena fatto. Si guarda i calzoni. Effettivamente non può uscire così. Roberto è ora dalla mia parte. Siamo entrambi di fronte al poliziotto e sfoderiamo i nostri cazzi, che nel frattempo si sono induriti di nuovo. Roberto lo spinge verso il basso premendo sulle sue spalle: «In ginocchio, puttano! Sta zitto e ciuccia!». Con un ceffone gli apre la bocca e poi gli spinge dentro con forza il cazzo. Io mi faccio strada fra le labbra del poliziotto, già calde e sbavanti, con più dolcezza, e sento accanto al mio cazzo quello durissimo e bollente di Roberto. Il poliziotto ce li strofina molto bene da sotto con la lingua, con movimento rotatorio, e intanto cerca di ingoiarne più che può con la bocca, ma poco più che le due cappelle non ci stanno. Appoggio un bracci sulle spalle di Roberto e mi lascio andare ai colpi di lingua del poliziotto, che si fa sempre più ardito. Quando stiamo per venire, Roberto estrae il cazzo e mi invita a fare altrettanto. Il poliziotto non capisce cosa sta per succedere. «Alzati, bastardo!!!» gli urla Roberto. Barcollando si drizza sulle gambe, e subito dopo Roberto dirige tutti i suoi schizzi di sperma, densi e violenti come fossero pompati a pressione, proprio sulla sua patta, andando ad aggravare la situazione della divisa. Poco dopo faccio altrettanto, sotto gli occhi straniti del poliziotto, che esclama: «Nooo!!! Pazzi, che fate? Guardate che disastro!» Approfittando di questo suo ulteriore momento di confusione e di crisi, Roberto lo spinge verso la porta di casa e lo sbatte fuori, guardando poi dallo spioncino per verificare che si allontani. Con le due mani a coprire la sua vergogna, scende correndo le scale. Roberto si gira verso di me. Il suo volto ha qualcosa di crudele e di animalesco. Spossato, si butta sul letto e chiude gli occhi. Sembrerebbe voler riposare. Si è richiuso il cazzo nei pantaloni, e di ricrea l’incantesimo di come il suo membro riesca a riempire in modo così perfetto la patta dei jeans. Le palle non si dividono e sembrano fare massa unica col cazzo, e il tutto assume una forma a cupola. Resto lì ammirato a osservarlo, mentre Roberto si addormenta e posso notare il suo respiro farsi profondo e lento. apollodoro15@hotmail.com


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